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Europa sì o no?

Uno speciale Scilipoti chiamato Salvini

L’incapacità del leader della Lega di uscire dalla stagione dell’impresentabilità ha costituito per il governo un soccorso infinitamente più prezioso rispetto a quello dei responsabili. Da dove nasce l’impotenza dell’opposizione nella crisi più pazza che c’è

Claudio Cerasa

Per capire dove si nascondono i responsabili che tengono in vita questo governo più che guardare la lista dei senatori del gruppo misto occorre guardare la lista delle ragioni che fanno dell’attuale leadership del centrodestra un’opzione radioattiva per ogni alternativa di governo. Meno salvinismo, più Europa: la vera mossa del cavallo per il centrodestra sarebbe lì, ma nessuno la vuole vedere.

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A riguardarla ancora una volta con il Var, la lunga notte del Senato che ha consegnato alla maggioranza di governo una fiducia quantomeno rocambolesca nasconde alcune piccole e interessanti storie che meritano di essere raccontate per provare a capire la ragione per cui anche chi non vorrebbe più questo governo martedì sera ha aiutato di fatto questo governo ad andare avanti. La prima storia riguarda Matteo Renzi e la domanda che in molti si sono posti, osservando i numeri del pallottoliere di Palazzo Madama, è per quale ragione l’ex presidente del Consiglio abbia scelto di non votare contro un governo che ha scelto lui stesso di mettere in crisi, ritirando le proprie ministre. Risposta numero uno: lo ha fatto per dimostrare alla maggioranza che senza Italia viva non si può andare avanti (10 commissioni su 14 sono, al Senato, senza maggioranza). Risposta numero due: lo ha fatto per evitare che un voto contrario all’esecutivo potesse avere l’effetto non di indebolire il governo ma di frantumare il gruppo parlamentare (un senatore del gruppo di Renzi, Nencini, del Psi, ha già votato sì alla fiducia; altri due, Comincini e Grimani, sono attesi nelle prossime ore nel Pd; altri due ancora, Vono e Carbone, sono corteggiati da giorni dai cosiddetti “costruttori” per provare a dar vita al nuovo gruppo a Palazzo Madama).

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A riguardarla ancora una volta con il Var, la lunga notte del Senato che ha consegnato alla maggioranza di governo una fiducia quantomeno rocambolesca nasconde alcune piccole e interessanti storie che meritano di essere raccontate per provare a capire la ragione per cui anche chi non vorrebbe più questo governo martedì sera ha aiutato di fatto questo governo ad andare avanti. La prima storia riguarda Matteo Renzi e la domanda che in molti si sono posti, osservando i numeri del pallottoliere di Palazzo Madama, è per quale ragione l’ex presidente del Consiglio abbia scelto di non votare contro un governo che ha scelto lui stesso di mettere in crisi, ritirando le proprie ministre. Risposta numero uno: lo ha fatto per dimostrare alla maggioranza che senza Italia viva non si può andare avanti (10 commissioni su 14 sono, al Senato, senza maggioranza). Risposta numero due: lo ha fatto per evitare che un voto contrario all’esecutivo potesse avere l’effetto non di indebolire il governo ma di frantumare il gruppo parlamentare (un senatore del gruppo di Renzi, Nencini, del Psi, ha già votato sì alla fiducia; altri due, Comincini e Grimani, sono attesi nelle prossime ore nel Pd; altri due ancora, Vono e Carbone, sono corteggiati da giorni dai cosiddetti “costruttori” per provare a dar vita al nuovo gruppo a Palazzo Madama).

