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Con il “governo di tutti” targato Draghi i talk-show devono reinventarsi

Serena Magro

E' finita l'era dei sovranisti di qua, gli europeisti di là: la nuova sfida della tv implica dare spazio a tutti i colori dell'arcobaleno del consenso

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Sarà dura con Mario Draghi mandare avanti l’industria del talk-show nazionale, ma non c’era alternativa. Si riproduce, come sempre, il travaglio della politica nella sua rappresentazione e caricatura del dibattito tv. Perché sì, ora bisogna trovare un modo per convivere con Draghi, bisogna riabilitare la complessità e la problematicità, roba vietata finora, come vietate, odiate, erano le sfumature. Ma ora in che cosa ci si dovrà esercitare se non nelle mille sfumature con cui tutti, ma ciascuno a modo suo, appoggeranno il lavoro del governo Draghi. Un repertorio di parole prima bandite dovrà essere prontamente recuperato per trovare il modo di spiegare che Forza Italia è d’accordo in un modo, il Pd in un altro, Leu in un altro ancora, i 5 stelle a modo loro, i leghisti sono d’accordo ma a schiena dritta, gli europeisti con più disponibilità, e via sfumando e sfumando, fino a esaurire il lessico e, appunto, le sue sfumature. Un lavoro terribile e contrario all’andazzo e alle regole d’ingaggio di anni.

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Sarà dura con Mario Draghi mandare avanti l’industria del talk-show nazionale, ma non c’era alternativa. Si riproduce, come sempre, il travaglio della politica nella sua rappresentazione e caricatura del dibattito tv. Perché sì, ora bisogna trovare un modo per convivere con Draghi, bisogna riabilitare la complessità e la problematicità, roba vietata finora, come vietate, odiate, erano le sfumature. Ma ora in che cosa ci si dovrà esercitare se non nelle mille sfumature con cui tutti, ma ciascuno a modo suo, appoggeranno il lavoro del governo Draghi. Un repertorio di parole prima bandite dovrà essere prontamente recuperato per trovare il modo di spiegare che Forza Italia è d’accordo in un modo, il Pd in un altro, Leu in un altro ancora, i 5 stelle a modo loro, i leghisti sono d’accordo ma a schiena dritta, gli europeisti con più disponibilità, e via sfumando e sfumando, fino a esaurire il lessico e, appunto, le sue sfumature. Un lavoro terribile e contrario all’andazzo e alle regole d’ingaggio di anni.

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Si cambia renzianamente verso tutto d’un colpo, rottamando un passato di divisioni nette, via il bianco o nero e dentro tutti i colori dell’arcobaleno del consenso. La scuola autoriale del talk italiano era cresciuta negli anni con un solo schema in testa e cioè con l’idea fissa di mettere sovranisti contro europeisti che poi nel tempo, riducendosi all’osso, era diventata una specie di cattivi ma efficaci contro buoni ma inconcludenti. Schema che, in quest’ultima semplificazione, era diventato quasi rabbioso nella sua ripetitività per raccontare le fatiche e gli inciampi del governo Conte due e per gestire il malcontento di un paese costretto per mesi a stare in casa e poi a una serie di altre restrizioni. La pandemia e le regole (giuste) necessarie per contenerla hanno segnato una prima doverosa assunzione di responsabilità da parte di un governo notoriamente nato un po’ per caso e lo hanno segnato e il talk nazionale ha avuto un primo confronto con la complessità, perché doveva dar conto di preoccupazioni e paure diffuse e nello stesso tempo provare a sostenere che con le limitazioni alle attività sociali si stava uccidendo la libertà e la stessa possibilità di procurarsi da vivere.

 

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E’ stato un assaggio di quei temi in grado di smontare lo schema bianco/nero ma l’industria del talk era riuscita a superare le difficoltà, scindendo i due momenti. C’era la denuncia indignata dei rischi cui veniva esposta la popolazione, e si poteva applicare lo schema bipolare sull’asse capaci/incapaci e c’era la denuncia delle attività bloccate e nuovamente le polarità erano due, a dividere i nemici del business dagli apritori entusiasti. Ora questa epoca finisce, la polarità semmai è tra governo e Parlamento, o meglio, come sta prendendo piede nel lessico politico, tra governo, cioè Draghi, e partiti. Già in questi giorni è cominciata una narrazione basata su “Draghi dice ai partiti” o “Draghi stupito dalle richieste dei partiti” o “i partiti non capiscono”. E’ chiaro che è una fase di passaggio e presto si passerà dai partiti in generale alle loro varie posizioni. Spicca, come ha notato il Foglio, la soluzione retequattrista, che consiste non nel lasciare ma nel raddoppiare la presenza dei leader più amati nei suoi talk. Perché con Matteo Salvini in maggioranza Giorgia Meloni all’opposizione il dibattito è tutto in casa e la sfumature si riducono al minimo. E gli altri come faranno?

 

 

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