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Pandemia e governatori

Draghi manda vaccini e tecnici per le regioni nel caos. Il metodo dell'affiancamento

Un milione di dosi Pfizer in arrivo

Carmelo Caruso

Affiancare le regioni, suggerire l'uso della piattaforma Poste per evitare il caos prenotazioni. C'è fiducia nell'arrivo massiccio a partire da aprile di nuove dosi. Sprint di Orlando sulle vaccinazioni nei luoghi di lavoro

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L’intenzione non è punire, ma affiancare. Non ci saranno regioni commissariate e non ci saranno processi popolari malgrado “le disomogeneità” e “il qui facciamo a modo nostro”. Le azioni di Mario Draghi per evitare l’indefinito sono queste: un piano che ordina la categoria “servizi pubblici” che ha permesso a ogni regione di decidere autonomamente quale fosse servizio pubblico (avvocati? giornalisti?). La piattaforma di Poste Italiane come piattaforma “suggerita” per evitare l’effetto Lombardia. Un milione di dosi Pfizer aggiuntive che verranno distribuite alle regioni.

 

Non si farà guerra ai governatori ma si governeranno i dati finora ingovernati. E’ vero che durante la sua prima conferenza stampa è stato lo stesso presidente a dire che le regioni si “sono troppe volte mosse in ordine sparso e che questo non va bene”, ma sul serio non c’era nessuna voglia di incrinare un rapporto, di cercare colpevoli, di urlare al mondo che chi “sbaglia paga” come ha fatto, ieri, Matteo Salvini con la “sua” Lombardia. Questa è impudenza e Draghi non è un impudente.

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Il governo ha la forza e può fare valere poteri di coordinamento. E’ l’articolo 120 della Costituzione che lo disciplina e anche la legge La Loggia permette poteri sostitutivi. Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza, è un giurista e conosce le stanze del diritto, ma preferisce l’intesa fra gentiluomini che vale sempre più della mezza minaccia. Il rapporto con Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza stato-regioni, si vuole salvaguardare e c’è fiducia nelle doti diplomatiche della ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini che è destinata a essere la protagonista dei prossimi giorni.

 

Al governo stanno organizzando dei  “tavoli di collaborazione” che si apriranno da domani moltiplicandosi. C’è una differenza con le vecchie “cabine di regia”. Innanzitutto lo spirito non è di conflitto e si confida tutto nell’arrivo a partire da aprile, spalmati nel secondo trimestre, di 52 milioni di dosi, che saranno ulteriori 80 milioni nel terzo. Ieri mattina, nella riunione che Draghi ha avuto con il commissario Fabrizio Curcio e con il generale Figliuolo si è parlato dello stato di approvvigionamento dei vaccini e della necessità di sapere cosa funziona e cosa non funziona territorio per territorio.

 

La novità è che le regioni non potranno più dire: “Nessuno ci ha aiutato”. Da Roma, sono già partiti dei “parà del vaccino”. Sono tecnici, professionisti, individuati dal dipartimento della Protezione civile e altri dal ministero della Difesa. I primi sono stati spediti in Calabria. Altri saranno presto inviati in Sicilia. Non significa “commissariare”, ma comprendere quali sono le falle: logistica, medici, sistemi di prenotazione. C’è la consapevolezza, da parte del governo, che al momento mancano le fiale e che iniziare la caccia all’errore non aiuta. Ma c’è anche la convinzione che i ritardi e la confusione sono stati causati dalla vaghezza del passato. Si tratta del primo piano vaccinale, un piano che ha consentito l’interpretazione e l’arbitrio regionale. Ha dato priorità a operatori sanitari, alle Rsa, ma non ha precisato la categoria “servizi pubblici”.

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I direttori sanitari la chiamano infatti “la zona grigia” dove i furbetti si sono infiltrati. E’ quella palude normativa che il nuovo piano Draghi bonifica per sempre suddividendo la priorità per fasce d’età. E in queste ore, in aggiunta, si sta muovendo anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Sta spingendo al massimo per stipulare protocolli nazionali fra categorie. E non può che essere una cosa giusta. Da Palazzo Chigi ripetono ancora che finora il lavoro più grosso è stata la “ricognizione”. Siamo sempre ai numeri che non arrivano. Quando si metterà mano al sistema sanitario, e per i ministri del Pd quando tutto finirà andrà fatto, non si potrà che ripartire da questo: la sanità informatica.

 

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Dicono che Draghi sia rimasto molto perplesso dalla decisione di non servirsi di un sistema informatico come quello messo a disposizione da Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane. Un servizio di prenotazione che nelle regioni dove è stato adottato ha funzionato benissimo. Un sistema gratuito messo a punto da ingegneri di primissimo ordine e chiaramente più avanzato di qualsiasi altro sistema regionale pur avanzato. Ebbene, solo sei regioni avevano deciso di servirsene: Sicilia, Calabria, Marche, Abruzzo, Basilicata. La sesta era la Lombardia che già il 3 marzo aveva chiuso un accordo con Poste. Aria, l’agenzia regionale, in pratica, era già stata commissariata prima che Salvini potesse dire “l’abbiamo commissariata”.
 

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