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la crisi di governo

Renzi boccia il nuovo Recovery. "Bisogna prendere il Mes"

Gualtieri, Amendola e Provenzano spingono sugli investimenti e propongono stime di crescita più ottimiste connesse al Pnrr. Il nuovo piano è integrato con altri fondi europei: ma per Italia viva è troppo poco

Valerio Valentini

La nuova bozza del Pnrr accoglie alcune delle proposte del senatore di Scandicci. Ma da Iv mostrano scetticismo: "Questo è maquillage contabile". Ma la questione è (anche) politica. "Matteo andrà fino in fondo", dice la Boschi

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Maria Elena Boschi, a cui in tanti si rivolgono per capire gli umori del capo, lo va ripetendo da un paio di giorno: “Guardate che Matteo tira dritto”. E lui, il Renzi, con quel tono un po’ provocatorio che assume sempre quando sale la tensione, ai suoi confidenti dice che “no, se dopo tutto questo scontro accettassi di tenermi Giuseppe Conte lì dov’è, dovrei cambiare mestiere”. Insomma era prevedibile che il tentativo di riconciliazione tra il premier e il leader di Italia viva fosse proibitivo. E di certo l’ipotesi di offrirgli qualche brandello di Recovery da poter sventolare a beneficio di telecamera, per permettergli insomma di dire che non del tutto invano si è inscenata questa crisi sull’orlo della pandemia, non è stato granché convincente.

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Maria Elena Boschi, a cui in tanti si rivolgono per capire gli umori del capo, lo va ripetendo da un paio di giorno: “Guardate che Matteo tira dritto”. E lui, il Renzi, con quel tono un po’ provocatorio che assume sempre quando sale la tensione, ai suoi confidenti dice che “no, se dopo tutto questo scontro accettassi di tenermi Giuseppe Conte lì dov’è, dovrei cambiare mestiere”. Insomma era prevedibile che il tentativo di riconciliazione tra il premier e il leader di Italia viva fosse proibitivo. E di certo l’ipotesi di offrirgli qualche brandello di Recovery da poter sventolare a beneficio di telecamera, per permettergli insomma di dire che non del tutto invano si è inscenata questa crisi sull’orlo della pandemia, non è stato granché convincente.

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Qualche miliardo in più sulla Sanità e sul Turismo, come richiesto da Iv; uno sforzo retorico per accompagnare le tabelle del Pnrr con una lunga introduzione in cui si valorizzano gli investimenti a discapito degli incentivi, previsioni più ottimistiche circa l’impatto sul pil (dal +2,3 al +3 per cento, entro il 2026). Ma nel complesso, troppo poco per far recedere Renzi da una decisione che pare aver già preso: andare fino in fondo.

 

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E così, quando i parlamentari più vicini a Renzi vengono raccolti virtualmente dalle due ministre Bellanova e Bonetti per analizzare il documento arrivato dagli uffici del Mef, alzano subito il sopracciglio. Perché, nelle tredici pagine che vengono loro fornite, tutto si risolve a quello che in Iv definiscono un “esperimento di maquillage contabile”. Perché è vero che nel computo complessivo le risorse stanziate aumentano di 13 miliardi, ma è pur vero che il nuovo documento prevede l’integrazione dei 209 miliardi del Recovery plan con quelli del Fondo sviluppo e coesione per il Mezzogiorno (20 miliardi) e quelli del React Eu. Soldi che insomma erano già stati in gran parte messi a bilancio, e che andranno a coprire anche progetti già in cantiere. E non è un caso, infatti, se nella sintesi finale sui saldi, i tecnici del ministro Gualtieri – che ha lavorato in questi giorni a stretto contatto col titolare dei rapporti con l’Ue Enzo Amendola e col responsabile del Sud Peppe Provenzano – abbiano tenuto a specificare che quei 13 miliardi in più sono in verità ancora virtuali: sia perché l’effetto leva di alcuni di quegli investimenti potrebbe risolversi in un minore indebitamento, sia perché la Commissione europea potrebbe bocciare o ridimensionare alcuni dei progetti, e dunque meglio abbondare adesso per poi tornare sotto i limiti di spesa consentiti tra qualche mese.

 

“Troppo poco”, sentenziano i parlamentari vicini a Matteo Renzi. Il quale del resto, come Lorenzo Guerini ha spiegato ai colleghi di governo del M5s scettici sulle reali intenzioni del leader di Iv di arrivare alla resa finale, “se anche potesse vincere, in un momento del genere vorrebbe stravincere”. Dimostrando di conoscere il suo vecchio capo. Che infatti ne approfitta subito per ribadire che il Pnrr così non va, perché manca il Mes: e a quei denari per la sanità, per finanziare ospedali e piano vaccinale, è da scellerati rinunciare. Segno insomma che Renzi la pace non vuole siglarla. O, quantomeno, non è disposto ad accettare un armistizio che gli viene offerto da Palazzo Chigi, convinto com’è di poter rivendicare anche buone ragioni di merito, sul punto. Perché nel Pnrr vengono previsti  63 miliardi “per il finanziamento di alcune politiche e specifici progetti già in essere”, nella logica della finanza sostitutiva: conviene, cioè, ricorrere ai prestiti europei piuttosto che al debito ordinario. Che è proprio la stessa dinamica che rende conveniente l’accesso alla linea di credito del Mes. 

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