L'appello a Draghi di Gori, Lepore e Nardella: "Non perdiamo il treno del Pnrr"

Il ritardo sui bandi e quello che ancora non funziona sul Recovery. “Ora i sindaci vanno presi sul serio”. “Poche settimane per  i progetti”. “Occhio ai tempi”. Tre interviste

Il primo a lanciare l’allarme era stato Beppe Sala, sindaco di Milano, che in un’intervista al Foglio, il 30 ottobre, ha detto senza mezzi termini, sul Pnrr, queste parole: “Ho l’impressione che la velocità di marcia, al momento, non sia quella adeguata”. Oggi, nel giorno che precede l’arrivo di Mario Draghi a Parma in occasione dell’assemblea dell’Anci, ci sono altri tre sindaci che, dialogando con il Foglio, mostrano altri timori. Sono Dario Nardella, sindaco di Firenze (“se il modello amministrativo rimane quello vigente non riusciremo nei prossimi 24 mesi ad attuare e appaltare tutte le opere finanziate dal Pnrr”). Giorgio Gori, sindaco di Bergamo (“rispetto ai bandi attraverso i quali verranno erogate le risorse del Pnrr ne sappiamo poco e temiamo così che  possano uscire alla rinfusa, sovrapponendosi”). Matteo Lepore, sindaco di Bologna (“i sindaci vogliono essere presi sul serio dal governo e ascoltati”). Tre interviste da leggere.

L’occasione è di quelle epocali e il rischio di mancarla, senza opportuni e tempestivi accorgimenti, a quanto pare potrebbe essere più di un’eventualità. “Il quadro è molto preoccupante, c’è il pericolo di andare fuori tempo limite: se il modello amministrativo rimane quello vigente non riusciremo nei prossimi 24 mesi ad attuare e appaltare tutte le opere finanziate dal Pnrr”. L’allarme, o meglio “l’appello costruttivo”, come lo definisce lui, è quello di Dario Nardella. Il sindaco di Firenze risponde al Foglio mentre è in viaggio verso Parma, dove ieri si è aperta, con la presenza del presidente della Repubblica Sergio Matterella la 38esima assemblea nazionale dell’Anci. Una tre giorni a cui giovedì parteciperà anche il premier Mario Draghi.

Tra i temi all’ordine del giorno, il Recovery Fund, che ai progetti destinati ai comuni riserva cifre nell’ordine dei 3 miliardi di euro. Con tutte le criticità e i problemi ancora irrisolti. Almeno tre, nella prospettiva del primo cittadino del Pd. Quali? “Il primo punto è quello del personale. Devo dare atto al ministro della Pa Renato Brunetta che sta facendo sforzi giganteschi, ma la situazione è ancora difficile”. Un problema che trova diverse declinazioni: “Nel concorso nazionale per reperire 1400 tecnici, solo 167 idonei. Ma secondo lei un ingegnere bravo e preparato viene a lavorare per 1400 euro al mese? C’è un tema di condizioni economiche offerte dal pubblico impiego”. E così attrarre competenze, peraltro altamente specializzare rispetto alle esigenze del Piano europeo, “è molto complicato”. 

 

Ma non solo: “Pensi che alcune delle città metropolitane, di cui sono coordinatore, hanno ancora il blocco del turnover al 25 per cento, in quanto manca il decreto attuativo che dovrebbe estendere le stesse regole concesse ai comuni di dimensioni più ridotte”. Ciò vuol dire che per ogni quattro pensionati si può assumere al massimo un solo dipendente. “E le città metropolitane producono il 35 per cento del pil”, sottolinea Nardella. Parole che sembrano in qualche modo riprendere l’allarme del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che ha minacciato le dimissioni nel caso in cui non ci fossero le risorse per nuove assunzioni. “Condivido le sue preoccupazioni, ma attenzione: il Pnrr non è una questione del Mezzogiorno, è una sfida gigante per tutta l’Italia. E se a Napoli piangono, non è che al Nord ridono”. Anche perché la partita del Recovery non si vince solo attraverso il personale. Ci sono invece elementi di natura strutturale: “C’è il problema delle procedure: occorre un’ulteriore semplificazione del Codice degli appalti, bisogna semplificare la burocrazia, applicando le indicazioni contenute nelle direttive europee del 2014. Almeno per il Pnrr se ne faccia ricorso, con eventuali integrazioni laddove le direttive non siano self executing”.

