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Querele, diffide, inseguimenti

Iena e più Iena. Il caso Casaleggio jr e il fuoco "ex amico" contro il programma che ha anticipato l'antipolitica

I rapporti del figlio del fondatore con Philip Morris, l'inchiesta del Riformista, la scorta del premier, e prima "Rimborsopoli" e "Firmopoli". Piccola storia di un perduto scambio di amorosi sensi

Marianna Rizzini

Quando Le Iene precorrevano i tempi dell'agenda anticasta sulla scena pre-elettorale, e quando chiedevano all'ex inviato poi europarlamantare grillino Dino Giarrusso, ora contestato dal M5s per alcuni finanziamenti, di non fare campagna elettorale con il logo e il look tipico del programma

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“Ieri ho ricevuto la visita delle Iene che si sono intrufolate nel cortile privato dell’ufficio…”. Comincia così il post con cui Davide Casaleggio, ieri, su Facebook, si lamentava del comportamento degli inviati del noto programma Mediaset, nei giorni successivi al cosiddetto “scandalo Philip Morris”, scoppiato dopo l’uscita di un articolo sul Riformista: “Mi avevano già contattato sabato e avevo dato disponibilità a un’intervista chiedendo loro di rivolgersi all’ufficio stampa per un appuntamento”, scrive Casaleggio, prendendosela con un metodo (il disintermediato “metodo Iene”) che in passato tanto piaceva ai neo-eletti a 5 Stelle, quelli che si affollavano, appena arrivati in Parlamento, a fare selfie con l’inviato del programma Filippo Roma, poi autore dei vari j’accuse sui rimborsi non rimborsati nel M5s. Ed erano felici, i neoeletti, “siamo cresciuti con le Iene”, dicevano: cresciuti cioè con il programma che ha trattato, su una scena pre elettorale, temi che incontravano  il favore della diffidenza anti scientifica internettiana, poi grillina (vedi No vax e Stamina), e che ha poi fornito, direttamente o indirettamente, gas propellente ad alcune campagne contro potenti e delinquenti, veri e presunti, di questo o quel partito. E però, negli anni, il rapporto M5s-Iene si è fatto ambivalente: inchieste contro il Movimento stesso (non solo “Rimborsopoli”, anche “Firmopoli”), a lato di quelle contro altri. Faceva fede l’auto-immagine da tribunale informale del popolo: “Vuoi denunciare un prepotente? Dillo alle Iene”. 

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“Ieri ho ricevuto la visita delle Iene che si sono intrufolate nel cortile privato dell’ufficio…”. Comincia così il post con cui Davide Casaleggio, ieri, su Facebook, si lamentava del comportamento degli inviati del noto programma Mediaset, nei giorni successivi al cosiddetto “scandalo Philip Morris”, scoppiato dopo l’uscita di un articolo sul Riformista: “Mi avevano già contattato sabato e avevo dato disponibilità a un’intervista chiedendo loro di rivolgersi all’ufficio stampa per un appuntamento”, scrive Casaleggio, prendendosela con un metodo (il disintermediato “metodo Iene”) che in passato tanto piaceva ai neo-eletti a 5 Stelle, quelli che si affollavano, appena arrivati in Parlamento, a fare selfie con l’inviato del programma Filippo Roma, poi autore dei vari j’accuse sui rimborsi non rimborsati nel M5s. Ed erano felici, i neoeletti, “siamo cresciuti con le Iene”, dicevano: cresciuti cioè con il programma che ha trattato, su una scena pre elettorale, temi che incontravano  il favore della diffidenza anti scientifica internettiana, poi grillina (vedi No vax e Stamina), e che ha poi fornito, direttamente o indirettamente, gas propellente ad alcune campagne contro potenti e delinquenti, veri e presunti, di questo o quel partito. E però, negli anni, il rapporto M5s-Iene si è fatto ambivalente: inchieste contro il Movimento stesso (non solo “Rimborsopoli”, anche “Firmopoli”), a lato di quelle contro altri. Faceva fede l’auto-immagine da tribunale informale del popolo: “Vuoi denunciare un prepotente? Dillo alle Iene”. 

  
“Oggi vedo altro fango sulla carta stampata”, continuava su Facebook Casaleggio, mentre le Iene promettevano di tornare sul tema (nella puntata di ieri sera, al grido di “Casaleggio ci attacca sorprendendosi che facciamo il nostro lavoro”). Intanto un altro caso “5 Stelle vs Iene” infuria, a proposito dell’uso della scorta del premier su cui indaga la procura di Roma, dopo una denuncia presentata da Fratelli d’Italia: è stata o non è stata usata impropriamente, tale scorta, dalla fidanzata di Giuseppe Conte, Olivia Paladino, nel giorno di fine ottobre in cui la donna, seguita dalla Iena Filippo Roma – di nuovo casus belli – si rifugiava in un supermercato per non rispondere ad alcune domande su suo padre, noto imprenditore del settore alberghiero? In un’informativa di servizio inviata al Viminale la scorta viene descritta come in “osservazione e controllo al di sotto dell’abitazione della compagna del premier”, forse proprio per la presenza del presidente del Consiglio, e non coinvolta in un successivo accompagnamento della donna. Ma lo scambio di amorosi sensi fra M5s e Iene si è ormai irrimediabilmente incrinato, visto anche il capovolgimento di stima tra il Movimento e il suo europarlamentare ed ex inviato del programma Dino Giarrusso, quasi sull’orlo dell’espulsione per una vicenda di finanziamento: i grillini lo accusano di avere preso soldi che non avrebbe dovuto prendere da alcuni lobbisti, Giarrusso si difende dicendo, tra le altre cose, di non avere saputo dell’esistenza di un tetto da tremila euro nella ricezione di finanziamenti. Ma se nessun gesto all’insaputa, per il M5s, è concesso alla ex Iena candidatasi con l’allure di “puro tra i puri” dopo le inchieste su Fausto Brizzi e sulla scia del caso Weinstein, lo stesso Giarrusso, in campagna elettorale, nel 2019, riceveva una sorta di informale diffida per avere usato il logo del programma: la smetta di vestirsi e chiamarsi come noi, visto che non lavora più al programma, era il succo di una nota diffusa allora dalle Iene sui social. 

  
E pensare che, qualche anno fa, mentre la suddetta “Rimborsopoli” si dispiegava online e sul piccolo schermo con effetti thriller (“alle 18 sveleremo altri colpevoli di non-restituzione stipendio”, era il claim, e poi c’erano gli indizi e il passaparola), Filippo Roma, sul Tempo, diceva: “Noi siamo il background culturale dei 5 Stelle”, e con quelle parole fotografava retrospettivamente la pre-esistenza di un pubblico anti casta, in cerca di paladini ancora prima di farsi elettorato. “Ci sono ad esempio i servizi che abbiamo realizzato sui portaborse in nero, gli sprechi di denaro pubblico, i privilegi, già prima che nascesse il Movimento”, diceva il giornalista-Iena. “L’anti politica l’abbiamo introdotta noi”, era il concetto, oggi ribadito all’ennesima potenza e con il boomerang, ché il grande accusato è proprio l’erede di uno dei fondatori del M5s. 
 

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