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Perché dieci anni di commissariamento non salvano la Calabria

"Qui il diritto alla salute è limitato, il diritto al lavoro è limitato. La nostra è una regione a diritti limitati"

David Allegranti

Commissariata la sanità da dieci anni, commissariato il Pd regionale, commissariata la Lega fino al febbraio scorso, commissariati i Comuni. La Calabria è un paese per commissari.

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Commissariata la sanità da dieci anni, commissariato il Pd regionale, commissariata la Lega fino al febbraio scorso (ma come segretario regionale c’è comunque Cristian Invernizzi, che non è di Reggio Calabria ma di Treviglio), commissariati i Comuni. La Calabria è un paese per commissari. Secondo un calcolo di Open Polis, è la Regione più colpita da casi di infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali: 117 commissariamenti fra il 1991 e il 2019 (9 dei quali annullati dai giudici amministrativi). “Le province più colpite sono quelle di Reggio Calabria (67 commissariamenti), Vibo Valentia (23 commissariamenti) e Catanzaro (14 commissariamenti). Nell’ultimo decennio il numero dei commissariamenti è cresciuto in modo significativo: 69 i decreti di commissariamento (di cui solo 2 annullati)”, dice Open Polis. Il commissario è per sua funzione chirurgico e asettico, non deve avere rapporti con il territorio, arriva per sistemare quello che non torna. Il problema è quando il problema si cronicizza e non si risolve. Vedi la sanità.

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Commissariata la sanità da dieci anni, commissariato il Pd regionale, commissariata la Lega fino al febbraio scorso (ma come segretario regionale c’è comunque Cristian Invernizzi, che non è di Reggio Calabria ma di Treviglio), commissariati i Comuni. La Calabria è un paese per commissari. Secondo un calcolo di Open Polis, è la Regione più colpita da casi di infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali: 117 commissariamenti fra il 1991 e il 2019 (9 dei quali annullati dai giudici amministrativi). “Le province più colpite sono quelle di Reggio Calabria (67 commissariamenti), Vibo Valentia (23 commissariamenti) e Catanzaro (14 commissariamenti). Nell’ultimo decennio il numero dei commissariamenti è cresciuto in modo significativo: 69 i decreti di commissariamento (di cui solo 2 annullati)”, dice Open Polis. Il commissario è per sua funzione chirurgico e asettico, non deve avere rapporti con il territorio, arriva per sistemare quello che non torna. Il problema è quando il problema si cronicizza e non si risolve. Vedi la sanità.

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“La famosa frase del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa ‘tutto cambia perché nulla cambi’, in Calabria andrebbe parafrasata in tutto si commissaria affinché nulla cambi”, dice al Foglio Marco Schirripa, giurista e assegnista di ricerca all’università Mediterranea. “La Calabria è una regione a diritti limitati e non certo a causa della pandemia da Covid-19 che prima o poi avrà termine. In Calabria il diritto alla salute è limitato, il diritto al lavoro è limitato, il diritto ad avere una pubblica amministrazione decente è limitato. Questo perché, il più delle volte, chi fa politica a queste latitudini non ha una politica ed il vuoto delle Istituzioni viene riempito dalle procure – nella migliore delle ipotesi – o dalla ‘ndrangheta. Per venire a capo di questo intricato groviglio che condanna la Calabria ad essere una regione a velocità immobile, la soluzione che spesso si utilizza dal governo centrale è quella di commissariare a destra e a manca, i fatti e l’esperienza dei vari commissariamenti a tutti i livelli hanno ampiamente dimostrato che commissariare (dal latino committere, cioè affidare agli altri) non è la strada giusta. L’esempio del commissariamento della sanità è quello più lampante, poiché in 10 anni di commissari – scelti dai governi via via succedutisi, spesso sulla base di criteri indecifrabili, ma pagati dai calabresi – vi sono stati solo tagli dolorosi senza il raggiungimento dei risultati auspicati”. Secondo un report della Fondazione GIMBE del settembre 2020 sulla mobilità sanitaria che analizza la differenza tra crediti, frutto della mobilità attiva, e debiti, conseguenza della mobilità passiva, la Calabria è la penultima per saldo negativo (-287,4 milioni di euro, prima della Campania con -353 milioni) e precipita in ultima posizione con un saldo pro-capite negativo di 148 euro, superiore alla somma del saldo pro-capite positivo di Lombardia ed Emilia Romagna (147 euro).  Insomma, i calabresi fuggono dalla loro terra per andare a curarsi fuori. E’ così da anni. E i commissariamenti non hanno risolto niente.

 

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“In storie come quella di Cotticelli e Zuccatelli, si palesano la sciatteria e il senso di lontananza del governo verso questa Regione”, dice al Foglio Nunzio Belcaro, che gestisce la libreria Ubik a Catanzaro, molto nota per i suoi partecipati eventi pubblici, e che ha retto il colpo del lockdown con un efficace sistema di consegne a domicilio: “Se lo stato aveva l’intenzione di avvicinarsi e fare sentire la sua presenza nel nostro territorio ha ottenuto l’effetto contrario, allontanando le persone ancora di più. Io non voglio che passi un messaggio vittimista, anzi: esiste una Calabria migliore, che ha senso di responsabilità. Lo Stato deve facilitare l’autodeterminazione delle persone e della società civile, che dal basso possono lavorare meglio dei commissari, come dimostra anche a livello amministrativo la storia di qualche giovane sindaco. Non abbiamo bisogno di commissariamenti passivi. Ben venga una parentesi di assoluta eccellenza ma che sia di transizione a un governo di eletti. Non abbiamo bisogno di uno stato patriarcale che non ci ritiene in grado di governarci. Per questo, con le prossime elezioni regionali, la gestione della sanità dovrebbe tornare a chi le vincerà”, dice Belcaro.

 

Le nuove elezioni, dopo la prematura scomparsa di Jole Santelli, non si terranno a breve. A causa dell’emergenza sanitaria sono state rinviate e si terranno fra il 14 febbraio e il 10 aprile. Nel frattempo, tocca ad Antonino Spirlì, che non è un commissario ma una meteora. “Lo sforzo deve essere bilaterale, dalla Calabria allo Stato e dallo Stato alla Calabria”, riprende Schirripa. “Sarebbe opportuno che la Calabria fosse finalmente al centro dell’agenda nazionale del Paese (soprattutto di quella sanitaria) con un cospicuo e serio piano di investimenti, anche se piccola, periferica e con pochi abitanti. In una espressione ‘riportare la Calabria nel cuore dello stato e il senso dello Stato nel cuore dei calabresi’, come scriveva Sergio Zoppi. Tutto questo una volta era al centro della dimenticata questione meridionale. Un piccolo monito conclusivo: quando si lascia la punta dello stivale dolorante per troppo tempo, la pena si estende prima o poi a tutto il piede, fino a colpire l’intera gamba”.

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