Il riferimento è alle disposizioni comunitarie che hanno riformato, e alleggerito, le modalità per concessioni e appalti nel pubblico. Senza contare, spiega ancora Nardella che “maggiore è il caos normativo, maggiore è il rischio di corruzione. Secondo i nostri dati, l’80 per cento dei procedimenti penali riguarda le gare e il 20 per cento gli affidamenti diretti. Non si combatte la corruzione con il Codice appalti, ma con il Codice penale”.  E c’è, infine, un altro tema legato proprio alle modalità di realizzazione delle opere, alla gestione delle risorse che finiscono per essere rimpallate tra le competenze di questo o di quel ministero: “E’ opportuno che i soldi arrivino direttamente alle stazioni appaltanti senza passare dalle conferenze interministeriali, o da quelle con le regioni, e con regole chiare. Perché le procedure di assegnazione e ripartizione delle risorse variano a seconda dei ministeri o degli enti”.

 

Insomma saranno queste le richieste al presidente del Consiglio? “Io confido molto in Draghi, lo voglio dire con forza, credo nella sua capacità organizzativa. Per questo propongo al premier di incontrare anche i sindaci delle città metropolitane, basterebbe un’ora al mese di verifica dello stato di avanzamento dei progetti. Un filo diretto e regole più semplici”. Sempre che a gennaio non si sposti da Palazzo Chigi al Quirinale: sarebbe un problema per i progetti? “Farà quel che serve al paese. Io posso solo dire che oggi è la persona più preziosa che abbiamo per portare avanti il Pnrr. Se qualcuno mi dicesse che dopo Draghi c’è un altro Draghi, sarei tranquillo. Ma è così?”.

Ruggiero Montenegro

Caro sindaco Gori, è tornato di moda minacciare le dimissioni. È pronto pure lei a dimettersi da sindaco di Bergamo se non arriveranno funzionari, se non si semplificano le procedure del Pnrr? “No davvero! Non mi voglio dimettere. Ho una responsabilità. Tanto lavoro da fare. Penso che la mia città debba sforzarsi di cogliere le opportunità che si presenteranno con il Pnrr. Vorrei però sapere di più rispetto a quando, come e a quali condizioni si presenteranno. Al momento non è chiaro”.

 

Perderemo tutto? Siamo destinati a fare gli asini? “Io dico di no. Anzi, dobbiamo riuscire a non perdere nulla. E ci riusciremo a condizione che il tempo diventi la prima misura delle nostre azioni”. Avete visto che esiste un modo per avvertire senza minacciare? Non è vero che i sindaci sono contro il governo. Sono solo preoccupati di fare bene i sindaci. Chi lo dice in maniera formidabile, e al Foglio, è Giorgio Gori. È del Pd, e al suo secondo mandato. Lo conoscete. È nato infatti un dibattito che riguarda il Pnrr, i bandi, e che sarà oggetto dell’intervento di Mario Draghi, a Parma, all’assemblea dell’Anci. Il governo sta provando a semplificare la presentazione dei progetti del Pnrr. Lo sta facendo attraverso decreti, aggiungendo personale. Si può fare meglio, è indispensabile farlo, ricordarlo è urgente.

