l'intervento del premier

Ddl Zan e Consiglio Ue, Draghi parla al Senato

Redazione

Crescita economica, vaccini e pericolo varianti, politica estera e migranti: il discorso del presidente del Consiglio al Parlamento 

"Ne parlerò domani in Parlamento, è una domanda importante". A chi ieri gli ha chiesto conto della dura posizione del Vaticano contro il ddl Zan, Mario Draghi ha risposto così, rimandando a questa mattina ogni altra spiegazione. Per questo oggi, durante le comunicazioni sul prossimo Consiglio europeo - alle 9,00 alla Camera e alle 15,00 in Senato - ci si aspetta che Draghi esprima la posizione del governo, tentando una sintesi tra le forze di maggioranza spaccate sul disegno di legge contro l'omofobia, presentato dal Pd e duramente criticato dalla Lega. 

Le comunicazioni per cui l'intervento di Draghi è in calendario riguardano il prossimo Consiglio europeo: crescita economica, andamento della pandemia nel nostro paese, politica estera e gestione dei flussi migratori. I capi di stato e di governo dell'Ue si riuniranno il 24 e 25 giugno. Per questo, nel discorso del presidente del Consiglio non c'è un riferimento al disegno di legge contro l'omofobia. Dovrebbe essere il senatore di FdI, Giovanbattista Fazzolari, a sollecitare il premier sul tema facendo la domanda che da questa mattina tutti aspettano. A Draghi la parola nella replica. 

 

Ecco il discorso integrale del presidente del Consiglio 

 
Il mio intervento di oggi intende rendervi partecipi degli argomenti in discussione nel Consiglio Europeo di questa settimana.
Si tratta di un passaggio importante e per cui vi ringrazio.
L’interlocuzione con il Parlamento è infatti essenziale per meglio definire la posizione del nostro Paese su temi di grande rilevanza per la vita dei nostri cittadini e delle nostre istituzioni.
Procederò dunque a toccare i principali temi in agenda.
Questi includono la ripresa economica; la pandemia da Covid-19 e i vaccini; le migrazioni; e temi di politica estera, come i rapporti con Turchia e Russia e le crisi in Etiopia e nel Sahel.
 
La situazione economica europea e italiana è in forte miglioramento.
Secondo le proiezioni della Commissione europea, nel 2021 e nel 2022 l’Italia crescerà rispettivamente del 4,2% e del 4,4%, come l’Ue nel suo complesso.
Molti degli indicatori che abbiamo a disposizione ci indicano che la ripresa sarà ancora più sostenuta.
Gli ultimi dati sulla fiducia di imprese e consumatori, riferiti al mese di maggio, sono infatti in marcato aumento.
Il dato per le imprese, in particolare, è in forte accelerazione rispetto alla tendenza positiva degli ultimi mesi, ed è il dato più alto da febbraio 2018.
Anche il commercio estero è ripartito.
Nel mese di aprile, le esportazioni sono cresciute notevolmente non solo rispetto all’anno scorso – quando il loro livello era stato eccezionalmente basso – ma anche rispetto a due anni fa, segnando un +7,4%.
Sempre ad aprile, l’indice della produzione industriale è aumentato dell’1,8% rispetto a marzo.
La fiducia, insomma, sta tornando.
 
Il nostro obiettivo è superare in maniera duratura e sostenibile i tassi di crescita anemici che l’Italia registrava prima della pandemia.
Per fare ciò è fondamentale mantenere a livello europeo una politica di bilancio espansiva nei prossimi mesi.
Durante la pandemia, abbiamo impiegato risorse ingenti per proteggere la capacità produttiva della nostra economia.
Ora dobbiamo assicurarci che la domanda aggregata sia in grado di soddisfare questi livelli di offerta.
Raggiungere tassi di crescita notevolmente più alti di quelli degli ultimi decenni ci permetterà anche di ridurre il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, che è aumentato di molto durante la pandemia.
E ci consentirà di creare nuovi lavori, fondamentali per affrontare le transizioni, come quella digitale e quella ambientale.
 
In questo quadro economico positivo, permangono alcuni rischi.
Il primo è proprio la situazione epidemiologica, di cui parlerò più avanti nel mio intervento.
Sebbene in forte miglioramento, questa deve essere monitorata con attenzione.
In particolare, dobbiamo tenere sotto controllo l’emergere e il diffondersi di nuove e pericolose varianti, che possono rallentare il programma di riaperture e frenare consumi e investimenti.
 
