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Il Cav. va di fretta sul partito unico, ma Salvini pensa a Orbán

Valerio Valentini

Ad Arcore si parla di unire i gruppi, ma il leader della Lega frena: "E' ancora tutto da definire". Poi riunisce gli europarlamentari e rilancia: "Mai nel Ppe". La lite tra Ronzulli e Carfagna. E a Milano il centrodestra resta senza candidato

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La fretta del Cav., i timori di Salvini. Ormai il copione è questo. E così, se dal quartier generale di Arcore lasciano intendere che la costituzione di gruppi congiunti in Parlamento potrebbe essere “questioni di giorni”, il capo del Carroccio scarta di lato. E infatti martedì pomeriggio, quando ha riunito in una sala di Montecitorio la delegazione degli europarlamentari, in riferimento all’unificazione delle truppe leghiste con quelle azzurre ha parlato di “un percorso lento e graduale, ancora da definire”. E insomma non sembra una forma di dissimulazione, la perplessità che Riccardo Molinari mostra uscendo dal suo ufficio: “Noi qui non ne sappiamo niente, sono trattative che avvengono ai più alti livelli”.

 

Solo che nell’imperscrutabilità dei voleri dei capi, l’intendenza si spazientisce. E così l’ipotesi di affidare proprio a Molinari la reggenza del gruppo unico del nascituro “Centrodestra italiano” alla Camera (mentre al Senato spetterebbe all’azzurra Anna Maria Bernini), a parecchi dei deputati di FI appare come un blitz, “proprio ora che dovremo discutere della successione di Occhiuto”, nel frattempo candidato alla presidenza della Calabria. E così nel caos generale si finisce con Licia Ronzulli, che alla corte del Cav. è la più favorevole all’abbraccio di FI con Salvini, che punzecchia Mara Carfagna (“Evviva! Si allarga la platea di chi era contrario, e che oggi plaude all’idea di Berlusconi sul partito unico”), e la ministra del Sud che replica alla collega senatrice (“A te che sei responsabile dei rapporti con gli alleati l’arduo compito di convincerli a convertirsi all’atlantismo, all’europeismo e ai valori del popolarismo europeo”). Percorso in verità ancora lungo, se è vero che martedì, parlando ai suoi europarlamentari, Salvini è tornato a dire che “di entrare nel Ppe non se ne parla proprio”, e che invece la strada è quella che porta “a un grande gruppo a destra dei popolari, con Orbán e Morawiecki. E del resto, che nell’ansia di unire ciò che è diviso si finisca col dividersi sul resto, lo dimostra l’affaire milanese: la candidatura di Oscar di Montigny sembrava cosa fatta, e invece ieri sera tutto è naufragato.

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