Stefano Locatelli, responsabile enti locali della Lega

il fronte dei sindaci

Locatelli (Lega): "Senza uno stipendio adeguato difficile attrarre candidati di livello nelle città"

Luca Roberto

Il responsabile enti locali della Lega: "Non è tollerabile che alcuni primi cittadini prendano meno di chi ha diritto al reddito di cittadinanza. Così la politica premia non i migliori ma i meno peggio"

A Chiuduno, in provincia di Bergamo, c’è un sindaco leghista che sulla svalutazione dei sindaci dice cose di buonsenso, da sottoscrivere. “Oramai cercare candidati, sia nei piccoli centri che nelle grandi città, è diventata una caccia al tesoro”. Si chiama Stefano Locatelli. E’ vicepresidente dell’Anci. E da responsabile enti locali della Lega ha chiesto che si prendesse la questione sul serio. “La nostra proposta di legge per alzare gli stipendi dei sindaci ha anche l’obiettivo di restituire dignità a un ruolo istituzionale che negli ultimi anni ha visto crescere in modo inversamente proporzionale responsabilità e guadagni. Il risultato è che chi ha dimostrato di avere capacità, di essere brillante, difficilmente sceglie di mettersi a disposizione delle proprie comunità”. Per i partiti che traggono più beneficio dall’interlocuzione con la società civile, il mondo dell’impresa, il danno è ancor più rilevante. “Guardate le difficoltà che abbiamo incontrato noi del centrodestra a Milano, a Roma, a Bologna. Per quale motivo il sindaco di realtà così complesse non deve avere la stessa retribuzione di un parlamentare? Capisco che con l’attività politica non ci si possa arricchire. Ma non è accettabile che ci si debba rimettere di tasca propria, guadagnando meno di chi ha diritto al reddito di cittadinanza”, ragiona Locatelli col Foglio. “Anche perché così si spalanca la strada a due alternative: fa politica o chi se lo può permettere o chi ha interessi di altra natura”.

Lui, quando aveva 27 anni, nel 2011, da un giorno all’altro, mentre prendeva dimestichezza con la macchina burocratica appena insidiatosi a Chiuduno capì che c’era un problema. “Mi ritrovai gli inviati di Mentana sotto al comune. I giornali dicevano che mi ero triplicato lo stipendio. Semplicemente avevo applicato il tabellare stabilito dal ministero dell’Interno. Capite allora quanti danni ha prodotto la retorica anti casta?”. Calata al giorno d’oggi, questa vulgata vorrebbe i sindaci come appartenenti a un ordine monastico, prestati alla causa politica per puro spirito di vocazione. “E infatti il fenomeno più evidente è quello di chi ti dice: una mano te la do volentieri, ma nelle pastoie dell’amministrazione non mi ci infilo. Vai avanti tu, che io ti seguo dall’esterno”. Sembra di rintracciare la giustificazione addotta da Gabriele Albertini per declinare la candidatura a sindaco di Milano. “Il segnale che qualcosa non va te lo dice anche il fatto che ci sono sempre più comuni in cui non si riesce a trovare nemmeno un candidato. E’ una sconfitta del controllo del territorio”. A Vieste, in Puglia, alcuni amici del sindaco uscente hanno dovuto dar vita a una lista civetta per non invalidare le elezioni, pensate. “Così va a finire che non c’è  una vera competizione: si assiste all’ascesa perenne del meno peggio, non del migliore”, è l’analisi di Locatelli. Sembrate, nel sostegno a questa battaglia, aver trovato una sponda negli altri partiti. Anche il sindaco Ricci, del Pd, ha detto di apprezzare. “Ma infatti sulle responsabilità degli amministratori  c’è un consenso trasversale alle forze politiche. Siamo andati da Draghi in maniera compatta e abbiamo trovato nel premier una grande disponibilità a risolvere i problemi. Non è più accettabile che chi, come i sindaci di Alzano Lombardo e Nembro ha affrontato l’emergenza sanitaria in prima linea, viva sotto minacce dei cittadini. Chi amministra va difeso, anche a livello di tutele legali. Non possiamo che cominciare però almeno da uno stipendio dignitoso”.

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