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“Sulle grandi opere purtroppo il M5s non cambia mai”. Parla Margiotta (Pd)

"E' la prima volta che una forza della coalizione si è espressa contro il governo", commenta il vice della De Micheli. "Il Pd non può accettare di cedere la guida del centrosinistra alla lista di Conte"

Valerio Valentini

Il sottosegretario ai Trasporti commenta il no grillino sulla Tav: "Hanno spaccato la maggioranza, per la prima volta". Il Recovery e la cabina di regia. E la stoccata a Bettini: "Conte leader della coalizione? Per deciderlo servirebbe un congresso"

 

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Più che stupito, si dice “un poco amareggiato”. E questa amarezza, Salvatore Margiotta, la vive sia nei confronti del M5s, sia nei confronti di Goffredo Bettini. “Entrambi sono tornati a ribadire convinzioni già espresse, ma nessuno dei due riesce a convincermi”, ammette il senatore del Pd, che da sottosegretario ai Trasporti s’è trovato a dover fare i conti, lunedì scorso, con l’ideologismo grillino. “Sia chiaro: non drammatizzerei. Il fatto che sulla Tav il M5s abbia confermato la sua storica contrarietà non è sorprendente. E però, vista anche la delicatezza del momento, mi sarei aspettato uno sforzo in più da parte dei nostri alleati, dato che noi, come Pd, più d’una volta abbiamo anteposto le ragioni della responsabilità a quelle delle nostre convinzioni, a partire dal taglio dei parlamentari. I cinquestelle, invece, hanno votato contro una convenzione già approvata dal Parlamento, di fatto spaccando la maggioranza. E’ stata la prima volta che una forza della coalizione si è espressa contro il governo”. Insomma Margiotta non drammatizza, “ma neppure”, aggiunge, “minimizzo”. E non solo per questioni di tatticismi parlamentari. “Ora più che mai, col Recovery che incombe, bisognerebbe ribadire l’importanza delle grandi opere, perché ne ha bisogno per crescere e per ridurre le differenze territoriali. Da lucano penso soprattutto al Sud, dove l’alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria e tra Salerno, Potenza e Taranto possono cambiare il volto di quelle regioni. Da italiano, ricordo che il moltiplicatore sulle grandi opere è tra i più alti di tutti: per ogni euro speso bene, se ne ricavano 3,5. Peraltro l’Europa, col Next Generation Eu, ci sprona a ritornare sulla buona strada della cura del ferro inaugurata dai governi Renzi e Gentiloni con Delrio ministro. Non abbiamo più alibi”. Né ce li ha il Mit, considerato spesso il più burocratizzato dei ministeri.

 

La “cabina di regia” prevista nella governance la convince? “Credo intanto che un buon passo avanti è stato fatto col decreto Semplificazioni. Dopodiché, il Recovery ci chiama tutti a una grande sfida: e dunque ben venga una struttura di supporto, purché non sia in alcun modo sostitutiva delle strutture ministeriali”. Più imminente è invece la scadenza sulla riapertura delle scuole. “Il ministro De Micheli, lunedì, ha spiegato molto bene quanto ingente sia lo sforzo profuso dal governo, in vista del 7 gennaio. Credo che tutti dobbiamo essere consapevoli ci giochiamo un pezzo importante della nostra credibilità”. Sempre che un governo ci sia ancora, il 7 gennaio. “Mi auguro che da questa crisi si esca tutti quanti convinti della necessità di un salto di qualità nell’azione di governo, ritrovando le ragioni dello stare insieme. Non credo, ad esempio, a soluzioni raffazzonate come quella del ricorso a truppe di responsabili. E spero che in questo nuovo slancio il Pd e il centrosinistra credano davvero”. In verità c’è chi, come Goffredo Bettini, prefigura un centrosinistra nuovo, con una lista di Conte e il premier come capo della coalizione. Ed ecco l’altra puntura d’amarezza. “Sono idee che Bettini aveva già espresso ad agosto. E come allora, neppure stavolta mi ha convinto. Le elezioni del 2020 dimostrano che il Pd è il partito più forte della coalizione. Che dunque auspichi la nascita di un’altra forza nello stesso campo, mi pare quantomeno singolare. E non perché io voglia negare che Conte, laddove la sua esperienza a capo del governo si chiudesse in modo positivo, possa continuare a svolgere una apprezzabile funzione di sintesi. E’ solo che di lì a stabilire a priori che il premier debba creare una sua lista, e che questa lista debba porsi a capo della coalizione, ce ne passa. E del resto questo dibattito è prematuro, visto che mi auspico si voterà nel 2023. E prefigurare uno scenario qual è quello proposto da Bettini, non è una questione che si possa risolvere in un’intervista. Servirebbe almeno una direzione, e forse addirittura un congresso, per definire nuove alleanze elettorali ed eventuali nuovi candidati premier. Il mandato ricevuto da Zingaretti all’ultimo congresso non prevedeva certo un assetto come quello auspicato da Bettini”.

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