Il secondo potenziale pericolo è l’inflazione, che nell’area euro ha raggiunto il 2% a maggio dopo l’1,6% ad aprile.
C’è largo consenso che, a oggi, questo aumento sia temporaneo perché legato a un recupero della domanda, a strozzature dell’offerta e a effetti contabili.
L’inflazione cosiddetta “core”, che esclude le componenti più variabili come l’energia, rimane molto bassa nella zona euro, anche se è in crescita negli Stati Uniti.
Dobbiamo mantenere alta l’attenzione affinché le aspettative di inflazione restino ancorate al target di medio termine.
E dobbiamo monitorare il rischio di una divergenza tra l’economia della zona euro e quella statunitense, e le implicazioni che questa avrebbe per la politica monetaria della BCE e della Federal Reserve.
 
Un ulteriore rischio è legato al debito.
Nel corso del 2020, il rapporto debito-Pil nell’UE è salito di 16,7 punti percentuali; in Spagna di 25,7, in Francia di 18,5 e in Italia, di 15,8 punti.
Nel 2020, i governi europei hanno utilizzato in maniera corposa le garanzie statali, per un totale di 450 miliardi di euro nei soli quattro Paesi più grandi dell’Unione.
Una politica di bilancio espansiva è essenziale per preservare ritmi di crescita sostenuti che, a loro volta, permetteranno di ridurre l’indebitamento.
Tuttavia, è importante che tutti i governi si impegnino a tornare a una politica di bilancio prudente, una volta che la crescita sarà di nuovo sostenibile.
Questo serve a rassicurare gli investitori, prevenire eventuali rialzi dei tassi d’interesse, e dunque favorire gli attuali programmi di investimenti.
 
L’ultimo rischio riguarda la coesione sociale e la sostenibilità ambientale.
Le fasi di ripresa dalle crisi recenti hanno spesso favorito solo alcune fasce della popolazione, penalizzando i meno abbienti, i più giovani e le donne.
Non abbiamo prestato la dovuta attenzione alla crisi climatica, che colpisce soprattutto le aree più fragili del nostro Paese.
Questa volta dobbiamo agire diversamente.
Ad esempio, dobbiamo mettere in campo politiche attive del lavoro efficaci, per aiutare chi ha bisogno di formazione per trovare un nuovo impiego.
 
Il Consiglio europeo discuterà di come garantire una crescita durevole e sostenibile, anche grazie alle risorse del Next Generation EU.
A livello europeo, è molto positivo che 24 dei 27 Piani dei Paesi membri siano già stati formalmente presentati e che la Commissione ne abbia già esaminati 10.
L’erogazione dei fondi dipenderà dall’approvazione da parte del Consiglio, ed è importante che questo avvenga in modo rapido ed efficace.
L’approvazione del Piano italiano da parte della Commissione, confermata dalla presidente von der Leyen durante la sua visita di ieri a Roma, conferma il grande lavoro svolto dal nostro Paese.
Abbiamo messo insieme un piano ambizioso di riforme e investimenti e lo abbiamo fatto con la collaborazione degli enti territoriali, delle parti sociali e del Parlamento che ci tengo a ringraziare.
Il vostro ruolo come Parlamento sarà fondamentale durante tutta l’attuazione del Piano.
Come ho avuto modo di dire ieri alla Presidente von der Leyen, l’approvazione da parte della Commissione è infatti soltanto il primo passo.
Nei prossimi mesi ci aspetta un cammino impegnativo, per avviare i progetti di investimento previsti e per portare avanti l’agenda di riforme.
Gli occhi dell’Europa sono sull’Italia.
Il nostro è infatti il programma più sostanzioso, per un importo pari a 191,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 30 miliardi del fondo complementare.
Il successo del programma Next Generation EU dipende in larga parte da noi.
 
Per quanto riguarda la pandemia, rispetto alle mie Comunicazioni alle Camere del 24 marzo, il quadro epidemiologico in Italia e in generale in Europa è molto migliorato.
La scorsa settimana in tutta l’UE abbiamo registrato circa 90 mila casi e ci sono stati 2.600 decessi dovuti al Covid-19.
Due mesi fa, i casi erano circa un milione a settimana e i decessi settimanali erano sei volte quelli attuali.
Questo miglioramento è merito della campagna vaccinale che procede in modo spedito.
A metà aprile in Italia solo un adulto su quattro aveva ricevuto almeno una dose e appena uno su dieci aveva completato il ciclo vaccinale.
Ad oggi, nell’Unione Europea più di metà della popolazione adulta ha ricevuto almeno una dose di vaccino.
In Italia la quota è quasi del 60% e circa il 30% della popolazione adulta ha completato l’intero ciclo di vaccinazione.
I rischi legati alle varianti, e in particolare alla cosiddetta “variante Delta”, ci impongono di procedere nella campagna vaccinale con la massima intensità.
Dobbiamo inoltre continuare a concentrarci sui soggetti più fragili, come i più anziani, che sono maggiormente a rischio di morte o di ospedalizzazione.
 
