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Il Mes va, l’Europa vince

Meloni e Salvini sono l’assicurazione sulla vita del governo

Claudio Cerasa

Il futuro di Conte è incerto, ma per capire il segreto dell’imperfetta stabilità dell'esecutivo un modo c’è: concentrarsi sulle contorsioni di un’opposizione diversamente europeista invece che su quelle di una maggioranza sempre più distante dalle impresentabili posizioni antieuropeiste

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La lunga e appassionata giornata parlamentare di ieri, culminata con un doppio voto positivo prima della Camera e poi del Senato sulla famosa risoluzione legata alla riforma del Mes presentata dal premier in vista del prossimo Consiglio europeo, ha contribuito a illuminare alcuni elementi politicamente cruciali, utili a comprendere il senso e forse persino il destino di questa legislatura.

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La lunga e appassionata giornata parlamentare di ieri, culminata con un doppio voto positivo prima della Camera e poi del Senato sulla famosa risoluzione legata alla riforma del Mes presentata dal premier in vista del prossimo Consiglio europeo, ha contribuito a illuminare alcuni elementi politicamente cruciali, utili a comprendere il senso e forse persino il destino di questa legislatura.

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Il primo elemento ha a che fare con il significato più genuino del voto di ieri, che ci ha ricordato un fatto che meriterebbe di essere valorizzato: per quanto un Parlamento possa essere inizialmente dominato da forze politicamente avverse al progetto europeo, come è il caso di questo Parlamento, nei momenti decisivi il principio di realtà, in Italia, tende sempre ad affermarsi e a prevalere. Con il sì di ieri alla risoluzione del presidente del Consiglio, l’Italia ha evitato di infilarsi in una sua piccola Brexit – e il fatto che un partito come il M5s nato per smantellare il Mes abbia deciso di votare per riformare il Mes è un fatto più che positivo – e ha evitato di offrire qualche preziosa cartuccia al dormiente partito antieuro che ancora domina una parte non irrilevante del centrodestra italiano e che ieri dal suo punto di vista ha anche giustamente accusato il Movimento 5 stelle di aver tradito i suoi progetti originari (compresa l’idea di uscire dall’euro). Non è un caso che alla Camera il senatore Matteo Salvini abbia deciso di affidare a uno dei paladini della lotta antieuro, Claudio Borghi, la replica a Giuseppe Conte, e non è un caso che tra i critici più feroci del Mes vi sia ciò che resta del partito antieuro (più il Mes si rafforza meno possibilità ci sono di rendere reversibile il progetto della moneta unica).

 

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Il posizionamento scelto dalle opposizioni sul tema del Mes apre poi un dossier ulteriore che riguarda un altro capitolo cruciale emerso nella giornata parlamentare di ieri. Ci si chiede spesso quale sia il segreto e quale sia il mistero dell'equilibrismo di Conte ma quando si riflette su questo punto ci si dimentica di cogliere un elemento fondamentale, che coincide con la vera arma presente nel taschino di Conte e forse costituisce anche con la sua assicurazione sulla vita: la costante incompatibilità mostrata dall’opposizione con i progetti di solidarietà europea, in una stagione in cui la resilienza di ogni paese europeo è direttamente collegata alla capacità dell’Europa di poter rafforzare i suoi progetti di solidarietà. E così, accanto alla Lega antieuro, che rimprovera a questo governo di voler scavalcare il Parlamento dopo aver tentato a suo tempo di trasferire il Parlamento in una discoteca della Riviera romagnola, non sfigura in questo frangente neppure Forza Italia (ieri era giorno dispari e Forza Italia era nazionalista, ma domani è giorno pari e tornerà a dialogare con il governo per avere un’Europa più solidale). E non sfigura soprattutto il partito guidato da Giorgia Meloni, che ieri in Aula, impegnata nella non facile impresa di accusare il governo italiano di avere un profilo autoritario negli stessi istanti in cui difendeva il modello Orbán, è riuscita nella non facile impresa di tenere testa all’antieuropeismo della Lega. Prima accostando le istituzioni europee alla cupola della criminalità (“se Ungheria e Polonia mollano, lo stato di diritto verrà utilizzato come arma di ricatto verso governi non allineati alla cupola europea… e questa sarebbe l’Europa amorevole e giusta alla quale dovremmo affidarci, quella che si comporta come uno strozzino”). Poi invitando il M5s a tornare ai gloriosi giorni del vaffanculo (“vi ricordate i raduni oceanici del Vaffa-day? Ecco, questo può essere il più grande Vaffa-day di tutti i tempi! Aiutateci a mandare al diavolo i venduti, gli intrighi di Palazzo, i servi che barattano la loro libertà per un misero tornaconto!”). Infine descrivendo l’Italia, in un mix retorico a metà tra Diego Fusaro e il generale Pappalardo, come un paese schiavo (“colonia”) vittima dei poteri forti dell’Europa.

 

Il futuro di Conte è certamente incerto, ma per capire il segreto dell’imperfetta stabilità del governo alla fine un modo c’è: concentrarsi più sulle contorsioni di un’opposizione diversamente europeista che su quelle di una maggioranza sempre più distante grazie al cielo dalle impresentabili posizioni antieuropeiste.

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