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La giornata

Il volo di Conte in Libia per scacciare la crisi e l'ombra di Renzi finisce in un pasticcio

Doveva essere un successo è diventato un caso all'interno del governo: tutti i retroscena della spedizione italiana

Simone Canettieri

Il premier va a Bengasi con Di Maio per "liberare i 18 pescatori di Mazara" nel giorno dell'incontro con il leader di Italia viva. Ma la missione è puntellata dal gelo dell'Aise e dalla gaffe di Casalino. Critiche anche dal Pd

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Quando ormai la notizia della liberazione dei diciotto pescatori italiani in Libia è sulla bocca di tutti, anche se l’operazione è ancora in corso, capita di ascoltare alla buvette del Senato discorsi di questo tipo: “Ma come l’hanno gestita, ma cosa sono andati a fare a Bengasi Conte e Di Maio? Questi sono i frutti di venti anni di berlusconismo. Poveri noi. Nemmeno Trump”. Sono le riflessioni che si scambiano due grillini: Gianluca Ferrara, capogruppo M5s in commissione Esteri, e il collega Fabrizio Trentacoste. Due voci dal sen fuggite che  colgono l’aspetto mediatico di questa missione del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Una giornata felicissima, per i pescatori di Mazara e per le loro famiglie, ma puntellata da una serie di sbavature, pasticci ed “errori del telefono” che hanno creato più di una tensione nel governo.

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Quando ormai la notizia della liberazione dei diciotto pescatori italiani in Libia è sulla bocca di tutti, anche se l’operazione è ancora in corso, capita di ascoltare alla buvette del Senato discorsi di questo tipo: “Ma come l’hanno gestita, ma cosa sono andati a fare a Bengasi Conte e Di Maio? Questi sono i frutti di venti anni di berlusconismo. Poveri noi. Nemmeno Trump”. Sono le riflessioni che si scambiano due grillini: Gianluca Ferrara, capogruppo M5s in commissione Esteri, e il collega Fabrizio Trentacoste. Due voci dal sen fuggite che  colgono l’aspetto mediatico di questa missione del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Una giornata felicissima, per i pescatori di Mazara e per le loro famiglie, ma puntellata da una serie di sbavature, pasticci ed “errori del telefono” che hanno creato più di una tensione nel governo.

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Anche perché la decisione di avviare “l’operazione liberazione” è scattata in un giorno non casuale. Quello dell’incontro (chiarificatore?) con Matteo Renzi, che da tempo gioca con la stabilità del governo. E così il faccia a faccia tra la delegazione di Italia viva e il presidente del Consiglio slitta di prima mattina “per impegni istituzionali non pubblici” dell’avvocato del popolo. Se ne riparla in serata (40 minuti e la consegna di un documento). Ma prima c’è da volare in Libia, per riportare in Sicilia l’equipaggio dei pescherecci di Mazara del Vallo dopo oltre cento giorni di prigionia. Prima che Di Maio e Conte atterrino a Bengasi, dove incontreranno Haftar, escono le agenzie che li danno “in volo”. Addirittura, come raccontato dal Foglio.it, Rocco Casalino condivide con alcuni giornalisti la sua geolocalizzazione in Libia. Bacioni da Bengasi (“è stato un errore del telefono”, dirà Casalino). E Renzi? 
Vista l’enfasi e la serie di sgrammaticature con la quale viene annunciata l’impresa, ai più maliziosi non sorge un dubbio: Conte “usa” questo successo per presentarsi forte davanti a Renzi? L’ex premier, si sa, lo attende con una serie di ultimatum: Mes, cambio della governance del Recovery, stop alla fondazione degli 007 o sarà crisi.

In questa guerra di nervi, si inserisce la missione libica. Il dossier è spuntato fuori mercoledì sera a Palazzo Chigi quando Conte ha riunito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica con Di Maio, Lamorgese, Bonafede e Guerini. Si parla del caso di Giulio Regeni, ma il premier fa capire che è in atto un’accelerazione sui pescatori di Mazara. Traspare insomma l’intenzione di volare a Bengasi nelle ore che seguiranno: ed è una scelta che trova però i dubbi del titolare della Difesa.  Poco importa, evidentemente.

Perché oggi Conte e Di Maio decidono di partire con la copertura dell’Aise, il servizio segreto esterno. La notizia viene annunciata a operazione non ancora conclusa, con la delegazione italiana in volo. Il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, fa i complimenti “solo all’Aise e al generale Caravelli”.

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Un messaggio, evidentemente, di scarso apprezzamento per la poca sobrietà dell’operazione adottata da Palazzo Chigi e dalla Farnesina. Salvini e  Meloni stigmatizzano lo show. Ci si attende la presa di distanze da parte dei membri della maggioranza rossogialla dentro il Comitato per la sicurezza della Repubblica: ma la smentita non arriva affatto. Segno che anche dentro l’area di governo, i modi non sono piaciuti. Chi parla con Roberta Pinotti, ex ministro della Difesa, le sente dire: “Gli ostaggi si aspettano all’aeroporto, di solito”. Poi scoppia il caso della geolocalizzazione inviata da Casalino. “In un colpo solo riveliamo dove stanno sia Conte sia Haftar: visto mai qualcuno volesse fare un bell’attentato”, ci si sfoga sulle chat del Pd. Figurarsi come la prendono i renziani. “Ma il portavoce del Presidente del Consiglio l’ha capito che non è più al Grande Fratello”, twitta, velenoso Davide Faraone.  

Il fuoriprogramma fa ancora di più irrigidire i rapporti con Italia viva. Casalino  è nel mirino. Sbuffa pure Michele Anzaldi: “L’operazione non era coperta dai servizi segreti?”.  Proprio quelli su cui si continua a consumare lo scontro tra il premier e il Pd, sempre più deciso nel chiedere a Conte la cessione dell’autorità delegata in materia. Giuseppi resiste, e forse nelle sue intenzioni c’era lo sfoggio d’efficienza di ieri per respingere l’assalto degli alleati: mettere il successo libico sul tavolo delle negoziazioni di Palazzo che verranno.  Domani in Cdm, si discuterà sulle nomine dei vicedirettori di Aisi e Aise. E un primo bilancio bisognerà farlo.
 

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