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Per tattica o per necessità, Renzi, pur non volendo più questo governo, non ha fatto dunque tutto quello che avrebbe potuto fare per evitare di fare andare avanti questo governo (viva la riconciliazione). Ma il ragionamento diventa ancora più gustoso, e persino più interessante, se si ha la pazienza di spostare la nostra inquadratura verso il mondo del centrodestra, che pur sostenendo a parole di voler mandare a casa questo governo ogni giorno compie, più o meno volontariamente, un piccolo atto per aiutare questo governo ad andare avanti. Il piccolo atto, naturalmente, non ha a che fare solo con i voti pescati dalla maggioranza all’interno del centrodestra – una deputata di Forza Italia, Renata Polverini, ha votato sì alla fiducia; due senatori di Forza Italia, ormai ex, hanno votato sì alla fiducia, e sono Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi; due senatori di Forza Italia, che si apprestano a diventare ex, sono pronti a entrare nel gruppo dei costruttori a Palazzo Madama. Ma ha a che fare con un tema ben più importante: l’incapacità del leader del centrodestra, Matteo Salvini, di cambiare registro, di cambiare schema, di cambiare geometria, di reinventare se stesso, di trovare un nuovo spartito, di mettere da parte la stagione dell’anti europeismo e di uscire dalla stagione dell’impresentabilità (come chicca del suo discorso al Senato, martedì sera, il leader della Lega non ha trovato di  meglio che chiudere così il suo intervento: “E ricordo ai senatori a vita che legittimamente voteranno la fiducia ai 5s, cosa diceva il leader dei 5s su di loro, non muoiono mai, o almeno muoiono troppo tardi, che coraggio che avete”).

 

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In un certo senso, la tessera numero uno del partito dei responsabili, intesi come i grandi stabilizzatori di questa maggioranza, non si trova nella tasca dei nuovi spassosi Scilipoti ma si trova proprio nella tasca del leader della Lega, capace, grazie alla truppa degli impresentabili anti europeisti che occupano gli scranni della Lega a Montecitorio e a Palazzo Madama, di rendere accettabile una qualsiasi soluzione che non comprenda la possibilità di vedere un Salvini a Palazzo Chigi.

 

E’ grazie all’incapacità della Lega di resettare il salvinismo se il centrodestra ha iniziato a perdere pezzi alla Camera e al Senato. E’ grazie all’incapacità della Lega di resettare il salvinismo se la maggioranza di governo troverà sempre un argomento valido per dimostrare che un governo senza Salvini è a prescindere da chi lo guida un governo migliore da quello guidato da Salvini. E’ grazie all’incapacità della Lega di resettare il salvinismo se la maggioranza di governo troverà una qualunque scusa per giustificare un equilibrio che possa evitare la strada delle elezioni anticipate. E’ grazie all’incapacità della Lega di resettare il salvinismo se la maggioranza di governo troverà aiuto per andare avanti in una delle quattro gambe del centrodestra (i senatori dell’Udc, De Poli, Binetti e Saccone, potrebbero staccarsi dal centrodestra, in presenza di un Conte ter, per rafforzare la maggioranza). Ma soprattutto è grazie all’incapacità della Lega di resettare il salvinismo se in questa crisi di governo il centrodestra, guidato dalla Lega, non riesce a giocare nessun’altra carta se non quella dell’immobilismo. Se non quella di essere uno spettatore impotente di una crisi in cui se non fosse per la presenza sulla scena del suo leader anti europeista la Lega potrebbe giocare un ruolo unico per tentare di rompere gli equilibri di questa maggioranza provando magari a fare quello che in fondo sognano di fare Matteo Renzi, Gianni Letta, Giancarlo Giorgetti e un pezzo non irrilevante di Pd e di M5s: un governo istituzionale.

 

Il centrodestra guidato da Salvini sa dunque di non essere pronto per governare – Silvio Berlusconi, tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini, non avrebbe dubbi su chi buttare giù dalla torre, e per questo il Cav. non vede l’ora di poter collaborare con la maggioranza di governo per portare a casa uno splendido proporzionale che permetterebbe al suo partito di essere meno ostaggio delle istanze nazionaliste – e per quanto il leader della Lega possa tentare oggi di mettere da parte la sua impresentabilità citando De Gasperi al Senato e condannando le azioni della Russia contro Navalny la verità è che per capire dove si nascondono i responsabili che tengono in vita questo governo più che guardare la lista dei senatori del Gruppo misto occorre guardare la lista delle ragioni che fanno dell’attuale leadership del centrodestra un’opzione radioattiva per ogni alternativa di governo. Meno salvinismo, più Europa: la vera mossa del cavallo per il centrodestra sarebbe lì, ma nessuno la vuole vedere. 

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