“Ma come Carlo ...?”. Calenda blocca su Twitter il suo giovane candidato con il Rolex

Gianluca De Rosa

Dietro la scaramuccia su Twitter la lotta silenziosa, ma senza tregua tra Italia viva e Azione. Entrambi i partiti si candidano a diventare il motore di un grande centro riformista, ma più che un accordo si vedono divergenze 

“Ma come Carlo… Mi candido con te, mettendoci la faccia a soli 21 anni. Ricevendo insulti, minacce e cattiveria. Mi chiamano stampa e tv e per evitare strumentalizzazioni mi faccio giustamente da parte. Ora perché esprimo perplessità su certe tue dichiarazioni mi blocchi?”. La sortita su Twitter è un misto di dispiacere e tacita provocazione.

 

 

Alla ribalta lo portò il Rolex. Troppo esposto nelle foto su Instagram tra Porto Cervo e l’hotel de Russie. Roman Pastore, 21 anni, candidato nella Lista Calenda Sindaco al consiglio del terzo municipio finì, causa lusso ostentato, in pasto al tribunale del popolo dei social. “Ma come questo a 21 anni gira con un Rolex senza aver mai lavorato e fa la morale a quelli che prendono il reddito di cittadinanza?”, era la più comune tra le argomentazioni che anticipavano gli insulti. Ne seguì la sempiterna polemica partigiana tra pauperisti e teorici del “lavoro, guadagno, pago, pretendo”. Bagarre da bar e social network. Calenda prima difese a spada tratta il suo candidato –“Ve la prendete con un ragazzo per un orologio che è un regalo del padre che non c’è più” – già frequentatore di Leopolde, e autodefinito su Twitter con una sola parola: “riformista”.

 

 

Poi, stufo delle foto del giovane sempre con l’incriminato Audemars Piguet al polso lo scaricò con un cinguettio: “Ho difeso Roman a spada tratta, però anche basta con sto’ orrendo pataccone sempre in primo piano. Sei candidato al Municipio. Gambe in spalla e vai a prendere i voti”.

 

 

Oggi la scomunica definitiva, la massima punizione della politica via social. Il ban su Twitter. Al centro della lite le critiche che tanti militanti e simpatizzanti di Italia Viva, compreso Pastore, avevano espresso a Calenda sul social network dopo la difesa, a loro parere troppo timida, che il leader di Azione aveva manifestato nei confronti di Matteo Renzi sulla vicenda contocorrente. In particolare a urtare la sensibilità dei seguaci di Renzi il passaggio in cui Calenda definisce il leader di Italia Viva “un mio avversario”.

 

 

La scaramuccia, d’altronde, è solo l’ennesima puntata di una saga in stile fratelli coltelli che da settimane, più o meno visibile, va in scena tra i leader del futuribile e litigiosissimo centro riformista italiano. Calenda e Renzi appunto. Chi ha i voti e chi ritiene di avere la strategia. “Alla Leopolda non vado di certo”, aveva detto giorni fa Calenda presentando il suo prossimo tour in giro per l’Italia. E pensare che a Roma, la lista Calenda Sindaco, la più votata, è stata un mix composito di esponenti di Azione e Italia Viva. È proprio questa la cosa che tanti su Twitter hanno voluto ricordare a Calenda. In realtà lo fanno da giorni.


I renziani rivendicano organizzazione e militanti offerti per la campagna elettorale romana. “In piazza la gente l’abbiamo portata noi”, dicono. I voti, è il sottotesto, li abbiamo presi noi. E lo stesso Renzi, al termine dello scrutinio capitolino, aveva pubblicamente inviato i suoi complimenti a Valerio Casini e Francesca Leoncini, i più votati, entrambi proveniente dal suo partito. Oggi, proprio quei due consiglieri sono un’arma di ricatto. Rimarranno nel gruppo della lista o ne formeranno uno di Italia Viva abbandonando l’”opposizione costruttiva” proposta da Calenda per aderire alla maggioranza del sindaco dem Roberto Gualtieri? Stando alla prima seduta del consiglio comunale romano è ancora tutto possibile. Al termine del consiglio, mentre Flavia De Gregorio e Dario Nanni, gli eletti calendiani della lista, parlavano soli soletti sotto l’ingresso di palazzo Senatorio, Casini e Leoncini uscivano senza neppure salutarli, per andare a fare quattro chiacchere con i vecchi amici del Pd.