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Carlo Tognoli raccontato da Paolo Pillitteri. "Seppe coniugare la modernità con la storia di Milano"

Luca Roberto

L'ex sindaco socialista di Milano è morto a 82 anni. "Era un riformista vero. Colse la grande trasformazione della città. Un punto di riferimento importante per Craxi", ci dice il suo successore a Palazzo Marino

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È morto a 82 anni l'ex sindaco di Milano Carlo Tognoli. Socialista, ha governato la città per un decennio, dal 1976, quando si trovò a raccogliere l'eredità di Aldo Aniasi, al 1986, anno in cui lasciò il testimone nelle mani di Paolo Pillitteri a Palazzo Marino. "Siamo cresciuti insieme. Ricevere questa notizia è stato come vedermi scorrere un film davanti per l'ultima volta", racconta al Foglio il suo successore. "Non c'è un unico ricordo ma una frequentazione ininterrotta. L'ho sempre definito un sindaco laborioso. Gli dicevo: 'Sei del Labour Party'. Mai superficiale, un fatto raro in una fase storica in cui la politica già iniziava a risentire delle ingerenze mass-mediatiche". 

 

Erano gli anni della Milano al solito pragmatica, attraversata però dalla cappa del terrorismo, che presto sarebbe mutuata in "da bere". E in cui risiedeva la classe dirigente del Partito socialista italiano, che agli albori degli  80 avrebbe condotto Bettino Craxi direttamente a Palazzo Chigi, a mescolare il riformismo ambrosiano con l'antropologia politica della capitale. "Craxi aprì al concetto di 'gruppo dei giovani'. Ci trovavamo quasi automaticamente vicino a lui, a Claudio Martelli. Fu una specie di crogiolo, di griglia, nella quale Bettino era capace di valorizzare le qualità di ciascuno di noi. Nel gruppo, Tognoli rappresentava un punto di riferimento amministrativo. Tant'è vero che dopo aver fatto il sindaco Craxi lo volle ministro delle Aree urbane, perché aveva sviluppato una conoscenza profonda delle città".

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Cos'è rimasto della Milano forgiata dalle idee di Tognoli? "E' una città nata nel segno delle riforme. Qualsiasi sindaco qui non può che essere riformista. E successo anche con il liberalriformimo di Albertni e adesso con Beppe Sala. La sua amministrazione coincise con una profonda trasformazione dopo gli anni 70, negli anni in cui la Milano industriale cominciava a diventare terziaria. Con l'avvento degli anni 80 colse l'arrivo di una nuova Milano, ma non si abbandonava alle facilonerie. Sapeva che bisognava coniugare la modernità che stava arrivando con la storia e la tradizione di Milano. Credo sia uno dei suoi insegnamenti più brillanti". 

 

Pillitteri, per altro, con Tognoli condivise anche la fine dell'esperienza politica socialista, il grande reset di Mani Pulite, le indagini e gli anni di processi. Anche per questo verso c'è una cosa che li accomuna: le assoluzioni negli innumerevoli processi in cui sono stati iscritti nel ruolo di imputati. "Cosa vuole che le dica. Giudicheranno gli storici. C'est la vie, è il mio motto. Si vede che doveva andare così", commenta come se il peso di quegli anni, filtrato di una nuova consapevolezza, non gravi più come un tempo sulla serenità di un uomo della sua esperienza. C'è un ultimo aneddoto che ci vuole confidare, che la lega all'amico Carlo? "Il 29 maggio del 1980 eravamo stati a trovare la moglie di Walter Tobagi, ucciso dalle Brigate rosse. Passeggiavamo in Galleria e ci guardavamo, io e lui, come sgomenti. Pensavamo: ma porca miseria! Com'è possibile che sia successo! A un tratto incontrammo Monsignor Ernesto Pisani. Ci disse: 'Ricordatevi, non praevalebunt'. Ci siamo guardati come per dire: che strano. Noi socialisti per trarre un po' di conforto abbiamo avuto bisogno delle parole di un prete". 

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