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Le mosse della Lega

Salvini già mezzo fuori. Mentre fa l'Amleto, Draghi fa il governo

Cronaca di un pasticcio. Apre a un governo di salvezza nazionale, ma può essere tardi

Carmelo Caruso

Tormentato se appoggiare o meno Mario Draghi, troppo timido malgrado i consigli di Giorgetti. Ora che vuole entrare rischia di restare fuori. La Lega gli chiede una stategia nuova, ma potrebbe non bastare

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Era chiamato a scegliere Mario Draghi ma ha chiesto a Draghi di scegliere per lui: “Dica se preferisce la Lega o  Grillo”.  Il Pd  gli ha chiuso la porta.  Ci voleva questa crisi per mostrare come sta lottando con le angosce che si trascina. Oggi pomeriggio, Matteo Salvini aveva aperto, a suo modo,  a un governo di salvezza  che è il solo modo  di salvare la Lega dal repertorio. Cosa sarebbe stato ripulito  e pettinato alla “francofortese”? Rischia di rimanere fuori anche quando voleva stare dentro.

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Era chiamato a scegliere Mario Draghi ma ha chiesto a Draghi di scegliere per lui: “Dica se preferisce la Lega o  Grillo”.  Il Pd  gli ha chiuso la porta.  Ci voleva questa crisi per mostrare come sta lottando con le angosce che si trascina. Oggi pomeriggio, Matteo Salvini aveva aperto, a suo modo,  a un governo di salvezza  che è il solo modo  di salvare la Lega dal repertorio. Cosa sarebbe stato ripulito  e pettinato alla “francofortese”? Rischia di rimanere fuori anche quando voleva stare dentro.

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Cosa sarebbe una Lega “lucidata” da Draghi? Sembra poco ma è una notizia anche questo dilemma, questo interrogarsi fino alla paranoia che oggi ha agitato Salvini ma che adesso potrebbe non bastare.   E’ questo passaggio che gli consentirà di essere ricordato o come un Calimero di destra o come un leader rivestito. E’ Draghi il suo barbiere, ma se gli impediscono di sedersi, cosa gli rimane? Raccontano che, oggi pomeriggio, quando Salvini ha convocato la sua segreteria politica, anche i suoi gli abbiano detto: “Sei tu a decidere se entrare, ma se la Lega decide di starci, deve starci bene. Astenerci non ha senso. Se va male le colpe saranno ugualmente nostre e se va bene non avremmo nessun merito”. E infatti, quando si è presentato ai giornalisti, insieme a Giancarlo Giorgetti, Salvini si è come offerto al più meritevole d’Italia che lo “incuriosisce” come possono incuriosire i fenomeni con cui bisogna pur sempre confrontarsi per uscirne migliorati.

 

Voleva dire, ma senza riuscire a dirlo, che sarebbe disposto, a stare insieme al Pd, a Fi, e che “l’interesse dell’Italia viene prima di quello del partito”. E si sa che non era proprio come la dichiarava. Giorgetti, che ormai conosce le sue insicurezze e le comprende perché pure lui ha i suoi demoni in corpo, da giorni gli assicura e gli spiega che  “non lo lascerà solo. Vedrai, ci sono io”. E aggiungeva che “Draghi è un fuoriclasse, è come Ronaldo”. Sa che l’unico modo che ha per accompagnarlo verso Draghi è promettergli la sua fedeltà dialettica: “Tu sai quale sia la mia idea, ma poi è la tua che diventa mia”. Oggi è emersa un’attività sotterranea che nella Lega va avanti da giorni e che non ha nulla a che vedere con la cospirazione.

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E’ una richiesta sincera che viene dai territori. In Veneto, gli imprenditori non stanno lasciando scelta a Luca Zaia, uno che non mette in discussione la leadership nazionale ma che non permette che i veneti mettano  in discussione che lui è il più bravo di tutti e che fa i loro interessi. In Friuli-Venezia Giulia, dove governa Massimiliano Fedriga, “la classe produttiva” si attende dalla Lega un progetto, un ingresso con un ruolo importante.  Sbaglia chi  ritiene che si muovono solo perché non vogliono stare fuori dalla partita del Recovery. Suggeriscono a Salvini un’entrata intesa come uno scatto, una nuova strategia anche perché “Draghi non è Mario Monti”. Per favorire la sua disposizione d’animo c’era chi evidenziava che “Giuseppe Conte sta lavorando contro noi. Non ci vuole. Questo è un altro buon motivo per entrare”. Facevano insomma spogliatoio.

 

E va bene lui, ma se anche il Pd è ostile cosa accade? Dicono che Salvini, in segreteria, abbia ascoltato tutti e che fosse disturbato dall’idea di passare per uno che insegue Silvio Berlusconi. Di mattina, Forza Italia, con anticipo, aveva sposato la linea di Maria Stella Gelmini, Gianni Letta, Sestino Giacomoni. C’è stato un confronto con un’altra linea, e non c’è nulla di male. Nei partiti si fa così. Era quella che predicava l’attesa, il muoversi compatti con gli alleati. A ora di pranzo, Fi, che sicuramente aveva bisogno di fare un passo in avanti, applaudiva e  appoggiava Draghi per primo. Per una volta si trovava in mezzo: da una parte Fi che vuole Draghi da subito e dall’altra Giorgia Meloni che con il suo no  a Draghi investe sul futuro. Se non riuscirà ad avvicinarsi al governo cosa potrà dire: che ci ha provato? Ma provato male?  Fino a questa sera nella Lega girava perfino  un’indicazione di tempo. Si ragionava sulla durata: “Il governo Draghi dovrebbe rimanere in carica non più di un anno che è il tempo dell’innamoramento perché dopo si sa che iniziano le divisioni”. E si aggiungeva  che l’accordo avrebbe dovuto  prevedere  un patto per poi eleggere Draghi al Colle. Non si poteva  stabilire di che peso fosse il loro silenzio, ma sia Claudio Borghi e Alberto Bagnai, per una volta, non hanno parlato. Nella Lega c’è chi ha lodato perfino la loro “responsabilità” e chi sintetizzava la tortura di Salvini con queste parole: “E’ la sua ultima occasione per tornare in cielo ma ha paura del paradiso”. Stasera gli rimproveravano sia l’audacia che la timidezza.  

 

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