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La polveriera Pd

David Allegranti

I problemi di Zingaretti: la rappresentanza femminile, i sottosegretariati (e Conte)

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“Prima facciamo il governo, poi si discute”, ci dice un autorevole dirigente del Pd, descrivendo bene lo stato d’animo del partito di Nicola Zingaretti, nel quale abbonda lo scontento, sepolto da un dissimulato unanimismo destinato col tempo a evaporare. I fronti sono molti. C’è la questione congressuale, ormai aperta con l’ultima direzione nazionale, quella che ha dato il via libera al governo Draghi. Base Riformista, per ora, non va all’attacco frontale. Anche perché prima c’è da dare la fiducia al governo. Gli argomenti di discussione però non mancano. Come il caso Conte, la cui candidatura a Siena è tutt’altro che tramontata. I vertici di Br lo vorrebbero, semmai, candidato sindaco a Roma e ieri sera s’è svolta la direzione regionale del Pd toscano per “respingere” – dicono da Firenze con uso eloquente delle parole, prima dell’inizio del vertice  – lo sbarco di Conte nella città del Palio. Simona Bonafè, la segretaria del Pd toscano, è molto arrabbiata con Roma per certe sortite, anche se nel partito c’è chi sarebbe a favore del Conte senese. Dal suo vicesegretario Valerio Fabiani all’ex presidente della Regione Enrico Rossi.

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“Prima facciamo il governo, poi si discute”, ci dice un autorevole dirigente del Pd, descrivendo bene lo stato d’animo del partito di Nicola Zingaretti, nel quale abbonda lo scontento, sepolto da un dissimulato unanimismo destinato col tempo a evaporare. I fronti sono molti. C’è la questione congressuale, ormai aperta con l’ultima direzione nazionale, quella che ha dato il via libera al governo Draghi. Base Riformista, per ora, non va all’attacco frontale. Anche perché prima c’è da dare la fiducia al governo. Gli argomenti di discussione però non mancano. Come il caso Conte, la cui candidatura a Siena è tutt’altro che tramontata. I vertici di Br lo vorrebbero, semmai, candidato sindaco a Roma e ieri sera s’è svolta la direzione regionale del Pd toscano per “respingere” – dicono da Firenze con uso eloquente delle parole, prima dell’inizio del vertice  – lo sbarco di Conte nella città del Palio. Simona Bonafè, la segretaria del Pd toscano, è molto arrabbiata con Roma per certe sortite, anche se nel partito c’è chi sarebbe a favore del Conte senese. Dal suo vicesegretario Valerio Fabiani all’ex presidente della Regione Enrico Rossi.

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C’è poi la questione della rappresentanza femminile scoppiata nel fine settimana (la segreteria non ha indicato donne per i ministeri del governo Draghi). “La questione donne nel Pd è grave ma il dibattito postumo è inutile. Bisognava pretendere prima una delegazione diversa”, ci dice però Alessia Morani, già sottosegretaria nel governo Conte, smarcandosi dalle lamentazioni delle altre donne del Pd. Al Nazareno  però c’è chi avrebbe pensato a una compensazione: l’indicazione di sole donne per i sottosegretariati. La prospettiva viene vista con consistente spavento da parte degli ex sottosegretari uomini, appena congedati, del fu governo Conte. “Tutte donne? Non mi risulta che sia la posizione ufficiale…”, dice uno di loro sfuggendo.

   

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La vicenda  sembra marginale, ma rischia di entrare a pieno titolo nel dibattito congressuale o persino di anticiparlo. Addirittura?, si dirà.  Secondo Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente uscente, vicino a Goffredo Bettini, “il problema è il partito. Che cosa è il Pd e la natura della sua vita interna… Il problema delle donne nel Pd e nelle rappresentanze elettive o di governo va legato e valutato alla luce di questa condizione generale del Pd. Non mi pare un tema incidentale di oggi tantomeno una responsabilità del segretario. Mettiamoci un po’ tutti in esame”. Pare insomma — e qui sta il punto — che lo strumento-Pd non sia più adeguato: “La necessità di tentare oggi un processo ‘costituente’ per un soggetto politico democratico ma costruito su basi associative diverse da quelle attuali si rende necessario anche alla luce della nuova fase politica che segna, secondo me, un declino (forse momentaneo) dei populismi e un ritorno alla politica e alla egemonia sui contenuti e sulle scelte”, dice Morassut. Poi c’è la questione giustizia, che non sembra – per ora – creare problemi interni al Pd. Al partito di Zingaretti, però, spetta un compito: deve cercare di convincere gli alleati a ritirare gli emendamenti sulla prescrizione, per evitare che il governo parta male sulla giustizia: “Ora, anche solo per rispetto della nuova ministra, occorre soprassedere ad ogni prova di forza o blitz muscolare in commissione”, ci dice il deputato Alfredo Bazoli. “Siamo in una fase nuova, la questione va affrontata ma senza mettere le dita nell’occhio a un partner di maggioranza. Sarebbe un passo falso in partenza. Chi ha presentato gli emendamenti li deve ritirare e stop. Poi ne ridiscuteremo con la Cartabia. E’ puro buon senso politico”. Basterà a convincere gli alleati?

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