 

Dunque, “signor sindaco”, vogliamo spiegare cosa vi agita e vi preme? “Non sprecare questa occasione. E quindi spendere bene. Spendere tutto. Per farlo dobbiamo conoscere le regole del gioco”. Cosa sapete dei bandi del Pnrr? “Poco. E lo dico senza polemica. Ne sappiamo poco e temiamo così che i bandi possano uscire alla rinfusa, sovrapponendosi e concedendo poche settimane per candidare i progetti, e che non ci siano a quel punto i tempi necessari ad approntarli”. Può raccontare di quante “stagioni” si compone un progetto? “Progetto di fattibilità, progetto definitivo e progetto esecutivo, questi ultimi commissionabili però solo se c’è la copertura finanziaria dell’intero costo dell’opera”. Si riesce a dirla in modo meno tecnico? “Se i bandi del Pnrr chiederanno, come condizione per candidare i progetti, la loro ‘cantierabilità’, il rischio è che vadano avanti solo i progetti che i comuni erano già in grado di finanziare con proprie risorse, prima del Pnrr. Il rischio è che si colga solo una piccola parte di questa irripetibile opportunità chiamata Pnrr. Per evitarlo dobbiamo poter candidare anche progetti ad uno stadio di fattibilità ‘strutturata’ ”.

 

Cosa teme che accada e cosa vuole che non accada? “Non voglio vedere passare i treni senza riuscire a saltarci sopra. Io, la mia comunità, prenderemo questo treno”. Al sud, il bravissimo Gaetano Manfredi, anche lui sindaco del Pd, lamenta la carenza di dirigenti. A Bergamo siete in “zona Napoli”? “La carenza è la stessa, ma ho la fortuna di avere tanti dirigenti e collaboratori bravi e appassionati. Non tutti ovviamente, ma tanti sì. L’efficienza della “macchina” è fondamentale. Resta il problema della carenza…”. Non si rischia “l’assumificio”? “Io parlo di rafforzamento, in primo luogo nei ruoli tecnici afferenti alla sfera dei lavori pubblici e alla gestione degli appalti”. Portiamo degli esempi. A Bergamo quali progetti si realizzeranno con il Pnrr? “Di tre interventi che abbiamo candidato insieme a tutte le istituzioni del territorio, due sono stati sono accolti e finanziati: la nuova stazione ferroviaria, una linea elettrica di superficie a collegare Bergamo e Dalmine. Adesso aspettiamo gli altri bandi”.

 

Cosa rischia, concretamente, di rallentare l’esecuzione dei progetti? “I mille passaggi burocratici a cui ogni progetto è sottoposto, e i loro tempi, a partire da quelli delle valutazioni di impatto ambientale o le risposte delle soprintendenze. Serve un percorso semplificato”. Soluzioni? “Rispettando i ruoli, dobbiamo marciare con un cronoprogramma di ferro, e meccanismi più veloci. Giorni stabiliti per dare un parere, ma se non arriva scatta il silenzio assenso. Nessuno può permettersi di dilatare i tempi senza motivo”. Un altro ancora? “È quello che le città hanno già chiesto al governo. Fare in modo che i bandi dei ministeri siano rivolti direttamente ai comuni, senza intermediazione da parte delle regioni”.

 

Siete davvero pronti come comuni? “Se ci sono enti che hanno dimostrato di essere efficienti nella “messa a terra” delle risorse, ebbene, quelli sono i comuni. Basti pensare a come abbiamo usato i fondi del piano periferie”. Chiarite le preoccupazioni dei sindaci, Gori è più preoccupato di non avere Draghi a Palazzo Chigi o è più rassicurato dal saperlo al Quirinale? “È un ottimo presidente del Consiglio e sarebbe un ottimo presidente della Repubblica. Ma cosa abbiamo detto fin qui? Che sul Pnrr non possiamo sbagliare. Abbiamo gli occhi dell’Europa puntati sul nostro paese. Ci giochiamo un’occasione storica. E allora non ho dubbi. Per portare a buon fine questa sfida difficilissima penso sia assolutamente auspicabile che Mario Draghi rimanga a lungo alla guida dell’esecutivo”. 

