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Che spettacolo vedere i sovranisti invocare adesso un mondo aperto

Claudio Cerasa

Le accuse di Trump a Biden (vuole chiudere il paese) e il suo messaggio politico di segno opposto, quattro anni fa per conquistare l’America. La vera follia non è chiudere il mondo con una pandemia in corso, ma è farlo quando una pandemia non c’è

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Con lui, ha detto pochi giorni fa Donald Trump parlando di Joe Biden durante un comizio in Nevada, l’America si ritroverebbe a vivere con le luci spente, si ritroverebbe a osservare chissà quante città con le saracinesche abbassate, si ritroverebbe a vivere in una nazione dominata da città fantasma e si ritroverebbe persino a fare i conti con un presidente così incline a limitare le libertà degli americani da essere pronto, ha detto sempre Trump, “ad abolire il Natale”. Covid, Covid, Covid, ripete Trump ormai da settimane, gli americani non ne possono più di parlare di Covid, non ne possono più di sentire parlare di contagi e non ne possono più di veder minacciata la propria libertà a causa di una semplicissima pandemia.

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Con lui, ha detto pochi giorni fa Donald Trump parlando di Joe Biden durante un comizio in Nevada, l’America si ritroverebbe a vivere con le luci spente, si ritroverebbe a osservare chissà quante città con le saracinesche abbassate, si ritroverebbe a vivere in una nazione dominata da città fantasma e si ritroverebbe persino a fare i conti con un presidente così incline a limitare le libertà degli americani da essere pronto, ha detto sempre Trump, “ad abolire il Natale”. Covid, Covid, Covid, ripete Trump ormai da settimane, gli americani non ne possono più di parlare di Covid, non ne possono più di sentire parlare di contagi e non ne possono più di veder minacciata la propria libertà a causa di una semplicissima pandemia.

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Si può pensare quello che si vuole rispetto alla strategia messa in campo da Donald Trump per affrontare gli scampoli finali della campagna elettorale (io ho avuto il Covid, l’ho sconfitto e vi dico, cari americani, che non c’è nulla da temere; Biden non ha avuto il Covid, chissà se saprebbe sconfiggerlo e chissà in che condizioni sarebbe disposto a far stare l’America durante la convivenza con il virus) ma non si può non notare che nella grammatica politica scelta dal presidente degli Stati Uniti per provare a essere confermato alla guida del paese c’è un elemento di novità importante che involontariamente mostra proprio quello che è stato uno dei principali fallimenti della dottrina trumpiana: la chiusura.

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Può sembrare solo un piccolo dettaglio tecnico ma se ci si riflette un momento è interessante notare come rispetto a quattro anni fa il trumpismo abbia fatto una giravolta di 360 gradi scegliendo di ergersi a difensore assoluto non più della dottrina della chiusura quanto della dottrina dell’apertura. Lui, dice Trump parlando di Biden, rappresenta la paura, il terrore, il panico, la volontà di chiudere il paese, mentre io, dice di se stesso Trump, rappresento la gioia, il sole, la spensieratezza e la volontà di aprire il paese. Quattro anni fa, forte del suo America First, il messaggio politico scelto da Trump per conquistare l’America era ovviamente di segno opposto e per molto tempo il presidente americano è stato anche per i suoi follower in giro per il mondo il simbolo della politica della chiusura. Ricordate? Alzare i muri. Chiudere i confini. Respingere gli immigrati. Rivedere la globalizzazione. Uccidere il multilateralismo. Mettere in discussione la Nato. Rivedere i confini del Wto. Archiviare il globalismo. In tre parole: chiusura vs apertura.

  

Per quattro anni, Trump ha tentato in tutti i modi di essere l’alfiere di questo nuovo paradigma, provando, spesso senza successo, a rimettere in discussione il sistema multilaterale di istituzioni, di regole e di alleanze sostenuto e alimentato dagli Stati Uniti negli ultimi settant’anni, e ha cercato in tutti i modi di dimostrare che fosse possibile promuovere l’interesse del singolo disinteressandosi dell’interesse collettivo. Quattro anni dopo, complice la pandemia, complice l’aver fatto i conti con un mondo nuovo all’interno del quale le parole d’ordine che incarnavano i sogni dei professionisti della chiusura si sono trasformate nelle parole d’ordine di un mondo da incubo, Trump ha deciso di cambiare grammaticalmente cavallo e ha scelto così di trasformare il suo rivale nella rappresentazione plastica di tutto ciò che oggi simboleggia la chiusura del mondo. Biden vuole chiudervi in casa, Biden vuole chiudere l’economia, Biden vuole distruggere la vostra libertà, Biden vuole regalare all’America quattro anni di chiusura forzata. Lo slittamento che abbiamo provato a inquadrare è però qualcosa di più di una rivoluzione semantica ed è come una involontaria presa d’atto che il mondo che i sovranisti sognavano è diventato un incubo e che il mondo che i nazionalisti consideravano un incubo è diventato un sogno. In questo senso, la contorsione di Trump (l’apertura in pandemia è sciagurata quanto la chiusura quando la pandemia non c’è) è il segno di un nuovo mondo che forse è persino più visibile in Europa, laddove il trumpismo ha cercato senza successo di allevare i suoi discepoli.

 

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Anche qui, fino a qualche tempo fa, la divisione del mondo girava attorno alla dialettica tra apertura vs chiusura e anche qui, in tempi di pandemia, i teorici della chiusura sono stati costretti in qualche modo a rimangiarsi il proprio lessico e a riconoscere a denti stretti che un paese che si isola (no Europa) ha più difficoltà ad affrontare i problemi di un paese che sceglie di non isolarsi (sì Europa). Più protezione, meno protezionismo. Più interesse collettivo, meno interesse individuale. Più unione, meno debolezza e più forza. Più globalizzazione, meno povertà.

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Trump naturalmente non la pensa così – come così non la pensa neppure Salvini – ed è evidente che il gioco dei sovranisti oggi sia simile a quello di quattro anni fa e che sia in definitiva quello di indicare un capro espiatorio su cui scaricare tutti i problemi del mondo, eliminato il quale sarebbe possibile aver un giorno riconosciuta una maggiore libertà. Ma vedere il tentativo della banda dei sovranisti di impossessarsi del lessico dell’apertura è uno spettacolo per cui vale la pena pagare il biglietto e che ci permette di ricordare una verità valida non solo durante la stagione pandemica: la vera follia non è chiudere il mondo quando c’è una pandemia in corso, ma è farlo quando una pandemia non c’è.  
 

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