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Dall'Italia agli Usa

Il trentennio populista

Paolo Cirino Pomicino

Da Grillo a Trump. L’assalto a Capitol Hill dimostra quanto si rischia ad affidarsi a dei parvenu della politica

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L’ultima vicenda americana con l’assalto al Parlamento federale da parte di migliaia di scalmanati aizzati dal presidente Trump sconfitto nelle elezioni ha giustamente sollecitato indignazione da parte di tutti i leader democratici mondiali e ha dato il via a commenti giustamente allarmati. Quel che non abbiamo letto però è la miscela che si crea quando si uniscono in una società nazionale un fiume carsico di rabbia e di sofferenza e una demagogia gestita da un “parvenu” della politica. Le élite politiche occidentali da circa un trentennio hanno iniziato a favorire l’egemonia della finanza sulla economia reale che ha determinato grandi ricchezze per pochi e larga erosione dei redditi del ceto medio, da sempre l’ossatura delle democrazie liberali. Sembra paradossale quel che stiamo per dire ma la povertà può essere drammaticamente sopportata per tutta una vita ma chi si impoverisce impazzisce e il suo primo obiettivo è abbattere i governi o i leader politici di turno.

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L’ultima vicenda americana con l’assalto al Parlamento federale da parte di migliaia di scalmanati aizzati dal presidente Trump sconfitto nelle elezioni ha giustamente sollecitato indignazione da parte di tutti i leader democratici mondiali e ha dato il via a commenti giustamente allarmati. Quel che non abbiamo letto però è la miscela che si crea quando si uniscono in una società nazionale un fiume carsico di rabbia e di sofferenza e una demagogia gestita da un “parvenu” della politica. Le élite politiche occidentali da circa un trentennio hanno iniziato a favorire l’egemonia della finanza sulla economia reale che ha determinato grandi ricchezze per pochi e larga erosione dei redditi del ceto medio, da sempre l’ossatura delle democrazie liberali. Sembra paradossale quel che stiamo per dire ma la povertà può essere drammaticamente sopportata per tutta una vita ma chi si impoverisce impazzisce e il suo primo obiettivo è abbattere i governi o i leader politici di turno.

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Da 30 anni è quanto sta accadendo in occidente e non è un caso che nei suoi circoli finanziari cominci ad affacciarsi un certo fascino verso i modelli orientali in cui coesistono una economia di mercato che lascia grande spazio anche al capitalismo finanziario con un potere politico autoritario. Questo è accaduto anche negli Stati Uniti dove il sogno americano si è progressivamente ridotto alla speranza di diventare ricchi perdendo per strada tanti altri valori, a cominciare dalla libertà effettiva per tutti e dalle istituzioni che ne garantiscono l’esercizio, come l’istruzione universale e la tutela della salute fino alla democrazia in tutte le sue espressioni. L’abbaglio della ricchezza infinita ha oscurato molti altri orizzonti e chi si impoveriva o perdeva il lavoro vedeva il baratro di una difficoltà a garantirsi la tutela dalle malattie nella propria vecchiaia o consentire di far studiare i propri figli. La ricchezza di per sé non è un disvalore ma se la ricchezza di pochi alimenta la povertà di tanti, le reazioni si accumulano e diventano una miscela pronta a esplodere se improvvisamente sulla scena politica si affaccia una energia demagogica ansiosa del potere e priva di qualunque formazione politica e culturale.

 

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E’ quel che è accaduto negli Stati Uniti con l’arrivo di un “parvenu” sulla scena politica quattro anni fa. I professionisti della politica, quelli cioè che hanno accumulato esperienza e cultura di governo, non sono mai demagoghi in un sistema democratico mentre lo sono in sistemi strutturalmente autoritari. Con l’arrivo di Donald Trump sulla scena politica americana, tradizionale teatro dove tutto si enfatizza e diventa grande, quella miscela è esplosa portando quattro anni fa alla sua vittoria. Quando poi è arrivata la sconfitta si è visto il vero volto del populismo trumpiano, fatto prima di violenza verbale e poi di incitazione a profanare il luogo della sovranità popolare, il Congresso degli Stati Uniti d’America. Il populismo è un esercizio pericoloso di una minoranza attiva che si avvale di un linguaggio grossolano e insultante verso le istituzioni del potere democratico. Lo ha detto con chiarezza il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden quando ha spiegato che il Congresso, come tutti i parlamenti, non è la sede di signori privilegiati ma è la sede dei rappresentanti del popolo, da esso indicati e votati.

 

Quelli che appaiono privilegi delle persone sono solo prerogative delle funzioni legislative. Anche in Europa quel populismo si è affacciato ma è stato contrastato in tutti i paesi governati dai partiti e dalle loro culture mentre solo in Italia è diventato transitoriamente il primo partito con il Movimento 5 stelle perché intanto il paese aveva smarrito ogni cultura politica. Tornate con la mente a dieci anni fa e ricordate il linguaggio di Grillo e dei suoi fan: troverete grandi assonanze con il linguaggio di Trump in tutti questi anni. E così troverete grandi similitudini tra i tanti licenziamenti di ministri e collaboratori fatti da Trump con le espulsioni di 47 parlamentari fatti da Grillo, Di Maio e Crimi. Il populismo si avvale sempre della violenza verbale e si organizza con soggetti autoritari inseguendo gli umori quotidiani della società, rinunciando a guidarla perché privo di cultura adeguata. Cento anni fa quel populismo postbellico portò l’Italia al disastro democratico, oggi ci sta portando al disastro economico, ma la speranza non è perduta vista la riduzione dopo solo due anni di quasi due terzi dei voti di quel movimento che diceva di volere aprire il Parlamento italiano come una scatola di tonno, forse per poi buttarlo come una inutile sovrastruttura rispetto al paradiso della democrazia diretta.

 

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