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Conte e Biden, la lunga fatica di Giuseppi per parlare con Joe

Valerio Valentini

Il premier prova da giorni a contattare il presidente eletto degli Usa. Finora invano. La telefonata, a lungo cercata, è prevista in serata. E intanto le tensioni con gli Usa finiscono in Cdm

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La prima ipotesi denuncerebbe quasi arroganza. Che il presidente del Consiglio italiano non abbia cercato, finora, di complimentarsi col presidente eletto degli Usa, a una settimana dal voto? Suvvia, non è pensabile. Solo che l’altra ipotesi, quella che s’impone come necessaria scartando la prima, è per certi versi più preoccupante, e testimonia di un certo scadimento del paese agli occhi degli Americani. Perché in effetti di tentativi di contattare Joe Biden, Giuseppe Conte ne ha fatti eccome, e ne sta facendo ancora in queste ore, adesso che la tanto cercata telefonata pare finalmente imminente,  E da Palazzo Chigi confermano che sì, la macchina si è messa in moto da tempo. Almeno da martedì, stando a quanto risulta al Foglio: quando insomma la vittoria del candidato dem era diventata chiara, e l’ambasciatore Pietro Benassi, consigliere diplomatico del premier, ha avviato quel lavoro fatto di telefonate e dispacci che serve a preparare l’incontro, a trovare un incastro nelle rispettive agende.

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La prima ipotesi denuncerebbe quasi arroganza. Che il presidente del Consiglio italiano non abbia cercato, finora, di complimentarsi col presidente eletto degli Usa, a una settimana dal voto? Suvvia, non è pensabile. Solo che l’altra ipotesi, quella che s’impone come necessaria scartando la prima, è per certi versi più preoccupante, e testimonia di un certo scadimento del paese agli occhi degli Americani. Perché in effetti di tentativi di contattare Joe Biden, Giuseppe Conte ne ha fatti eccome, e ne sta facendo ancora in queste ore, adesso che la tanto cercata telefonata pare finalmente imminente,  E da Palazzo Chigi confermano che sì, la macchina si è messa in moto da tempo. Almeno da martedì, stando a quanto risulta al Foglio: quando insomma la vittoria del candidato dem era diventata chiara, e l’ambasciatore Pietro Benassi, consigliere diplomatico del premier, ha avviato quel lavoro fatto di telefonate e dispacci che serve a preparare l’incontro, a trovare un incastro nelle rispettive agende.

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I primi con cui Biden s’è confrontato, tra i grandi leader mondiali, sono stati Merkel e Macron, il 10 novembre scorso, insieme al britannico Johnson e a Martin, il capo del governo di quell’Irlanda a cui il presidente eletto resta legato per radici famigliari. Due giorni dopo sono arrivate le telefonate di rallegramento dei primi ministri coreano e giapponese, quindi lo scambio d’auguri col premier australiano. Giovedì, poi, il colloquio con Papa Francesco. “Non facciamo i provinciali, la corsa a chi telefona prima è inutile”, s’è schermito Conte mercoledì, dicendosi fiducioso di poter sentire Biden “nelle prossime ore”. Un’attesa che perdura, e che però a Palazzo Chigi minimizzano, lasciando trapelare che comunque un contatto telefonico sarebbe stato concordato. Forse stasera, o magari in notatta. Comunque a breve.

 

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Tutto un problema dei rispettivi gravare d’incombenze che non si conciliano tra loro: le riunioni interminabili a Roma sulle zone rosse e gialle e arancioni, le difficoltà con cui a Wilmington il transition team sta costruendo la prossima squadra di governo. Da cui, si spera alla Farnesina, potrebbe arrivare però una buona notizia: perché tra i nomi vagliati per incarichi di prestigio nello staff diplomatico di Biden, e forse perfino come segretario di stato, ci sarebbe quel Robert Gallucci già consigliere di Clinton e poi sovrintendente di Washington sugli affari nordcoreani, che è affezionato da sempre alle sue origine italiane.


Di certo c’è che i rapporti con gli Usa continuano ad alimentare tensioni nel governo (e non solo per l’ansia di Di Maio nel redimersi dal suo amore per la Cina scavalcando Conte nelle dichiarazioni di fede atlantista). S’è visto anche ieri, nel corso di un Cdm in cui i dem Guerini e Franceschini hanno faticato non poco per correggere la rotta indicata dal grillino Fraccaro in merito all’estensione del golden power sul fondo americano Kkr, coinvolto nell’operazione su Fibercop e la rete unica. Una mossa che avrebbe di fatto equiparato le restrizioni adottate sulla cinese Huawei a un operatore statunitense, trattando alla pari chi è amico storico e chi non lo è. E anche da cose del genere, poi, passa il ritardo nelle telefonate di auguri.

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