(foto Ansa)

ipocrisie grilline

Toninelli e Grillo hanno un problema con gli amici. E con la doppia morale

Luca Roberto

Il M5s è sempre stato tra i più grandi sostenitori del reato di traffico di influenze. Ma adesso dicono: "La questione è differente, Grillo non è decisore politico". Il ruolo di Vincenzo Onorato e le parole dell'ex ministro dei Trasporti

Da spavaldi che erano, i grillini d'un tratto si sono fatti più realisti del re. E da quando è emersa l'indagine che vede coinvolto Beppe Grillo con l'accusa di traffico di inflenze illecite sono tutto un profluvio di distinguo: il caso è diverso, saprà dimostrare la propria estraneità. Tenui variazioni sul tema. Se è vero, per esempio, che ieri uno dei pochi commenti sulla faccenda è stato quello del deputato Francesco Silvestri, secondo cui le accuse al fondatore del M5s "sono una questione molto differenze. Grillo non è un decisore pubblico, non c'entra con la nostra legge". E che questa mattina lo stesso ex premier Giuseppe Conte abbia detto di essere "fiducioso che le indagini dimostreranno la piena legittimità del suo operato". 

Qui si registra sempre con benevolenza la svolta garantista di chicchessia, e chiaramente l'iscrizione al registro degli indagati non corrisponde ad alcun tipo di condanna preventiva. Quel che si vuole mettere in luce è piuttosto la doppia morale che i grillini hanno messo in mostra dacché sono venuti a conoscenza dell'indagine della procura di Milano. Perché il M5s è sempre stato tra gli sbandieratori dell'onestà-tà-tà che in queste tipologie di reati piuttosto fumosi come il traffico di influenze trovavano una sorta di ancoraggio per le proprie ambizioni moralizzatrici. Nel 2017, quando venne fuori l'inchiesta Consip che vedeva indagato il padre dell'ex premier Renzi, Tiziano, per lo stesso reato, gli organi parlamentari del Movimento a settimane alterne ricordavano al Pd di aver questo guaio (come se tral'altro potesse mai riguardare, questa vicenda personale, tutto il partito). Ma non solo. Perché addirittura in precedenza, nel 2016, quando al ministero dello Sviluppo economico c'era Federica Guidi e il marito finì coinvolto in un'indagine con l'accusa di traffico d'influenze, sul blog delle Stelle comparve un post che chiedeva dimissioni di tutto il governo: "Tutti sapevano! Tutti a casa!". 

Il reato di traffico di influenze è stato disciplinato per la prima volta da un articolo della legge Severino entrata in vigore nel 2012. Ma il Movimento cinque stelle negli anni ha cercato di inasprirne l'applicazione. Con la cosiddetta Spazzacorrotti, nel 2018, l'allora guardasigilli Alfonso Bonafede ne incrementò la punibilità (fino a un massimo di 4 anni e 6 mesi). Nello stesso ambito i gruppi parlamentari presentarono un emendamento per chiedere l'arresto in flagranza per questa fattispecie di reato, sempre nel 2018. Che fosse, quindi, una specie di manifesto valoriale della cultura politica del Movimento è indiscusso. 

Così come fa sorridere che nelle carte della Procura ci siano i messaggi che si scambiavano Grillo e l'allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Che nella sua autobiografia in seguito avrebbe confessato la paura di essere stato fatto fuori perché si era fatto tanti nemici potenti al Ministero. Forse tra questi c'era pure il patron di Moby Vincenzo Onorato, lo stesso con cui, secondo la procura, Grillo avrebbe esercitato la sua influenza politica. In pratica gli amici dell'uno non erano che gli amici dell'altro?

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