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Il virus del “monocameralismo di fatto”

Sergio Soave

La pandemia accelera la mutazione del processo legislativo. Due proposte

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Commentando la prassi ormai consuetudinaria di svolgere la discussione su un provvedimento in una sola Camera, per poi confermarlo nell’altra senza discussione col voto di fiducia, il costituzionalista Stefano Ceccanti, del Pd, parla di “monocameralismo di fatto”. Qualche giorno fa aveva parlato di “monocameralismo casuale e alternante”, e vedeva in questa tendenza un fenomeno permanente, che durerà anche quando sarà terminata l’emergenza anche istituzionale determinata dalla pandemia. Secondo Ceccanti, “queste anomalie si sono rafforzate con la pandemia, ma erano presenti anche prima”, e quindi sono destinate a riprodursi se non si troveranno correttivi efficaci.

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Commentando la prassi ormai consuetudinaria di svolgere la discussione su un provvedimento in una sola Camera, per poi confermarlo nell’altra senza discussione col voto di fiducia, il costituzionalista Stefano Ceccanti, del Pd, parla di “monocameralismo di fatto”. Qualche giorno fa aveva parlato di “monocameralismo casuale e alternante”, e vedeva in questa tendenza un fenomeno permanente, che durerà anche quando sarà terminata l’emergenza anche istituzionale determinata dalla pandemia. Secondo Ceccanti, “queste anomalie si sono rafforzate con la pandemia, ma erano presenti anche prima”, e quindi sono destinate a riprodursi se non si troveranno correttivi efficaci.

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Ceccanti ne propone due: trasferire a riunioni congiunte delle due Camere una serie di provvedimenti, a cominciare dal bilancio, e garantire una corsia preferenziale alle iniziative del governo, che in cambio dovrebbe limitare il ricorso ai decreti e al voto di fiducia. E’ interessante soprattutto la prima proposta, mentre l’altra è stata già avanzata varie volte, ma con esiti scarsi. La riduzione del numero dei parlamentari permetterebbe di riunire più frequentemente un’assemblea bicamerale, con l’effetto un po’ paradossale di superare il monocameralismo di fatto con una specie di monocameralismo “bicamerale”. Naturalmente si tratta solo di ipotesi che dovranno superare non poche obiezioni e che comunque sono destinate a essere discusse ed eventualmente applicate da un nuovo Parlamento.

   

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E’ comunque interessante che ci si renda conto, non solo quando si sta all’opposizione, della mutazione di fatto che ha assunto il processo legislativo, oltre che quello decisionale, che spesso passa per la “terza camera”, la Conferenza stato-regioni (di cui Ceccanti lamenta la mancata costituzionalizzazione). Potrebbe essere utile che l’ultima parte di questa legislatura, sempre che duri, veda svilupparsi un confronto proprio sulle anomalie costituzionali che si stanno verificando, alla ricerca di un impegno comune per correggerle in modo razionale, quale che sia la maggioranza di governo che sostituirà (o confermerà) quella attuale.

 

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