PUBBLICITÁ

Il personaggio

Nel "piano Ciao" c'è l'essenza di Matteo Renzi

L'inventore di marketing non sempre fortunato

Salvatore Merlo

Le trovate lessicali di Renzi: da “rottamazione” a “stai sereno”, una vita di parole pericolose. Anche per lui

PUBBLICITÁ

Azzardi lessicali, formule, trovate, calembour, colpi di genio creativo, forse più un paroliere che un giocatore di poker (o un parolaio) come invece viene descritto da alcuni suoi colleghi della politica. Un tempo fu “Rottamazione”, “Adesso”, “l’Italia cambia verso”, poi arrivò “Stai sereno”, fino a immagini grottesche eppure efficaci  tipo “l’articolo 18 è come il gettone telefonico nell’Iphone”. Irridente,  intuitivo scavezzacollo dalla battuta pronta e dall’invenzione facile. Ed ecco allora che lunedì sera è arrivata l’ultima creazione di Matteo Renzi:  il piano “Ciao”. Ecco  la parola italiana più famosa nel mondo assieme a Roma, pizza, amore e mafia. Usata contro Giuseppe Conte.  La parola più onomatopeica che ci sia. “Ciao”, appunto.   Un soffio. Quattro lettere. Ben più definitiva e beffarda del famoso e ormai antico “Ciaone”, perché, d’altra parte, nessuno fa un piano “Ciao” per restare al governo e chiedere due ministri e un sottosegretario. Nessuno dice “Ciao” e poi si siede a tavola. Ma poiché la facilità inventiva di  Renzi seppure gli ha consentito di generare capolavori di marketing elettorale spesso gli ha anche preso la mano spingendolo  all’errore, adesso alcuni amici dicono che se ne sia un po’ pentito. Come si fa a tornare indietro dopo aver salutato? Dopo aver detto “Ciao”? Chissà.  

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Azzardi lessicali, formule, trovate, calembour, colpi di genio creativo, forse più un paroliere che un giocatore di poker (o un parolaio) come invece viene descritto da alcuni suoi colleghi della politica. Un tempo fu “Rottamazione”, “Adesso”, “l’Italia cambia verso”, poi arrivò “Stai sereno”, fino a immagini grottesche eppure efficaci  tipo “l’articolo 18 è come il gettone telefonico nell’Iphone”. Irridente,  intuitivo scavezzacollo dalla battuta pronta e dall’invenzione facile. Ed ecco allora che lunedì sera è arrivata l’ultima creazione di Matteo Renzi:  il piano “Ciao”. Ecco  la parola italiana più famosa nel mondo assieme a Roma, pizza, amore e mafia. Usata contro Giuseppe Conte.  La parola più onomatopeica che ci sia. “Ciao”, appunto.   Un soffio. Quattro lettere. Ben più definitiva e beffarda del famoso e ormai antico “Ciaone”, perché, d’altra parte, nessuno fa un piano “Ciao” per restare al governo e chiedere due ministri e un sottosegretario. Nessuno dice “Ciao” e poi si siede a tavola. Ma poiché la facilità inventiva di  Renzi seppure gli ha consentito di generare capolavori di marketing elettorale spesso gli ha anche preso la mano spingendolo  all’errore, adesso alcuni amici dicono che se ne sia un po’ pentito. Come si fa a tornare indietro dopo aver salutato? Dopo aver detto “Ciao”? Chissà.  

PUBBLICITÁ

 

“Enrico stai sereno” se la sarebbe voluta rimangiare un minuto dopo averla inventata, raccontano. Ma anche qui si sta nella leggenda. Quel che  è certo – a riprova delle capacità dell’autore di farsi strada nel senso comune persino degli avversari – è che da quel momento in poi un’espressione  gentile e neutra come “stai sereno” induce chiunque agli scongiuri (e pure a qualche toccatina nelle parti basse). Potenza di un politico che da sempre si muove e palpita come l’acqua in un secchio. Sfacciataggine o sapienza di istrione, educato sin da bambino a muoversi nel campo della piccola pubblicità, che era poi il mondo in cui lavorava il papà, a Firenze, quando distribuiva il “bingo” della Nazione o si occupava dei gadget allegati all’edizione locale di Repubblica.  Così ancora adesso Renzi, creatore non profondo ma giocoso e sorgivo, inventa e poi però si pente d’aver inventato. E’ la maledizione del talento senza freni.  Come quando ricordò, alla presentazione di un libro, che  Berlusconi “ha solo cinque anni in meno di mia nonna”. Appena la disse – stava iniziando il famoso patto del Nazareno – mandò un sms a un suo stretto collaboratore: “M’è scappata, ma era troppo bella. Ora come faccio?”.

Negli annali, nella raccolta memorabile resteranno “Big bang”, per la sua Leopolda, “facce nuove a Palazzo vecchio” per le primarie a sindaco del 2008, e poi “Jobs Act”, “Buona scuola”, “voglio cambiare l’Italia non cambiare governo”.  E ovviamente “Rottamazione”. Con la lingua che a quei tempi s’impuntava sulle diverse vibrazioni delle consonanti, quasi anticipando il gusto anche un po’ spavaldo della conquista da lì a venire. Quella volta ci pensò per giorni. La soppesò quell’immagine della rottamazione.  Poi la parola fu consegnata a un’intervista su Repubblica, il giornale che nemmeno capì bene, e infatti non fece il titolo su quell’espressione che di lì a poco avrebbe traslocato dal campo semantico degli incentivi automobilistici a quello della politica parlamentare, segnando un’epoca: “Voglio rottamare Massimo D’Alema e gli altri”. Poiché  vive nella prefigurazione minuziosa non del domani – il domani sarà uguale all’oggi, forse, ma la nebbia lo avvolge – bensì dei quindici o trenta giorni che lo attendono, di gesto in gesto, di invenzione in invenzione (suo è il governo bisconte), ecco però che talvolta Renzi perde il controllo delle sue stesse intuizioni. E allora arriva il piano “Ciao”. Funziona. Sui social è un hashtag. Su Facebook ci sono persino dei meme. Eppure suona paurosamente definitivo. Quasi irrimediabile. Forse persino alle orecchie di Renzi.  A volte capita che l’amo venga inghiottito col pescatore.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