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A ritroso

I giovani della Meloni vogliono tornare alla "fiaccola"

Michele De Feudis

Il simbolo, nato nel 1950, aggregava oltre i confini del Msi e incarnava italianità e solido europeismo. Le opinioni dello storico Adalberto Baldoni, del politologo Alessandro Campi, dello scrittore Angelo Mellone

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Ritorna la “fiaccola” come simbolo dei giovani di Fratelli d’Italia? L’appello per la riappropriazione del simbolo storico dei ragazzi di destra in Italia - usato dal primo dopoguerra fino al 2009 - è stata lanciata da Francesco Di Giuseppe, vicepresidente di Gioventù nazionale, la vivace organizzazione degli under meloniani, con un intervento sulla rivista web “Magnete”: “Il nostro simbolo è sempre stato quello: quella torcia che sempre ha illuminato il nostro cammino e che quotidianamente arde della passione dei nostri gesti”.

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Ritorna la “fiaccola” come simbolo dei giovani di Fratelli d’Italia? L’appello per la riappropriazione del simbolo storico dei ragazzi di destra in Italia - usato dal primo dopoguerra fino al 2009 - è stata lanciata da Francesco Di Giuseppe, vicepresidente di Gioventù nazionale, la vivace organizzazione degli under meloniani, con un intervento sulla rivista web “Magnete”: “Il nostro simbolo è sempre stato quello: quella torcia che sempre ha illuminato il nostro cammino e che quotidianamente arde della passione dei nostri gesti”.

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La discussione, nata carsica sui social, ha coinvolto sia i ventenni di Gn che tanti ex con i capelli bianchi, che hanno postato foto delle tessere degli anni sessanta e sessanta per una celebrazione vintage. Il tema è però politico: i giovani di Fdi hanno già recuperato i loghi cult degli universitari, “il libro e la feluca”, e dell’attivismo nelle scuole, “la croce bretone”. Una parte vorrebbe anche la fiaccola (archiviando l’attuale drappo tricolore), inserendo un nuovo tassello nel mosaico della destra italiana (distante dal radicalismo) riunita con la leadership di Giorgia Meloni. Chi propone l’iniziativa spiega di “non avere il torcicollo”. Del resto la linea del presidente nazionale di Gn, Fabio Roscani, è tutta calibrata nello spirito del tempo: no al rinvio dell’esame d’abilitazione per gli avvocati, solidarietà con i giovani di Hong Kong, sì agli acquisti di prossimità (non online), via il RdC…

 

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“La fiaccola? E’ comparsa con la Giovane Italia per la prima volta nel 1950 a Milano. Fu una intuizione di Giorgio Pisanò, una scelta antinostalgica, per non far sentire il “peso” del Msi agli studenti che partecipavano”: ricostruisce così la genesi del simbolo Adalberto Baldoni, storico, autore di saggi per Vallecchi e Fergen, ora alle prese con le bozze della “Storia della Giovane Italia” (in uscita per Eclettica nel 2021). In quegli anni divampò un movimento patriottico per le cause irredentiste: “I cortei per Trieste italiana furono momenti di alfabetizzazione politica di una intera generazione. Emerse a destra - analizza Baldoni - un associazionismo a una vocazione maggioritaria, un “patriottismo largo” con le battaglie per l’italianità dell’Alto Adige, per la libertà in Ungheria e Cecoslovacchia”. Un testimone del tempo, l’ex parlamentare, Pietro Cerullo: “Fondai la Giovane Italia a Modena nel 1950, con 500 iscritti: era un contenitore generazionale. Facevamo politica e veglioni. I missini erano pochissimi, c’erano conservatori, liberali e anticomunisti”. 

 

Riflette Alessandro Campi, politologo dell’Università di Perugia: “La fiaccola può essere un tentativo di allargamento. La Giovane Italia originaria aveva un’eco risorgimentale esplicito, e una capacità di aggregazione sorprendente, oltre i confini del Msi. Può essere un modello per la Meloni? Sì, in un’ottica di apertura a pezzi di società, legittimando ambizioni di governo e evitando gli errori di An”. L’operazione presenta dei rischi? “Può prevalere - ribatte Campi- una lettura rassicurante dei simboli del passato, che invece vanno approcciati con spirito critico e non con retorica”. Poi il discorso torna ai prossimi passi di Giorgia Meloni: “E’ la leader dei conservatori europei. Studia i dossier, dà equilibrio alla coalizione. Se in una fase di regressione totale dei partiti, decide di investire sui giovani fa una scommessa interessante: facendosi portatrice delle istanze dei nativi digitali che presto saranno nuova classe dirigente, arricchisce la sua proposta politica”.

 

“La fiaccola? Andrebbe riconcettualizzata”: Angelo Mellone, vicedirettore di RaiUno e scrittore è netto. "Oggi bisogna scrostare la parola patria dalla destra, un lavoro non fatto in passato. La violenza comunicativa - chiarisce -  ha creato la frattura tra patriottismo e   nichilismo-globalismo, dove il patriottismo è di chiusura e il globalismo è senza valori. Se si recupera la fiaccola e si declina il patriottismo come patrimonio di tutti gli italiani, allora si configura un passaggio politico di rilievo”.

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L’agenda della Meloni resta calibrata su una opposizione ragionata al governo giallo-rosso che la premia nei sondaggi, ma l’inquietudine dei giovani della “cantera” è uno stimolo invitante: quella fiaccola che appassionò artisti come Lucio Dalla (frequentò la Giovane Italia di Bologna con l’amico Arrigo Veronesi) e Lucio Battisti (secondo lo storico Aldo Giannuli finanziatore di Soccorso tricolore), può fornire solide radici per governare i nuovi scenari, riattualizzando una tradizione di partecipazione - distante dagli attuali populismi - che aveva tra i suoi cardini italianità ed solido europeismo.

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