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“La crisi non è Rocky”

"Il tempo della lotta nel fango è finito", ci dice Marattin (Iv)

Luca Roberto

“Basta personalizzazioni, se c’è spazio per discutere di cosa serve al paese, percorriamolo”. Parla il presidente della commissione Finanze alla Camera

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Roma. Non saranno le due ore che, nei suoi auspici, sarebbero bastate a risolvere la crisi. Ma certo a Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze alla Camera, non è mancata l’onestà di riconoscere – pure nelle ore più convulse di questa faccenda – che di errori se ne son fatti da ambo i lati. E che se a Conte si rimprovera un lungo elenco di lacune, pure a Renzi, che è suo amico oltre che leader, qualche critica si possa fare. “Questo non è Rocky vs Ivan Drago. Anche perché non saprei che ruolo assegnare all’uno o all’altro”, dice al Foglio il deputato di Italia viva. “Qui stiamo provando a fare politica. E il paese sta rischiando l’osso del collo, anche se temo che in pochi se ne siano accorti. Per cui bando alle personalizzazioni, e se c’è uno spazio per capire se abbiamo idee simili su cosa serva al paese nei prossimi due anni, percorriamolo. Altrimenti ognuno farà le sue scelte, in serenità”. 

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Roma. Non saranno le due ore che, nei suoi auspici, sarebbero bastate a risolvere la crisi. Ma certo a Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze alla Camera, non è mancata l’onestà di riconoscere – pure nelle ore più convulse di questa faccenda – che di errori se ne son fatti da ambo i lati. E che se a Conte si rimprovera un lungo elenco di lacune, pure a Renzi, che è suo amico oltre che leader, qualche critica si possa fare. “Questo non è Rocky vs Ivan Drago. Anche perché non saprei che ruolo assegnare all’uno o all’altro”, dice al Foglio il deputato di Italia viva. “Qui stiamo provando a fare politica. E il paese sta rischiando l’osso del collo, anche se temo che in pochi se ne siano accorti. Per cui bando alle personalizzazioni, e se c’è uno spazio per capire se abbiamo idee simili su cosa serva al paese nei prossimi due anni, percorriamolo. Altrimenti ognuno farà le sue scelte, in serenità”. 

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A meno di 24 ore dalla fiducia (risicata) ottenuta dal governo al Senato, più che soluzioni nell’aria vorticano inquietudini, dilemmi. E chi pensava che l’appuntamento in Aula potesse fare da spartiacque, forse è rimasto ancor più inquieto sul da farsi. “Quello in cui siamo non è un equilibrio stabile. Non lo sarebbe neanche in una situazione ordinaria, e lo è ancor meno in un contesto in cui tra 90 giorni dobbiamo presentare un Recovery plan su cui c’è ancora molto da lavorare”, dice Marattin. “Per cui, sarei un incosciente se pensassi che non si possa e non si debba aprire un’altra fase”. E’ possibile farlo con chi vi ha accusato di preferire gli attacchi mediatici alla leale collaborazione? “Il tempo della ‘lotta nel fango’ è finito. Se il presidente Conte ci volesse incontrare, avrei da chiedergli conto di qualche scelta e avrei soprattutto tante idee di cui discutere per evitare che il paese dopo il Covid vada a sbattere. Ma la scelta su cosa fare o non fare spetta a lui”.

 

Sarà. Ma invece di giocare d’azzardo, com’è stato con la scelta di disertare la prima chiama durante le votazioni al Senato, non potevate sorprendere tutti votando la fiducia? Non sarebbe stata la vera apertura sui “temi e non sulle poltrone”? “Credo che la scelta dell’astensione, considerato lo svolgimento convulso dei fatti, sia stata giusta. Ma ora inizia una nuova partita, che però deve concludersi in fretta. Il paese deve ritrovare un equilibrio politico stabile, qualunque esso sia”, risponde il responsabile economico di Italia viva. Per cui, tra l’altro, vale il seguente principio: “Non si fanno i patti tanto per fare i patti”. Senza spiegare dove si va, come agire. A questo punto non temete il corteggiamento verso i vostri parlamentari? “I gruppi di Italia viva sono fatti di uomini e donne che credono in un progetto riformista, ma che sanno pensare con la propria testa. Ci incontreremo per discutere e spero arriveremo a una posizione comune che investe non solo il presente, ma anche i prossimi anni”. Ma se dal lato del governo, invece, fossero disposti a riconsiderare un vostro contributo nella maggioranza, sareste pronti ad abbandonare il totem attorno a cui, in parte, s’è generata questa incrinatura: il Mes? “Le faccio una provocazione”, confessa Marattin. “Se fossi io a guidare le trattative – e sono felice di non esserlo – ormai non mi farei più promettere l’utilizzo del Mes. Ma che non succeda mai più che una decisione di tale importanza venga presa in base a slogan falsi e populisti, solo perché una forza politica non può rimangiarsi interamente il suo passato anti globalista e anti europeista, sulle spalle e sulle tasche degli italiani”. Altre priorità che portereste al tavolo? “Cominceremmo dalle riforme istituzionali, che ci impediscano di trovarci sempre in queste situazioni di impasse politico-istituzionale”. Forse voleva significare anche questo l’“ora o mai più” gridato a più riprese da Renzi all’indirizzo di Conte l’altro giorno.

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