Per quanto riguarda il pass italiano, il 17 giugno è stato firmato il Dpcm che definisce le modalità di rilascio.
È quindi operativa in Italia la piattaforma informatica di rilascio della certificazione, che facilita la partecipazione ad alcune tipologie di eventi e gli spostamenti tra regioni, in caso di peggioramento del quadro epidemiologico.
Dal primo luglio, la certificazione sarà valida anche come certificato verde europeo, per poter viaggiare da e per i paesi dell’UE e dell’area Schengen.
Intanto, consentiamo già, alle stesse condizioni di certificazione, l’ingresso in Italia dei turisti provenienti dalle stesse aree, dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Giappone.
Vogliamo permettere loro di venire in sicurezza in Italia, per aiutare i nostri albergatori e ristoratori a ripartire dopo un anno e mezzo di difficoltà.
 
Sempre sul tema dei vaccini, il Consiglio europeo affronterà nuovamente la questione della solidarietà internazionale.
Migliorare l’accesso ai vaccini nei Paesi più poveri non è soltanto una questione etica, ma anche una priorità sanitaria.
Più a lungo dura la pandemia, più possibilità ci sono che il virus muti in varianti particolarmente contagiose e che possono sfuggire alla copertura del vaccino.
Anche sul questo fronte sono stati fatti importanti passi in avanti nel corso degli scorsi due mesi.
Sono molto soddisfatto del lavoro svolto al Global Health Summit, organizzato dall’Italia insieme alla Commissione europea a Roma il 21 maggio scorso.
Il Summit è stato il preludio del Consiglio Europeo straordinario del 24-25 maggio in cui i Paesi dell’UE si sono impegnati a donare almeno 100 milioni di dosi di vaccini entro la fine dell’anno.
L’Italia farà la sua parte e donerà 15 milioni di dosi.
 
Nel Vertice G7 in Cornovaglia e nel successivo Vertice UE-USA è stato ribadito l’impegno comune ad aumentare la produzione dei vaccini anche al fine di una loro distribuzione più equa a livello globale.
Come ho dichiarato in altre occasioni, il trasferimento di tecnologie verso Paesi terzi può essere molto utile a questo fine.
Tale questione andrà definita nel quadro di un negoziato presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
La Commissione è pronta a presentare una propria proposta scritta come base per i negoziati.
Al Global Health Summit, la Presidente von der Leyen ha presentato l’iniziativa europea per la produzione locale e l’accesso ai vaccini, ai farmaci e alle tecnologie sanitarie nel continente africano.
È un’iniziativa che l’Italia appoggia con convinzione.
È previsto un miliardo di euro in investimenti a carico del bilancio europeo, da incrementare col supporto degli Stati membri.
 
Durante il Consiglio europeo verrà inoltre accolta la decisione adottata dalla 74esima Assemblea Generale dell’OMS di convocare una Sessione Speciale dell’Assemblea Mondiale della Salute a novembre.
In quell’occasione si discuterà di un quadro comune per migliorare la preparazione globale a future pandemie sulla base delle lezioni apprese durante questa crisi sanitaria.
L’Italia, come tanti altri Paesi, si è trovata impreparata all’arrivo del Covid-19.
Non possiamo permettere che questo accada di nuovo.
La Dichiarazione di Roma, approvata anch’essa al Global Health Summit, fornisce un’ottima base per una maggiore cooperazione e solidarietà internazionale in futuro.
 
Un altro tema che ci riguarda da vicino è quello della gestione dei flussi migratori, che torna ad essere in agenda al Consiglio Europeo su precisa richiesta dell’Italia.
Come ho dichiarato in passato, il Governo vuole gestire l’immigrazione in modo equilibrato, efficace e umano.
Ma questa gestione non può essere soltanto italiana.
Deve essere davvero europea.
Occorre un impegno comune che serva a contenere i flussi di immigrazione illegali; a organizzare l'immigrazione legale; e aiutare questi paesi a stabilizzarsi e a ritrovare la pace.
E penso, ovviamente, in particolare modo alla Libia.
Un migliore controllo della frontiera esterna dell’Unione può essere la base per un piano più ampio che comprenda anche il tema dei ricollocamenti.
Tra i Paesi dell’Unione, esiste un’ampia convergenza sull’esigenza di superare il Regolamento di Dublino.
Si tratta di una convenzione concepita in una diversa fase storica, adatta a gestire numeri contenuti.
Al momento, però, una solidarietà obbligatoria verso i Paesi di primo arrivo attraverso la presa in carico dei salvati in mare rimane divisiva per i 27 Stati Membri
Serve un’alternativa di lungo periodo, per fare in modo che nessun Paese sia lasciato solo.
Il Patto sulla Migrazione e l’Asilo proposto il 23 settembre del 2020 dalla Commissione Europea ha il merito di ricercare un cambio di prospettiva.
Il negoziato sul Patto dimostra tuttavia che c’è ancora molto lavoro da fare.
 
