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verso il conte ter

Così il Pd sta cercando di ricucire lo strappo tra Renzi e Conte

Il M5s si pente dei toni utlimativi: "Forse abbiamo fatto una sciocchezza a tagliare i ponti con Iv". L'ex premier si tiene le mani libere: "Sul ritiro delle ministre decideremo all'ultimo", dicono i suoi. Al Nazareno i responsabili non piacciono. E il Quirinale osserva preoccupato

Valerio Valentini

Le trattative frenetiche dei pontieri: Franceschini e Guerini smussano, Marcucci media, Zingaretti e Di Maio spingono il premier e il senatore di Scandicci a fare un passo indietro. Da dove passa la ricomposizione. L'incognita sulle dimissioni di Bellanova e Bonetti e gli scenari verso il Conte Ter

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Che il tentativo di riconciliazione sia reale, lo dimostra la qualità dei mediatori. Dario Franceschini, dopo un Cdm che lo ha visto esordire con un plauso al "senso di responsabilità di tutti che ha portato all'approvazione di un Recovery molto migliorato" e poi silente quando s'è accesa la baruffa tra Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri, da stamattina è al telefono. Lorenzo Guerini ha imposto ai suoi la consegna del silenzio: "Fidatevi, stiamo trattando". Andrea Marcucci, che tra gli ufficiali di collegamento tra il Nazareno e Matteo Renzi è uno dei più ricercati, s'è preso la briga di farlo perfino in favore di telecamere: "Io non mi arrendo, il Pd non si arrende, Zingaretti non si arrende: dobbiamo fare di tutto per salvare questa maggioranza, senza ricorrere ai responsabili", dice negli studi di La7 il capogruppo dem al Senato. 

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Che il tentativo di riconciliazione sia reale, lo dimostra la qualità dei mediatori. Dario Franceschini, dopo un Cdm che lo ha visto esordire con un plauso al "senso di responsabilità di tutti che ha portato all'approvazione di un Recovery molto migliorato" e poi silente quando s'è accesa la baruffa tra Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri, da stamattina è al telefono. Lorenzo Guerini ha imposto ai suoi la consegna del silenzio: "Fidatevi, stiamo trattando". Andrea Marcucci, che tra gli ufficiali di collegamento tra il Nazareno e Matteo Renzi è uno dei più ricercati, s'è preso la briga di farlo perfino in favore di telecamere: "Io non mi arrendo, il Pd non si arrende, Zingaretti non si arrende: dobbiamo fare di tutto per salvare questa maggioranza, senza ricorrere ai responsabili", dice negli studi di La7 il capogruppo dem al Senato. 

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E così ecco Nicola Zingaretti, ecco anche Luigi Di Maio. Tutti a ribadire l'importanza di un Recovery plan approvato col contributo di tutte le forze della maggioranza, nonostante il periclitante equilibrio delle cose. Un messaggio che a due destinatari: Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Perché entrambi, spingendosi forse oltre il limite consentito nel gioco al logoramento reciproco, hanno messo in pericolo l'unica concreta formula di mediazione: quella, cioè, di un Conte Ter. Tutto s'è incrinato ieri mattina, quando da Palazzo Chigi, stanchi degli attacchi di Italia viva, hanno lanciato l'ultimatum: "Se Renzi ritira le ministre, non si può più lavorare insieme in futuro". Una dichiarazione che ha lasciato sgomento Franceschini, che nulla immaginava. E che ha irritato enormemente anche il responsabile della Difesa, Guerini, altro pontiere di governo. "Uscite profondamente sbagliate", s'è sfogato, invitando i suoi parlamentari a non reagire.

 

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Un garbuglio di malumori, nel partito che più di tutti si sobbarca l'onere della responsabilità, innescato dal risentimento personale di Conte, da quella che il premier chiama "la linea della dignità". Imponendola poi a tutti i parlamentari e i membri di governo del M5s. I quali, se da un lato hanno assecondato le richieste di Rocco Casalino ("Usciamo tutti in batteria, tutti coordinati"), dall'altro, poche ore dopo, rimuginano su quanto fatto col tono di chi s'è pentito. "Abbiamo fatto un mezza sciocchezza a essere così ultimativi", si lascia allora scappare, nei conciliaboli di Transatlantico, Davide Crippa, capogruppo grillino alla Camera. Perché evidentemente la notte ha portato consiglio. E allora risuonano con più forza le prediche che Graziano Delrio dispensava agli alleati grillini nel tardo pomeriggio di ieri: "Guardate che con Renzi bisognerà comunque tornare a trattare, quindi è inutile che vi tagliate i ponti, perché poi sarà più difficile tornare indietro per tutti". E così Di Maio, che a infilarsi nelle contraddizioni del contismo è sempre pronto, prova a intestarsi la rinnovata linea del dialogo. 

 

Ma la notte ha cambiato gli umori anche in casa di Matteo Renzi. Il quale del resto, già nella serata di ieri, si faceva criptico rispetto alle volontà da attuare. E, parlando della conferenza stampa della verità, quella di oggi pomeriggio con le ministre Tersa Bellanova ed Elena Bonetti e col sottosegretario Ivan Scalfarotto, forniva un'anticipazione fumosa: "Per me indipendentemente dalla conferenza stampa di domani pomeriggio dobbiamo da subito assicurare che voteremo le comunicazioni di Speranza, il decreto ristori e lo scostamento di mercoledì", scriveva ai suoi parlamentari. Che certo, in questo saliscendi di tensioni, tanto tranquilli non sono. "La decisione finale sulle nostre dimissioni si prenderà alla luce dello stato di avanzamento delle trattative dell'ultimo minuto", ci dicono dai vertici di Iv

 

E dunque, si tratta. E si tratta. E si tratta ancora. Fino a ipotizzare un incontro tra Conte e Renzi, al momento non in agenda né in programma, dicono a Palazzo Chigi, dove pure riconoscono che le ore che mancano all'eventuale resa dei conti saranno lunghe e gravide di negoziazioni: "Si apre uno spiraglio, la soluzione è più vicina", filtra dall'entourage del premier. A farsi carico di queste mediazioni è, una volta di più, il Pd, che si trova a dover fronteggiare le residue resistenze delle due controparti. Conte non vuole cedere, resta fermo nel suo intendimento di affidarsi a una pattuglia di responsabili: un'ipotesi che al Nazareno, così come al Quirinale, piace assai poco. Renzi lascia intendere che l'unico modo per scongiurare il ritiro delle sue ministre è che il premier vada prima al Quirinale a rimettere il suo mandato. Ma al di là dell'esibizione di muscoli, si cerca di arrivare in tempi rapidi alla stesura di un accordo blindato, un patto di legislatura che prevede senza meno un cambio corposo della squadra di governo, e riconosca a Iv la bontà di alcune sue proposte. Tutto resta aperto. E tutto soggetto al repentino mutare degli umori e degli eventi. Ma la rottura che ieri sera pareva insanabile, oggi forse ri riuscirà a risanarla. 

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