Il premier pass pass

Draghi dialoga con i sindacati per l'estensione del green pass. Sul Rdc aspetta i partiti

"Costruzione paziente e in due tempi. Niente questione di fiducia"

Carmelo Caruso

In vista del Cdm di giovedì il premier costruisce il provvedimento sul certificato verde. Incontri con le parti sociali e Confindustria. Sul Rdc la posizione è nota: non è in agenda ma si può migliorare 

Iniziamo dalle cose certe ma non diamole per fatte. Mario Draghi estenderà il green pass ma ieri non c’è stata nessuna cabina di regia. Il governo non ha intenzione di chiedere la fiducia sul green pass. La chiedono Pd e M5s per dare un segnale alla Lega. La costruzione del provvedimento sarà dunque “paziente”. Le fasi sono invece due. Una prima estensione nel pubblico e poi nel privato. Secondo Palazzo Chigi si sta infatti verificando qualcosa di singolare. E’ “l’accelerazione dell’accelerazione”. L’ansia di dare la notizia sta favorendo una informazione sbandata.


Chi racconta l’agenda di governo deve fare attenzione a un’insidia. E’ la sbornia del fare, l’utilizzo del tono enfatico. Perché al governo temono questa enfasi, questa allegria cortigiana? Perché è pericolosa. Chi scrive “Draghi accelera” è lo stesso che dopo pochi giorni, di fronte alla necessità di un’analisi, scriverà “è scontro fra i partiti. Draghi frena. Draghi ha problemi”. Le cose stanno così. Il lavoro del ministro della Pa, Renato Brunetta, la sua decisione di abbassare la quota dello smart working, rende facile l’estensione per tutto il settore pubblico. Può avvenire attraverso la tecnica del decreto. Per il comparto privato si preferisce un dialogo con il sindacato. Ieri, Draghi e Landini si sono incontrati. Seguiranno colloqui, da qui a giovedì (quando dovrebbe essere convocato il Cdm) sia con i sindacati sia con il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.  Si vuole, spiega il governo, costruire il consenso con tutte le parti. Si tende la mano al sindacato, un sindacato con la paglietta del giureconsulto, che ha dichiarato “di non essere contro le vaccinazioni” ma che pretende una legge sull’obbligo o forse, ed è questa l’opinione dell’esecutivo, un sindacato che “si vuole, ed è comprensibile, mettere al centro della dialettica”. La conflittualità del sindacato sulle forme, ma non sulla sostanza, viene insomma presa per quello che è: nella natura.

 

C’è attenzione per tutte le perplessità che le sigle agitano: possibili discriminazioni in azienda, eventuali licenziamenti. C’è attenzione anche per tutti gli italiani che non possono, per qualche motivo di salute, effettuare il vaccino e ottenere il green pass. Sono diventati gli ultimi amici di Matteo Salvini. Si studierà un provvedimento anche per  loro. Tra le cose che si possono dare per sicure, questa: la cabina di regia che estenderà il green pass sarà una cabina standard e non allargata ai capi di partito. C’è un invece un dibattito inatteso che va oltre il green pass. In queste ore si impone. Viene vigilato da Palazzo Chigi. Riguarda il reddito di cittadinanza. Matteo Renzi ha proposto di abolirlo con un referendum. Matteo Salvini ha dichiarato di avere commesso un errore approvandolo nel primo governo Conte. Giorgia Meloni lo ha definito “metadone”. E’ stato un termine forte che in verità era già stato utilizzato dalla Lega, e dal suo ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Era l’aprile del 2020. In un’intervista a alla Prealpina parlò della necessità di evitare “il rischio mortale dell’assuefazione all’assistenza che è una droga”. Ne faceva una questione culturale. E continua a farla.

 

Non gli basta l’abolizione. Pretende che a cambiare sia “l’idea di un reddito a vita. Non basta percepire un reddito. Bisogna essere indirizzati verso qualcosa che non può che essere un mestiere”. E’ il “riaddestrare” di cui parla Draghi con insistenza. La posizione del premier è nota. Il reddito di cittadinanza non è al centro dell’agenda di governo. Resta ferma la sua opinione. Crede questo: “Principio giusto, funzionamento da rivedere”. Non ha dato prova di efficacia. Questo significa che se i partiti decideranno di discuterne, di ragionare, ma senza ideologia, troveranno nel premier la sua disponibilità. Oggi è prevista invece la telefonata con il premier cinese Xi. Riguarda il G20 straordinario che si vuole organizzare malgrado le difficoltà. La data non c’è ma l’orizzonte temporale sì: prima della fine di settembre. Non è una cosa fatta e Draghi non ha mai detto “lo faremo”. Ha sempre usato il “ci proviamo”.

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio