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l'ombra decrescitista sul Recovery

No Tav e No Triv: le scorribande del M5s per ottenere più fondi dal Recovery

Domenico Di Sanzo

Una manina del Mise prova a inserire lo stop alle perforazioni per gas e petrolio. L'intervento del Colle, la rabbia del Pd. Poi il blitz contro la Tav, e lo scontro tra i capigruppo Delrio e Crippa. Il dem Gariglio e la renziana Paita: "Vicenda grave"

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Triv e Tav, tutto in una mattina. In fondo ai Cinque Stelle basta spingere l’interruttore per modellare le opinioni a seconda della contingenza politica. Così i grillini premono Off sul pulsante dei capisaldi identitari quando il contesto impone cautela. E schiacciano On quando tocca alzare la posta, mettendo in difficoltà la maggioranza. Adesso il bottino è il Recovery Plan: e l’incontro di lunedì a Palazzo Chigi è bastato per far capire a Giuseppe Conte che proprio dai ministri grillini (Lucia Azzolina e Alfonso Bonafede su tutti), arriva la richiesta di maggiori fondi europei da destinare alle spese dei loro dicasteri. Un’offensiva che arriva in contemporanea all’apparente ammorbidimento delle posizioni di Italia Viva.

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Triv e Tav, tutto in una mattina. In fondo ai Cinque Stelle basta spingere l’interruttore per modellare le opinioni a seconda della contingenza politica. Così i grillini premono Off sul pulsante dei capisaldi identitari quando il contesto impone cautela. E schiacciano On quando tocca alzare la posta, mettendo in difficoltà la maggioranza. Adesso il bottino è il Recovery Plan: e l’incontro di lunedì a Palazzo Chigi è bastato per far capire a Giuseppe Conte che proprio dai ministri grillini (Lucia Azzolina e Alfonso Bonafede su tutti), arriva la richiesta di maggiori fondi europei da destinare alle spese dei loro dicasteri. Un’offensiva che arriva in contemporanea all’apparente ammorbidimento delle posizioni di Italia Viva.

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Nelle ultime ore il bottone dell’ortodossia è stato pigiato da Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico. Che con un blitz al decreto “Milleproproghe” aveva inserito il blocco a tutti i nuovi permessi per le trivelle in mare a partire da gennaio. Ma a poche ore dall’arrivo della bozza in Cdm, la norma viene stralciata. “Estraneità di materia”, è la dicitura che arriva dal Palazzo per spiegare la cancellazione dello stop alle trivelle. In pratica, si tratta di un provvedimento troppo disomogeneo, anche rispetto alla tradizionale natura omnibus del Milleproroghe. Una manina fermata dal Pd e dal Quirinale, dopo le proteste di sindacati e associazioni di categoria del settore petrolifero. Una mossa, quella del M5s, considerata “dagli evidenti intenti propagandistici e strumentali” perfino dal Coordinamento nazionale No-Triv.

 

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E però tanto è bastato per sobillare gli animi più fondamentalisti del grillismo. Non appena giunge notizia della norma cassata in fretta e furia, scatta il rito dello psicodramma interno. Le chat dei parlamentari ribollono sin dalla mattinata: per gli intransigenti “è l’ennesimo passo indietro telecomandato da Pd e Iv”. Scavano subito la nuova trincea i deputati della commissione Ambiente e la fronda del Senato guidata da Barbara Lezzi. Eppure la strategia sarebbe più complessa. Un gioco al rialzo partito direttamente dal fronte governista del M5s, deciso a farsi valere nella partita sul Recovery.

 

Ed ecco che allora  rispunta pure la Tav. La scena madre si svolge in commissione Trasporti a Montecitorio, dove bisogna approvare una risoluzione di maggioranza che prevede un aumento della quota europea nel finanziamento della Torino-Lione, con una conseguente diminuzione dell’esborso da parte dell'Italia. Tutto lineare, nell’ottica della maggioranza. Sennonché di maggioranza deve comporsene una nuova, all’improvviso, per evitare che tutto salti. Sì, perché i grillini s’ammutinano, minacciano il voto contrario. La risoluzione passa grazie ai voti del centrodestra. La presidente della commissione Raffaella Paita, di Italia Viva, scuote il capo di fronte all’irresponsabilità del M5s. “Sulle infrastrutture si mantiene una divisione culturale, prima ancora che politica, dentro la maggioranza. E questo è preoccupante anche in vista del Recovery, che esigerebbe una comunanza d’intenti e una programmazione chiara. Ma con questo approccio anti-sviluppista, temo non si andrà lontano”, dice Paita al Foglio.

 

Fonti del Pd raccontano di un Movimento pronto “a votare contro” e di un duro confronto tra il capigruppo alla Camera dem, Graziano Delrio, e il suo omologo grillino Davide Crippa, al termine del quale gli stellati si sarebbero accontentati di uscire dall'Aula. Il deputato dem Davide Gariglio, primo firmatario della risoluzione, ci conferma i proclami bellicosi del M5s. “Loro volevano votare contro, poi sono usciti, anche se avevano presentato un parere alternativo al mio. Si tratta comunque di una vicenda grave, dove è in gioco il prestigio dello stato, perché il contratto è un accordo internazionale già approvato ed era presente nel programma del governo”. Ma c’è da scommettere che i grillini terranno premuto su On ancora per un po’. Basta ascoltare la voce che arriva da un influente deputato in merito alla bozza del Recovery presentata da Conte ai renziani. “Noi parlamentari non sappiamo nulla di quello che Conte sta facendo con Iv, a noi le bozze non le fanno vedere”. E allora ridiventiamo ambientalisti.

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