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l'audizione a palazzo san macuto

L'equilibrismo di Luigi Di Maio sul caso Regeni

Redazione

Di fronte alla commissione d'inchiesta parlamentare, il ministro degli Esteri prova a tenere insieme le relazioni diplomatiche con l'Egitto e il perseguimento della verità sul caso del giovane ricercatore ucciso. Sull'apertura del processo annuncia: "Se la famiglia è d'accordo il governo si costituirà parte civile"

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Conferma l’impegno del governo italiano nella ricerca della verità, ma denuncia l’insufficienza dei progressi ottenuti sul caso nei rapporti con le autorità egiziane. E rivendica la richiesta di sostegno avanzata dall’Italia in sede europea per ricevere collaborazione. L’audizione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio di fronte alla commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Regeni è servita a definire la posizione del governo italiano in merito all’inchiesta sulla morte, avvenuta cinque anni fa al Cairo, del giovane ricercatore friulano dell'università di Cambridge.

 

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“Il perseguimento della verità è sempre stato, e continuerà a essere, un obiettivo fondamentale da raggiungere nelle nostre relazioni con l’Egitto" ha dichiarato il titolare della Farnesina di fronte a deputati e senatori riuniti in seduta comune oggi pomeriggio a palazzo San Macuto. Tuttavia, “l’Egitto rimane un interlocutore ineludibile” su tutta una serie di dossier e scenari di politica internazionale, non ultimo il complicato processo di riunificazione in Libia.

 

La strategia del nostro paese resta quella di tenere insieme gli interessi: da un lato, evitare d'interrompere le relazioni bilaterali, anche perché “senza l’azione costante del nostro corpo diplomatico, e in particolare del nostro ambasciatore Giampaolo Cantini, non si sarebbero potuti fare molti passi avanti sulla vicenda”. Dall’altro, continuare l’opera di “sensibilizzazione degli organi inquirenti egiziani”, arrivati a conclusioni del tutto diverse rispetto a quelle formulate dalla procura di Roma impegnata nelle indagini sull’omicidio.

 

Sull’apertura del processo per le torture e la morte in carcere di Giulio Regeni, prevista per il prossimo 14 ottobre, Di Maio ha parlato di un “risultato insperato” e ha avanzato l’ipotesi che anche il governo italiano si costituisca parte civile, sempre a patto “che ce ne sia la possibilità e anche la famiglia della vittima sia d’accordo”.

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