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Rousseau o Socrate?

Il M5s indeciso è a un passo dalla scissione. Dibba vota no

Grillo contro Casaleggio, Di Maio che non la pensa come Dibba

Carmelo Caruso

Prima decidono di chiedere alla base un voto sulla piattaforma Rousseau, ma poi si tormentano sul da farsi. Alessandro Di Battista vota no. Si ragiona anche se inserire fra le possibilità quella dell'astensione. La giornata particolare del M5s

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E’ il loro referendum di naufragio nazionale, l’ultimo dei loro voti patacca. La soluzione? Rinviarlo. Se vince il sì a Mario Draghi se ne andranno quelli del no e se vince il no usciranno quelli del sì. Anche questo si deve a Matteo Renzi. Non ha fatto cadere solo un governo. Rischia di fare separare  Di Battista da Di Maio, Grillo da Casaleggio. Nessuno li aveva mai accompagnati a pochi metri dalla scissione. Oggi, il M5s, ha prima deciso di chiedere alla piattaforma Rousseau un voto sul governo, ma a ora di cena era però indeciso e si interrogava sulla necessità di non decidere. In quale luogo del mondo l’adesione a un governo di salvezza passa dal voto di una carcassa?

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E’ il loro referendum di naufragio nazionale, l’ultimo dei loro voti patacca. La soluzione? Rinviarlo. Se vince il sì a Mario Draghi se ne andranno quelli del no e se vince il no usciranno quelli del sì. Anche questo si deve a Matteo Renzi. Non ha fatto cadere solo un governo. Rischia di fare separare  Di Battista da Di Maio, Grillo da Casaleggio. Nessuno li aveva mai accompagnati a pochi metri dalla scissione. Oggi, il M5s, ha prima deciso di chiedere alla piattaforma Rousseau un voto sul governo, ma a ora di cena era però indeciso e si interrogava sulla necessità di non decidere. In quale luogo del mondo l’adesione a un governo di salvezza passa dal voto di una carcassa?

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Per quale ragione un uomo come Mario Draghi, che è l’italiano chiamato d’urgenza da Sergio Mattarella, deve sottoporsi al giudizio di una piattaforma sbrindellata, contestata, amministrata da un imprenditore milanese che anche il M5s non riconosce? Per la terza volta in pochi anni - e c’è chi si augura che sia davvero l’ultima - la decisione più importante di un partito dovrebbe passare dal server di Casaleggio e dicono che Beppe Grillo questa volta abbia provato imbarazzo al punto da pretendere: “La piattaforma la gestisci tu, ma i quesiti questa volta li formulo io”.

 

Per una lunghissima giornata, nel M5s, si è discusso su come dovesse essere la bozza (“ma davvero sarà un quesito secco? Draghi si o Draghi no?”) si è speculato sulle sfumature della lingua che Casaleggio non padroneggia al contrario di Grillo che è un maestro della metafora, della lingua oscura di cui scriveva Daniel Heller-Roazen (Quodlibet): iperboli, anacoluti, antifrasi. Sono cambiati veramente questi parlamentari del Movimento. Alla Camera e al Senato, ieri non se ne trovava uno che non ritenesse sbagliato consegnare al voto digitale un’emergenza così importante. Altro che democrazia diretta!

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Mai Casaleggio era stato tanto disprezzato che è cosa diversa dall’essere sopportato. In una riunione che i capigruppo delle commissioni 5s hanno tenuto (lunedì sera) è stata criticata la scelta. Si è deciso di fare esprimere Rousseau ma la decisione è stata comunicata con un post che come si sa non è neppure la voce del padrone-garante (Grillo) ma quella del padroncino-ribelle (Casaleggio). Si racconta che l’abbia pretesa per ricordare al mondo della sua esistenza, per rendere complicato al M5s il distacco. Sergio Battelli, che  è uno che pure conta, non era stato chiamato da nessuno. Pure lui ha letto che si sarebbe votato ma solo perché avvisato da una notifica.

 

I “responsabili” del M5s si sono insomma morsi la lingua e hanno atteso che Beppe Grillo si sedesse nuovamente di fronte a Draghi per il secondo giro, che lo ascoltasse e che dai suoi ricci tirasse fuori un appello. Che vita può essere la vita di un senatore o di un deputato del M5s il cui futuro dipende da una diretta social di Alessandro Di Battista? Lo hanno atteso fino alle 18 quando è comparso sul suo profilo e i governisti di movimento hanno notato come pure l’orario fosse un modo per guastare l’aria: “Lo fa alle 18 per sovrapporsi a Vito Crimi che è impegnato con Draghi nelle consultazioni”. Di Battista si è lasciato intervistare da Andrea Scanzi che era un po’ il suo ostetrico: gli tirava fuori tutti gli aggettivi più sconclusionati che non sapeva neppure lui di possedere. Draghi diventava così “l’uomo amato dagli accoltellatori di Giuseppe Conte”. E spiegava ancora che era l’artefice di chissà quale delitto nei confronti della povera Grecia e che lui voterà “no” a questo prossimo governo che sarà “un assembramento parlamentare”.

 

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Era chiaro che faceva campagna elettorale anti Draghi, che voleva suggestionare la base frastornata. Fa parte di una fronda che ha organizzato un evento su Zoom chiamato come ai vecchi tempi “Vaffa day – No governo Draghi”. La più scatenata è Bianca Laura Granato ma con la complicità di Raphael Raduzzi e Alvise Maniero. Sono circa 15 fra Camera e Senato. Ne fa parte anche Barbara Lezzi ma con una posizione tutta sua. Ieri chiedeva di inserire nel quesito una terza possibilità di voto: l’astensione. La notizia è che mentre si chiude questo giornale, il M5s non sa cosa fare. Era un ipotesi votare ma anche non votare. Ed è un successo pure questo loro tormento, il sapere non sapere che fare. Ieri la loro piattaforma si chiamava Socrate.
 

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