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L’ora del VisConte, uno scenario realista

Claudio Cerasa

La  crisi sta dimostrando che l’equilibrio tra gli alleati di governo non è il massimo della vita, ma è il massimo che si può avere per tenere l’anti europeismo lontano dall’esecutivo. Da dove passa l’unica mediazione contro i nostalgici del Papeete

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La soluzione forse c’è: dal BisConte al VisConte. L’elemento forse più interessante che emerge dalle trame della quasi crisi di governo ha a che fare con una verità forse difficile da accettare ma che più passa il tempo più diventa complicato negare, anche per i più fieri antipatizzanti del governo Conte. La questione è semplice: per guidare l’Italia, oggi, esiste un’alternativa migliore rispetto a questa maggioranza?

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La soluzione forse c’è: dal BisConte al VisConte. L’elemento forse più interessante che emerge dalle trame della quasi crisi di governo ha a che fare con una verità forse difficile da accettare ma che più passa il tempo più diventa complicato negare, anche per i più fieri antipatizzanti del governo Conte. La questione è semplice: per guidare l’Italia, oggi, esiste un’alternativa migliore rispetto a questa maggioranza?

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Se mettiamo per un attimo da parte il futuro di Giuseppe Conte e proviamo a studiare le posizioni presenti sulla scacchiera della politica capiremo facilmente che la risposta a questa domanda coincide con un no secco e piuttosto rotondo. E per capirne la ragione vale la pena studiare, a fondo, le opzioni alternative a questa maggioranza. Opzione numero uno: il voto. E’ possibile che, in caso di elezioni, il Pd vada meglio del previsto. E’ possibile che in caso di elezioni il partito di Renzi vada meglio del previsto. E’ possibile che in caso di elezioni i partiti di centro vadano meglio del previsto. E’ possibile che in caso di elezioni la lista Conte possa andare meglio del previsto. Ma per quanto si possa essere ottimisti rispetto a questa traiettoria il punto è sempre lo stesso: a un anno dalla scelta del presidente della Repubblica ha davvero senso correre il rischio di andare a votare per regalare a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni la scelta del prossimo Capo dello stato, o è meglio tenersi questa maggioranza e provare a farla funzionare il meglio possibile in attesa di mettere in cassaforte il futuro quando si dovrà scegliere il successore di Sergio Mattarella? Il punto è sempre lo stesso: sognare la caduta di questo governo significa sognare il governo Salvini.

 

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Opzione numero due: la grande coalizione. E’ possibile anche qui che l’opzione non sia utopistica e che davvero vi sia uno spazio per un governo di larghe intese che metta insieme, oltre al Pd, a Italia viva, a Leu e a Forza Italia anche il M5s e la Lega di Matteo Salvini e magari anche la destra di Giorgia Meloni. Ma anche qui la domanda è d’obbligo: è chiaro oppure no che una maggioranza alternativa a quella attuale metterebbe nelle mani delle forze populiste molto più potere rispetto a quello che i populisti hanno oggi tra le loro mani? Anche qui l’elemento su cui riflettere è sempre lo stesso: sognare la caduta di questo governo significa sognare un’alternativa di governo dominata nuovamente dal M5s e dalla Lega. Ovvio: tutti – tranne forse Mario Draghi – vorrebbero un governo Draghi. Ma c’è davvero qualcuno che sogna che possa nascere un governo, guidato da un Draghi, costretto a mediare con un partito come la Lega che considera l’Euro un problema e considera l’avvento del Recovery fund come una nuova puntata dell’invasione nazista dell’Europa? 

 

 

La terza opzione riguarda l’altra alternativa possibile, anche se estremamente remota, che potrebbe emergere in questa legislatura e anche qui la strada porta a una maggioranza a trazione salviniana: un governo di centrodestra supportato dal partito di Renzi.  E anche qui, come negli altri casi, la domanda è d’obbligo: è chiaro oppure no che una maggioranza alternativa a quella attuale metterebbe nelle mani delle forze populiste molto più potere rispetto a quello che i populisti hanno oggi tra le loro mani?

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Questa piccola ricognizione ci è utile non per difendere il governo Conte (sarebbe anche ora di distinguere tra i governi dei sogni e i governi possibili) ma per ricordare ai nemici di questa maggioranza che (a) ogni equilibrio alternativo potrebbe portare più malefici che benefici, a meno che non si realizzi il miracolo di una maggioranza Ursula, con Forza Italia che si aggrega a Pd, M5s, Italia viva e Leu, ma con un premier diverso da quello attuale; che (b) coloro che dall’agosto del 2019 contestano l’utilità di questa maggioranza in fondo non fanno altro che augurarsi di ritrovarsi presto con un governo ancora più populista rispetto a quello attuale, a meno che non si consideri il modello Bagnai meno populista del modello Conte; e che (c) da qualunque punto di vista si voglia osservare questa legislatura non si può non considerare che qualora si volesse rinunciare a un Giuseppe Conte occorrerebbe fare uno sforzo per trovare un altro Giuseppe Conte capace di fare quello che l’attuale presidente del Consiglio ha fatto in questi anni, ovverosia creare lentamente un filtro politico tra la realtà del governo e la follia dei programmi grillini. Conte può essere contestato da molti punti di vista e può essere criticato per mille ragioni, ma il vero motivo per cui la sua esperienza di governo non passerà alla storia in negativo ha a che fare con un piccolo miracolo politico forse difficilmente ripetibile: convincere un partito come il Movimento 5 stelle a stracciare ogni giorno un pezzo del proprio programma di governo per provare a essere a poco a poco compatibili con la realtà. L’Italia del 4 marzo del 2018 era un’Italia da incubo, apparentemente ingovernabile, apparentemente senza speranza, apparentemente senza futuro, apparentemente a un passo dall’uscita dell’Europa. L’Italia del gennaio 2021 è un’Italia che litiga su quale sia il modo migliore per essere anti populisti e su quale sia la strada migliore per provare a essere ancora più europeista (e per avere più Vis: più forza). Non è un paese da sogno e non è un governo da sogno e non è una maggioranza da sogno. Eppure forse alla fine di questa piccola crisi di governo si capirà che l’equilibrio precario che esiste oggi tra gli alleati di governo non è il massimo della vita ma è forse il massimo che si può avere oggi per tenere il populismo anti europeista ancora per un po’ lontano dal governo. E forse la soluzione oggi è quella: passare da un ormai logorato BisConte a un più vivace VisConte.

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