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il nuovo dpcm

Covid e ristori. Così il fattore "conti pubblici" ispira le chiusure differenziate

Le nuove strette in vigore da venerdì. L'Italia divisa in tre fasce. In "area rossa" finiscono Piemonte, Lombardia, Val d'Aosta e Calabria. Ma i lockdown a geometria variabili sono un rebus per i tecnici del Mef

Valerio Valentini

L'asse Gualtieri-Patuanelli, la regia della Ragioneria dello stato. Le tensioni tra i ministri e il Cts intorno alle chiusure. Perché evitare il lockdown generale è anche una questione di debito pubblico

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Ci sta che alla fine sia tutto un problema di ritardo e disorganizzazione: i dati aggiornati sui contagi di Campania, Valle d’Aosta e Bolzano che arrivano in ritardo, quelli del Veneto che impongono un approfondimento. E ci sta anche che sia stato l’incoraggiante appiattimento della curva, che un po’ dovunque rallenta la sua corsa dimostrando i primi timidi effetti benefici delle strette varate a ottobre, a indurre perfino l’inflessibile Roberto Speranza a seguire l’ottimismo di Giuseppe Conte: “Prendiamo ancora un po’ di tempo”.

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Ci sta che alla fine sia tutto un problema di ritardo e disorganizzazione: i dati aggiornati sui contagi di Campania, Valle d’Aosta e Bolzano che arrivano in ritardo, quelli del Veneto che impongono un approfondimento. E ci sta anche che sia stato l’incoraggiante appiattimento della curva, che un po’ dovunque rallenta la sua corsa dimostrando i primi timidi effetti benefici delle strette varate a ottobre, a indurre perfino l’inflessibile Roberto Speranza a seguire l’ottimismo di Giuseppe Conte: “Prendiamo ancora un po’ di tempo”.

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E però, a sentire i mugugni che attraversano il Cts ancora alle sette del pomeriggio (“Prima ci tirano in ballo nel dpcm, poi ci informano solo a cose fatte per avere da noi un sigillo”), ci sta forse anche un aspetto diverso, nell’orientamento maturato dal governo. Che, nel varare il nuovo dpcm – presentato ieri sera dal premier, ma le misure entreranno in vigore da venerdì – ha deciso di adottare un’architettura normativa forse complessa, ma che - almeno per ora - permette di ridurre al massimo la serrata generale, la riproposizione del lockdown di marzo. Quattro, alla fine, le regioni classificate in “area rossa”: Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta. Le altre due che a lungo hanno oscillato a ridosso della fascia di maggior rischio, e cioè Puglia e Sicilia, finiscono invece nella terra di mezzo delle “aree arancioni”. Il che forse ha concesso un mezzo sospiro di sollievo a chi, negli uffici della Ragioneria generale dello stato, è tutto preso a fare e rifare i calcoli, in equilibrio su una finanza pubblica che è quello che è.  

 

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Perché in fondo, l’ansia per i conti pubblici è un fiume carsico che ha serpeggiato tra i palazzi romani per tutti questi giorni: condizionando, sia pure in modo discreto, molti dei dibattiti avvenuti nelle ultime ore. E forse non è un caso se, ancora nei conciliaboli di martedì a Palazzo Chigi, a perorare la causa meno rigorista sono stati, insieme al premier, i due ministri che, per un verso e per l’altro, con l’esigenza di far tornare i conti e di non mortificare l’economia devono confrontarsi più spesso.

 

Stefano Patuanelli ha dovuto imporsi non poco per fare sì che il Cts accettasse il suo lungo elenco di attività esentate dall’obbligo della chiusura anche nelle “aree rosse”. Ha dovuto cedere sugli estetisti, alla fine, ma ha ottenuto che venissero salvaguardati barbieri e parrucchieri, profumerie, il commercio al dettaglio ambulante e perfino i concessionari di auto e moto. “Usciamo dalla logica di ciò che è indispensabile, e seguiamo la logica di ciò che si può tenere aperto nel rispetto delle norme sanitarie”, ha detto il ministro dello Sviluppo. Il quale del resto s’è accorto di un certo cambiamento degli umori di imprenditori e commercianti, rispetto ai mesi passati: se a febbraio e marzo gli scrivevano per implorarlo di non chiuderli, e magari s’ingegnavano a trovare il varco giusto tra le norme le raccomandazioni e le Faq, pur di tenere su la saracinesca, ora semmai l’invito è opposto: “Meglio che inserite pure noi, tra le categorie da fermare, ché tanto con questo clima gli affari non si fanno. Purché, ovvio, ci diate i ristori”.

 

Ed è qui, allora, che le preoccupazioni del Mise incrociano quelle dei tecnici del Mef. Perché tutti sanno che i ristori andranno garantiti immediatamente, ogni volta che una nuova regione (o una nuova provincia) verranno poste sotto lockdown: la tensione sociale crescente non ammette ritardi e lungaggini. E però, in ogni caso, i conti devono tornare. Per questo da Via XX Settembre si sono affrettati a proporre la tesi minimalista, in materia: quella per cui basterà ricorrere a tutto lo spazio fiscale previsto dalla Nadef (il 10,8 per cento d’indebitamento sul pil) per coprire i conguagli previsti dal  dpcm, da garantire con un decreto “Ristori bis” che Conte vorrebbe approvare già stasera, in Cdm, e che forse slitterà a venerdì. 

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Ma Roberto Gualtieri è ben consapevole che quella cifra basterà solo nel caso in cui, nel prossimo mese, il perimetro delle “zone rosse” non venga esteso. Perché, mentre al ministero della Salute analizzeranno i dati sui contagi e in base a quelli disporranno nuovi lockdown, alla Ragioneria saranno costretti a una contabilità forse meno drammatica, ma altrettanto grave, con proiezioni di debito pubblico alla soglia del 160 per cento nel prossimo quinquennio. Per questo, al momento, Gualtieri preferisce tenere riservate le stime sul mancato tiraggio di alcune misure straordinarie (come la Cig), e forse anche le mancate spese autorizzate dal Parlamento con lo scostamento di luglio (all’11,9 per cento). Una cifra difficile ancora da stimare, ma superiore ai dieci miliardi, che al Mef avrebbero forse voluto tenere nel forziere, per sistemare i conti a partire dal prossimo anno: ma che, in caso di aumento dei contagi, verranno adoperate già nelle prossime settimane. Anche per questo, con l’aria di chi sa ma non può dire, ieri Conte s’è lasciato sfuggire un sbuffo di serenità, dietro la mascherina, quando gli è stato chiesto della cubatura del “Ristori bis”: “Mi viene detto che gli stanziamenti ci sono”, ha detto. E, per ora, tanto basta. 

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