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Dalla ricerca alla politica

Chi è Patrizio Bianchi, il nuovo ministro dell’Istruzione.

Mario Leone e Carlo Carù

Dalla cattedra alla regione Emilia Romagna, fino alla task force della ministra Azzolina, della quale prenderà il posto: "Dobbiamo fare una scuola nuova, ce la faremo tutti insieme”

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Classe 1952, Bianchi si laurea nel 1976 alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, per poi perfezionare i propri studi alla London School of Economics, con il professore Basil Yamey. Nel 1980 diventa ricercatore presso la facoltà di Economia dell’Università di Trento, e nel 1986 vince la cattedra di Professore associato di Politica Economia all’Università di Bologna, dove nel 1994 diventa professore ordinario. Dal 2004 al 2010 viene nominato Rettore ricoprendo anche il ruolo di Professore Ordinario di Economia applicata. La sua carriera accademica incrocia la vita politica: per dieci anni è assessore all’Istruzione in Emilia Romagna dove affronta le terribili conseguenze del terremoto del 2012 e si spende per riprendere subito l’attività scolastica.

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È storia recente quella che lo ha visto coordinare la task force che ha dato supporto al ministro Azzolina nella gestione della ripartenza scolastica. Tra Bianchi e Azzolina il rapporto si è concluso con amarezza e delusione. L’accademico ha visto ignorate tutte le sue proposte in materia di scuola, accusando Azzolina di non aver pubblicato il documento conclusivo prodotto dalla task force, atto che avrebbe reso fattive le proposte per riaprire le scuole. In una intervista al Foglio dell’agosto scorso Bianchi tuonava: “Il piano scuola c’è, esiste, ed è stato consegnato al ministro dell’Istruzione […] C’è probabilmente una parte del piano che non è stata particolarmente apprezzata dalla ministra, forse perché è 'copernicana', di sistema, malgrado affondi le sue radici nel passato”.
  

 

Bianchi vedeva nell’emergenza pandemica una grande possibilità per riformare in maniera strutturale la scuola, prima di tutto creando condizioni certe per la riapertura a settembre degli istituti (tutti sappiamo come sia andata a finire la riapertura) e per ammodernare uno dei punti fondamentali per la crescita di una nazione, sempre più vittima di burocrazia, sindacati e incapacità di mettersi in gioco. Nel suo ultimo libro, “Nello specchio della scuola” (edizioni Il Mulino), Bianchi espone la sua idea di scuola: “È tempo di investire in educazione, non solo per superare l’emergenza Covid, ma per guardare oltre, per ritrovare quel cammino di sviluppo che sembra essersi perduto nei lunghi anni in cui hanno prevalso individualismo e populismo e che deve fondarsi sui valori definiti nella nostra Costituzione. Il nuovo secolo della connessione continua ha bisogno di cittadini portatori, oltre che di contenuti, di creatività, lavoro di squadra, capacità di astrazione e di sperimentazione, senso di orientamento per poter navigare in mari aperti. La scuola deve rispondere a queste esigenze e muoversi, insieme al Paese, nel senso di marcia di uno sviluppo inclusivo e sostenibile”. La missione del neo ministro non sarà semplice, ma l’appoggio di Draghi potrebbe facilitare il suo operato.

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Intercettato qualche secondo dopo la nomina, Bianchi afferma: “Sono molto contento ed emozionato per questo incarico. Sono sicuro che avrò l’aiuto di tutti. Dobbiamo fare una scuola nuova, ce la faremo tutti insieme”. Come sarà la sua nuova scuola? Sicuramente punterà sull’autonomia (vera e fattiva) degli istituti che dovranno scegliere responsabilmente l’indirizzo delle scuole dentro le “grandi cornici ministeriali”. Il professore immagina una scuola inclusiva e moderna che includa tecnologia, coding, arte, musica, sport e vita pubblica. Una scuola pensata e fatta per i ragazzi, che sappia dialogare con loro e creare tutte le competenze tecniche del futuro. Ci riuscirà? Staremo a vedere.

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