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Il personaggio

Lamorgese, la prefetta sacrificale: il Viminale nel risiko del Conte ter

Il ministero dell'Interno potrebbe andare a Guerini o a Orlando. Ma la titolare non commenta, lavora e guarda al Quirinale, il suo grande sponsor

Simone Canettieri

L'unico tecnico dell'esecutivo è a rischio per far spazio alle richieste dei partiti. Un film già visto per chi ha preso il posto di Salvini. Ma forse è un falso allarme, come quando la dichiararono positiva al coronavirus, ma stava benissimo

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Non scalpita. “Lavora come sempre, h24”. Ma è serena? “Serenissima”. Ma è consapevole? “Certo”. D’altronde è un prefetto (seppur in pensione), massima rappresentazione tecnica nello Stato della mobilità e della carriera a tempo.  Oggi qui, domani chissà. Al Viminale c’è la consegna del silenzio. Queste sono le disposizioni della titolare: non si commenta e non si alimenta alcun rumore di sottofondo. Bastano quelli già presenti.

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Non scalpita. “Lavora come sempre, h24”. Ma è serena? “Serenissima”. Ma è consapevole? “Certo”. D’altronde è un prefetto (seppur in pensione), massima rappresentazione tecnica nello Stato della mobilità e della carriera a tempo.  Oggi qui, domani chissà. Al Viminale c’è la consegna del silenzio. Queste sono le disposizioni della titolare: non si commenta e non si alimenta alcun rumore di sottofondo. Bastano quelli già presenti.

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Luciana Lamorgese sa, intuisce, legge i giornali, parla con i suoi collaboratori. Ma è rassegnata alla volontà del signore della politica che tutto governa nelle istituzioni. Sia fatto dunque il destino del rimpasto, anche se dovesse essere proprio il suo ministero – quello dell’Interno riportato a una vita istituzionale dopo l’anno “bestiale” di Matteo Salvini – a rimetterci. Il tutto, se dovesse essere, con un amaro senso della sorte: l’unico tecnico del governo sacrificato sull’altare del Conte ter per sbarrare la strada, magari, a un altro governo, questo sì guidato da un super tecnico, qual è Mario Draghi. Gli  strani incroci della politica.

 

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E allora forse al Viminale arriverà direttamente catapultato dal Nazareno Andrea Orlando, che del Pd è vicesegretario. Oppure ecco con un volo solo andata dalla Farnesina Luigi Di Maio, leader del M5s. Oppure no: c’è Lorenzo Guerini, dalla Difesa, con già un’esperienza di graduati e gerarchie alle spalle. 

 

Più il toto-nomi impazza, più Lamorgese prende appunti mentalmente. Tace e va comunque avanti. Ieri, nel bel mezzo di questa sinfonia di voci stridule, ha presieduto dal Viminale il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

 

Un appuntamento convocato per iniziare a dare sostanza al piano vaccini, per  scuotere il gigante della speranza anti-covid, finora  con i piedi d’argilla. Con lei, il commissario Domenico Arcuri, altro tecnico di provenienza, ma ormai  al centro di beghe politiche. Tanto che se potessero nella maggioranza rimpasterebbero volentieri più lui che lei. Ma anche in questa occasione né una parola, né un sospiro, dall’ex prefetta di Milano con la passione per i fiori.  

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Anzi, Lamorgese ha iniziato a buttar giù il piano per stendere la pasta della vaccinazione a tutti i bordi del paese, coinvolgendo i prefetti, territorio per territorio. Al Viminale si limitano a commentare quanto hanno visto: “La ministra anche oggi ha lavorato con serietà e competenza perché qui i problemi e i dossier da affrontare si affastellano ora dopo ora, di giorno in giorno”. 

 

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E allora altro che commiato. Anche se nelle stesse ore a Palazzo Chigi dicevano apertamente: “Si sta discutendo su tutto”. Anche di sacrificare il Viminale? “Tutte le posizioni sono aperte”.  

 

Lamorgese non parla per senso dello stato e della misura, che spesso coincidono. E da quando ha preso il posto di Salvini sa di essere a tempo, seppur senza la dittatura dei like a cui dover rispondere come era per il suo predecessore. Sicché aprì le braccia quando le solite vocine la davano in uscita per far posto a Nicola Zingaretti e le richiuse, con il sorriso di chi la sa lunga, quando il Nazareno, nell’agosto scorso, fece uscire la telefonata “cordiale e distesa” tra il segretario e la ministra. Telefonata nella quale si ribadiva che nulla sarebbe accaduto. E adesso? Ci risiamo? Visto che, gira che ti rigira, i posti (le poltrone) questi sono è ripartito il tormentone. Che suona così: il ministero dell’Interno come valvola di compensazione dei partiti che reclamano più spazio e incisività a Conte. A molti sfugge un particolare: che la ministra meno tecnica del governo è iscritta al partito del presidente della Repubblica. Spetterà a lui l’ultima parola. E chissà se il silenzio di queste ore del Viminale non si tramuti in un no per altri colli. Del resto, la ministra è abituata ai falsi allarme: la dichiararono positiva al coronavirus, ma in realtà stava benissimo.

 

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