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Prove per un fronte riformista. La versione di Bentivogli

Marianna Rizzini

"Con Mario Draghi al governo abbiamo una grande opportunità", dice il co-fondatore di Base Italia. "Serve leadership ma soprattutto il focus sui temi chiave: lavoro, giustizia, riforma della pa e risposte organiche per le periferie"

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Il dato certo, nell'incertezza del domani (a partire dal ballottaggio a Roma), è il successone, per così dire, di Carlo Calenda con la sua lista al 19,8 per cento. Ed è un dato certo che si proietta dritto dritto verso un futuro in cui un possibile “fronte dei riformisti” può diventare protagonista, anche viste le tribolazioni dei populisti verdi e gialli, nonostante questi ultimi siano alleati con il Pd. Non a caso Calenda, a Roma, pur non dando indicazioni di voto, dice che una delle condizioni per avere i voti dei suoi sostenitori è proprio il manifestare chiara volontà di non far rientrare dalla finestra, con incarichi in giunta, i Cinque stelle fatti uscire dalla porta con il voto. E c'è anche un altro dato: se Calenda ha i voti, Matteo Renzi ha gli eletti: a Roma i due futuri consiglieri più votati sono renziani (Valerio Casini e Francesca Leoncini), e sul piano nazionale, in Parlamento, Renzi può ancora contare su un gruppo consistente, questione non da poco visto che tra pochi mesi si dovrà eleggere il presidente della Repubblica, tanto che Calenda potrebbe trovarsi presto nel ruolo di colui che cerca di lanciare un'Opa su Renzi proprio nell'ottica di un rassemblement riformista che comprenda altre forze e altre personalità, dal sindaco rieletto di Milano Beppe Sala in giù.

 

 

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Che cosa ne pensa il co-fondatore di Base Italia Marco Bentivogli, già segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (fino al 2020)? “In tutti i percorsi bisogna consolidare i risultati. Spendere, diciamo così, i ricavi in innovazione, come in un'azienda. Da un lato dunque Calenda fa bene a rilanciare sul piano nazionale, in modo da intercettare le energie diffuse ancora latenti, dall'altro l'aspetto fondamentale di questa operazione penso sia l'integrazione tra forze riformiste. Ricordiamoci i danni fatti, in passato, dalla frantumazione delle forze politiche. Evitiamo il revival di questo errore fatale. Il progetto, insomma, deve essere separato dal destino dei singoli, e anche se la leadership di Calenda è forte ora serve una squadra”.

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Per Bentivogli il momento è propizio, quasi irripetibile: “Con Mario Draghi al governo abbiamo una grande opportunità. È l'occasione attesa da tanto tempo di riconfigurare il quadro e fare un upgrade: non è una personalità espressa da un partito, ma non è neppure esogeno alla politica”. Con quali forze, in quale direzione? Coinvolgendo prima di tutto Matteo Renzi? Costruendo un ponte con il sindaco rieletto di Milano Beppe Sala? “I veti su Italia Viva non aiutano", dice Bentivogli, “dobbiamo constatare che il partito dei sindaci non è forte come prima, come si è visto dal fatto che le liste collegate ai sindaci non hanno avuto poi così tanto successo. Ma c’è una rete di sindaci, a partire da Sala, che è molto importante come gruppo dirigente. Che cosa potrà smuovere, questo dobbiamo chiederci, il 50 per cento di cittadini che non ha votato, in un quadro di partiti arroccati e ripiegati? I cittadini devono diventare più esigenti con la politica, e un progetto deve essere alla loro altezza. In piazza del Popolo, il giorno della chiusura della campagna di Calenda, c'erano tanti attivisti e militanti giovanissimi e alla prima esperienza, persone desiderose di impegnarsi su temi concreti. In questo senso è importante che Calenda non si riposizioni su vecchi percorsi ma si mantenga su questa strada, ed è fondamentale che si evitino personalismi. Un processo di partecipazione diffusa sta in piedi se non è troppo legato legati ai destini personali di pochi. Serve leadership, insomma, ma soprattutto il focus sui temi”.

 

Quali? “Il lavoro deve essere il primo e ultimo punto in agenda, perché attorno al lavoro c'è tutto, tanto più ora, viste le opportunità che si aprono con il Pnrr. Riprendere la battaglia del lavoro, è il tema, e per garantirlo bisogna intervenire per esempio anche sulla giustizia, sulla Pa. E poi: si smetta di occuparsi di periferie soltanto in campagna elettorale, servirebbe un gruppo dirigente capace di occuparsene sempre e in modo organico. Il turismo elettorale ha stufato. Ma ripeto, la cosa più importante è che si integrino tutte queste forze riformiste insieme a pezzi di paese che sono lontani dall’impegno politico diretto. Serve la maturità di parlarsi guardandosi negli occhi per capire se è la volta buona, è l’unico modo per non perdere l'energia che si è sprigionata”.

 

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