Attualmente sta emergendo un terreno comune tra gli Stati europei su diversi aspetti fondamentali.
Tra i 27 Stati Membri ci sono punti di convergenza innanzitutto sul riconoscimento delle rotte migratorie come parte integrante dell’azione esterna dell’Unione europea.
Intendiamo intensificare – in tempi rapidi – partenariati e forme di collaborazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare con i Paesi africani.
Lo scopo è quello di evitare perdite di vite umane ma anche di contrastare le partenze illegali, nonché di ridurre la pressione sui confini europei.
Ho discusso anche di questo durante gli incontri avvenuti nelle ultime settimane con il primo ministro libico Dabaiba e il Presidente della Repubblica tunisina, Kaïs Saïeddai, dai quali ho ricevuto riscontri positivi.
Anche la Commissione europea e l’Alto Rappresentante UE per la Politica Estera e di Sicurezza hanno ribadito l’urgenza di portare avanti azioni concrete dai tempi certi con i Paesi di origine e di transito, un invito su cui mi sembra ci sia un’ampia convergenza.
Inoltre, la maggioranza dei Paesi membri sembra essere sensibile all’esigenza di una più stretta collaborazione tra l’UE e l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione riguardo a tutte le rotte migratorie.
Vogliamo che il Consiglio promuova un’azione più incisiva sui rimpatri, anche attraverso lo strumento dei rimpatri volontari assistiti, e che favorisca un impegno comune a sostegno dei corridoi umanitari.
Più in generale, serve una maggiore considerazione dal punto di vista politico e finanziario delle rotte migratorie nel Mediterraneo centrale e occidentale.
Oggi è privilegiata soprattutto la rotta orientale, sul piano giuridico e finanziario.
Occorre uno specifico impegno dell’Unione europea per la stabilità in Libia, auspicabilmente sotto gli auspici delle Nazioni Unite.
 
Per quanto riguarda la politica estera, il Consiglio Europeo si occuperà prima di tutto dei rapporti tra UE e Turchia.
Nella sua riunione di marzo, il Consiglio aveva ricordato come sia di interesse strategico europeo avere una situazione di stabilità e sicurezza nel Mediterraneo Orientale e dunque collaborare con la Turchia.
Il Consiglio intende sottolineare di nuovo la disponibilità dell’Unione Europea a cooperare in alcune aree di interesse comune, come la lotta ai cambiamenti climatici, la salute pubblica o la lotta al terrorismo.
Siamo impegnati anche sul tema dell’Unione Doganale.
Ribadiremo però la nostra preoccupazione per il rispetto dei diritti fondamentali in Turchia, come i diritti delle donne, i diritti civili e i diritti umani.
Per quanto riguarda la Russia, si farà riferimento alle conclusioni del Consiglio Europeo straordinario di maggio e si ribadirà l’impegno ai principi chiave che governano la relazione tra UE e Russia.
 
Infine, nelle Conclusioni del Consiglio Europeo sono previsti riferimenti alle crisi nel Sahel e in Etiopia.
La stabilizzazione del Sahel rappresenta una priorità per l’Italia.
Negli ultimi anni abbiamo ampliato il nostro impegno nella regione, sia sul piano politico, sia su quello della cooperazione allo sviluppo e dell’assistenza nel campo della sicurezza.
A riprova dell’attenzione italiana ed europea alla stabilità della regione del Sahel, è opportuno ricordare la nomina, il 21 giugno, dell’On. Emanuela Claudia Del Re come Rappresentante Speciale dell’UE per il Sahel.
Per quanto riguarda la grave crisi umanitaria nel Tigray, l’Italia continua a fare appello per un immediato cessate il fuoco, il pieno accesso umanitario, la fine degli spostamenti forzati.
Chiediamo inoltre indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani, e l’avvio di un percorso di riconciliazione nazionale
Lo facciamo nel solco dei tradizionali rapporti di amicizia e collaborazione bilaterale e del pieno sostegno al processo di riforme e allo sviluppo del Paese.
 
Oggi possiamo dirci ragionevolmente ottimisti per l’evoluzione della situazione europea.
La campagna vaccinale ci sta permettendo di contenere in maniera efficace la pandemia.
La ripresa economica procede rapida, e il programma Next Generation EU ci fa guardare con fiducia a una stagione di riforme e investimenti.
Tuttavia, permangono diverse sfide, a partire dalla gestione della migrazione, che dobbiamo affrontare con attenzione per venire incontro alle richieste dei nostri cittadini.
L’Unione Europea è la sede giusta per risolvere questi problemi, ma è importante che i nostri partner comprendano l’urgenza di trovare soluzioni rapide e condivise.
Il vostro sostegno è determinante per portare avanti gli interessi italiani in Europa.

 

 

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