Carmelo Caruso 
 

Prima della recente, e travolgente, elezione a sindaco di Bologna Matteo Lepore ha fatto per 10 anni l’assessore e racconta di aver incrociato in quel periodo ben sette diversi governi, dai quali erano venute varie misure, alcune anche un po’ famigerate, per il controllo stringente della spesa corrente. Ora, ovviamente, vede un mondo trasformato, per la messa a disposizione di risorse, indirizzate quasi del tutto a spesa per investimenti, ma continua a percepire, e ne nota tutta la negatività, una certa incapacità di dialogo tra governo, amministrazione centrale e comuni. “Per Bologna ci sono – ci racconta – almeno 8 miliardi e mezzo in 5 anni, e forse non li ho ancora contati tutti, ma, a fronte di queste enormi disponibilità, non c’è ancora un corpo di nuove regole e, peggio ancora, non c’è la comprensione di quanto sia necessario lavorare davvero assieme tra governo e comuni”.

    

La sua non è semplicemente la richiesta delle famose semplificazioni o di quell’armamentario un po’ banale di lamentele contro la burocrazia o contro le leggi mal tarate tra responsabilità e compito degli amministratori locali. Chiede qualcosa di più. “Dovremmo chiamarla agenda urbana nazionale – ci dice – prendendo a modello, magari, l’esperienza francese, il modo in cui opera il loro ministero per l’agenda urbana. Vorrei che ci fosse un confronto continuo, orientato verso la collaborazione e non verso la rivendicazione, tra grandi comuni metropolitani, l’Anci e il presidente del Consiglio, perché noi sindaci non vogliamo fare una specie di sindacato, ma vogliamo essere direttamente coinvolti e impegnati in questo sforzo realizzativo gigantesco, per il quale servono le energie di tutti”.

  

Per Bologna le realizzazioni attese sono impressionanti. “Praticamente dobbiamo completare in 5 anni ciò che non si è potuto fare in 30 anni. È recentissimo – cita come primo esempio – il finanziamento per due nuove linee di tram e ci mettiamo con impegno a realizzarle, ma sappiamo, dall’esperienza del passato, che ci vengono richiesti tempi di attuazione mai registrati nella storia di questa o di altre città italiane. Abbiamo poi da completare il tecnopolo, dove c’è la più forte capacità di elaborazione dati in Europa e per il quale serviranno due tralicci interrati di alimentazione, dobbiamo fare il passante per la A14, 3 ponti, rinnovare lo stadio e il teatro comunale, mentre attendiamo che Ferrovie completi la stazione dell’alta velocità, e decine di altri interventi minori. È un programma che esige serietà ma i sindaci vogliono essere presi sul serio dal governo e ascoltati. Non è questione di differenze tra nord e sud o di diversa efficienza o capacità, è proprio una grande partita nazionale che va compresa e giocata. Tutta la politica deve assumersi la responsabilità di questa agenda straordinariamente impegnativa, perché poi le competenze sono varie, sul mio territorio ho anche opere da realizzare che competono all’amministrazione sanitaria, a quella scolastica, a quella universitaria. È fondamentale che ci si parli tra tutti gli attori e che ci sia sintesi. Serve chiarezza su strutture, personale e servizi. Anche la spesa corrente, in qualche misura, va rimessa in movimento, perché la qualità di ciò che offro, per fare un esempio la frequenza di un tram, la finanzio con la spesa corrente. Allo stesso modo ne ho bisogno per poter avere personale di qualità”.

 

C’è una questione politica, però, perché non si tratta solo di mettersi tutti a remare nella stessa direzione. Per Lepore bisogna stare molto attenti agli sviluppi delle prossime settimane, perché tra legge di stabilità e altri interventi legati al Pnrr si rischia di tornare indietro e di limitare l’autonomia dei comuni. Un paradosso proprio nel momento in cui si chiede ad essi un grande sforzo. “Vogliamo essere ascoltati e presi sul serio”, ci ripete. E ci racconta che proprio in questi giorni ha riletto nei discorsi di un grande sindaco bolognese degli anni Settanta, Renato Zangheri, la rivendicazione, non pienamente ascoltata, di autonomia amministrativa per la città. “Erano tempi – ci dice – in cui il bilancio del comune sostanzialmente lo faceva il prefetto. Ecco, ora non è proprio il caso di tornare a quel modo di operare”.

    

Giuseppe De Filippi

 

Di più su questi argomenti: