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Il silenzio di Arcuri

Luciano Capone

Niente conferenze stampa da due settimane né interviste in tv. La quiete del Commissario nell'èra Draghi è un sintomo della sua fragilità dopo la caduta di Conte, ma anche di un suo punto di forza: la capacità di adattamento 

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Per la seconda settimana consecutiva niente conferenza stampa del Commissario straordinario Domenico Arcuri, quella in cui venivano snocciolate le cifre sulla pandemia e sulla campagna di vaccinazione. L’ultima risale al 5 febbraio, quando il presidente Sergio Mattarella aveva appena affidato a Mario Draghi l’incarico per formare un nuovo governo. La settimana successiva, il 12 febbraio, l’appuntamento è stato rinviato per “rispetto istituzionale”, poiché Draghi avrebbe dovuto presentare la lista dei ministri. Una motivazione poco comprensibile, visto che nel frattempo si sono regolarmente svolte le conferenze stampa dell’Istituto superiore di sanità. Ieri l’incontro con la stampa di Arcuri è saltato di nuovo, e stavolta non si conosce il motivo. 

Una volta Arcuri era onnipresente, dichiarazioni, incontri con i giornalisti, interviste, apparizioni televisive (da Fabio Fazio a Lucia Annunziata passando per Barbara D’Urso): su base quotidiana informava i cittadini, esprimeva le sue opinioni sul carattere degli italiani, dichiarava guerra alle multinazionali, rispondeva alle critiche dei giornalisti. Il commissario era il volto pubblico dello stato nell’emergenza ed era diventato anche lo stratega della comunicazione sui vaccini, ideando la “campagna identitaria” con tanto di slogan (“l’Italia rinasce con un fiore”), logo (il fiore fucsia) e “luoghi evocativi” (i padiglioni vaccinali a forma di primula, appunto). Ora, invece, c’è solo quiete. Arcuri non compare né comunica. 

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Per la seconda settimana consecutiva niente conferenza stampa del Commissario straordinario Domenico Arcuri, quella in cui venivano snocciolate le cifre sulla pandemia e sulla campagna di vaccinazione. L’ultima risale al 5 febbraio, quando il presidente Sergio Mattarella aveva appena affidato a Mario Draghi l’incarico per formare un nuovo governo. La settimana successiva, il 12 febbraio, l’appuntamento è stato rinviato per “rispetto istituzionale”, poiché Draghi avrebbe dovuto presentare la lista dei ministri. Una motivazione poco comprensibile, visto che nel frattempo si sono regolarmente svolte le conferenze stampa dell’Istituto superiore di sanità. Ieri l’incontro con la stampa di Arcuri è saltato di nuovo, e stavolta non si conosce il motivo. 

Una volta Arcuri era onnipresente, dichiarazioni, incontri con i giornalisti, interviste, apparizioni televisive (da Fabio Fazio a Lucia Annunziata passando per Barbara D’Urso): su base quotidiana informava i cittadini, esprimeva le sue opinioni sul carattere degli italiani, dichiarava guerra alle multinazionali, rispondeva alle critiche dei giornalisti. Il commissario era il volto pubblico dello stato nell’emergenza ed era diventato anche lo stratega della comunicazione sui vaccini, ideando la “campagna identitaria” con tanto di slogan (“l’Italia rinasce con un fiore”), logo (il fiore fucsia) e “luoghi evocativi” (i padiglioni vaccinali a forma di primula, appunto). Ora, invece, c’è solo quiete. Arcuri non compare né comunica. 

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Da un lato sicuramente il Commissario avverte un senso di precarietà dato il mutato contesto politico. Senza Giuseppe Conte a Palazzo Chigi non c’è più la protezione assoluta di chi gli aveva affidato tutte le decisioni più delicate. Per giunta, in maggioranza è entrato chi come Matteo Salvini nel mezzo delle trattative governative ne chiede pubblicamente la testa: “Ci sono stati problemi sulle mascherine, sulla scuola, sui vaccini, sull’Ilva, tutti settori in cui ha lavorato il commissario Arcuri: mi sembra evidente cosa si possa pensare di lui”, ha dichiarato il leader della Lega. E’ evidente che il Carroccio dopo la conferma di Roberto Speranza al ministero della Salute, e quella probabile dei sottosegretari Sandra Zampa (Pd) e Pierpaolo Sileri (M5s), cerchi un segno di discontinuità e Arcuri rappresenta il bersaglio grosso. Ai problemi politici se ne sommano altri, come l’inchiesta sul maxi acquisto di mascherine da 1,25 miliardi affidato ad aziende cinesi, attraverso la mediazione di persone che lo conoscevano, che seppure non veda Arcuri coinvolto dal punto di vista giudiziario è un brutto colpo per l’immagine della gestione degli approvvigionamenti. All’inchiesta si aggiungono i problemi della campagna vaccinale. A prescindere dalla scarsità delle dosi, che non dipende dal Commissario, il ritmo delle vaccinazioni da metà gennaio ha subìto una flessione evidente rispetto agli altri paesi Ue che hanno gli stessi approvvigionamenti: a gennaio l’Italia era ai vertici per numero di dosi somministrate in rapporto alla popolazione, ora è scivolata sotto la media Ue superata da oltre una decina di paesi. Inoltre il premier Draghi ha detto chiaramente in Senato che c’è bisogno di un’accelerazione sul piano vaccinale, bocciando l’idea delle “primule”.

 

Il silenzio di Arcuri rappresenta, certo, questa sua condizione di fragilità. Ma anche il suo punto di forza, ovvero la capacità darwiniana di adattamento di un uomo capace di sopravvivere ai cambiamenti di governo di tutti i colori. Dopo un anno di sovraesposizione mediatica, in scia delle dirette Facebook di Conte, Arcuri ha compreso che con l’arrivo di Draghi è cambiato l’ambiente: regna il silenzio. C’è sempre il problema di Salvini, ma con Giancarlo Giorgetti ministro dello Sviluppo Arcuri sa che potrà mettere a disposizione del più draghiano dei leghisti le sue capacità, da ad di Invitalia, di risolvere in qualche modo problemi e crisi industriali. Come ha fatto con tutti i ministri arrivati con l’intenzione di cacciarlo e che poi si sono affidati a lui. Ma per potersi adattare al nuovo contesto, c’è bisogno che si abbassino i riflettori. Per questo, il silenzio è d’oro.

 

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