(foto Ansa)

Il caso

"Licheri si ritira". La resa di Conte sul nuovo capogruppo al Senato del M5s

Redazione

A Palazzo madama eletta la campana Castellone. "Abbiamo convenuto che conviene darle spazio da subito", dice l'ex premier. Che è già ostaggio dei gruppi parlamentari

Secondo Giuseppe Conte, il pareggio nella votazione per il nuovo capogruppo del M5s al Senato tra Ettore Licheri e Mariolina Castellone era il segno di una "sana dialettica interna". Che poco più di 24 ore dopo ha portato a un sorprendente passo indietro del capogruppo uscente per muoversi dall'impasse. "Abbiamo avuto un incontro con Mariolina Castellone, me e Ettore Licheri”, ha detto Conte ieri sera. “È stato di grande armonia, abbiamo riflettuto insieme su quello che è stato l’esito del voto: c’è stata subito la disponibilità di Licheri a lasciare spazio a Castellone. Abbiamo valutato e preso atto di questa disponibilità e convenuto insieme che a questo punto conviene dare subito spazio a Mariolina, ovviamente con la piena fiducia di tutti”. Una resa incondizionata se è vero che Licheri era non solo il capogruppo in carica, ma anche colui su cui aveva investito l'ex premier in virtù sia di un rapporto personale. Sia di un collegamento diretto con Paola Taverna, che è il suo principale sponsor. 

E del resto, per capire quanto la decisione sia costata a Conte, valgono le sue parole di apprezzamento per il ritirato, che "ha svolto con grande serietà, impegno e saggezza il suo mandato. E devo anche sottolineare che ha compiuto un gesto di grande nobiltà d’animo e di visione, andando al di là del tornaconto personale". Un modo per cercare di placare ansie di vendetta all'interno dei gruppi parlamentari, che a circa tre mesi dall'elezione del presidente della Repubblica appaiono più lacerati che mai. "Questa è l’occasione per confermare con i fatti come chi ci vuole divisi, chi scrive fandonie quotidianamente sul Movimento non colga mai nel segno", ha voluto sottolineare il presidente del Movimento. Che però, al di là delle affabulazioni, si trova a fare di conto con una sconfitta palese. E il fatto che esattamente 36 senatori (quanti avevano votato la Castellone mercoledì) abbiano sottoscritto una lettera in cui chiedono al premier Draghi maggiore trasparenza nell'avanzamento del Pnrr, è semmai un segnale ancor più evidente della faida strisciante nel M5s

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