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Il caso

Covid, la destra senza piazza. Così Salvini e Meloni scoprono le contestazioni

Contraddittori sulle chiusure, rassegnati al lockdown: la difficoltà di essere opposizione nonostante le fatiche del governo Conte

Simone Canettieri

Mercoledì è toccato al leader della Lega, il giorno dopo a quella di Fratelli d'Italia. Gli italiani  sono alle prese con le paure reali e i sovranisti faticano a trovare margini per cavalcare l'onda della protesta

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 La destra spiazzata. Senza pulpito.  Cacciata. Fischiata. La sorpresa che, visti i tempi di rabbia e paura che corrono, aizzare le folle in tutte i loro particolarismi, dicendo   “siamo con voi, siamo dei vostri” diventi pericoloso. Un boomerang. Altro che vita spericolata, ognuno qui “è perso per i fatti suoi”.

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 La destra spiazzata. Senza pulpito.  Cacciata. Fischiata. La sorpresa che, visti i tempi di rabbia e paura che corrono, aizzare le folle in tutte i loro particolarismi, dicendo   “siamo con voi, siamo dei vostri” diventi pericoloso. Un boomerang. Altro che vita spericolata, ognuno qui “è perso per i fatti suoi”.

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E’ successo mercoledì a Matteo Salvini al Pantheon: davanti alle tovaglie apparecchiate per terra dai ristoratori, il  leader della Lega è stato preso a “buffone, vattene” da un gruppo di commercianti. E così Salvini, che una volta si mescolava nel brodo primordiale della protesta per cavalcarla e guidarla addirittura anche quando era vicepremier, è stato costretto all’impensabile: battere in ritirata. Andarsene via. Eppure i ristoratori stavano lì per manifestare contro il governo Conte, contro l’ultimo dpcm che li obbliga a stare chiusi la sera. Pance da vellicare. Invece niente, perché rischiano di essere pance vuote sicché non fanno distinzioni. Eppure non erano “le zecche dei centri sociali” a cui mandare bacioni e quindi i professionisti della contestazione,  ma “quegli italiani che la mattina si alzano per dar da mangiare ai figli”, come ama ripetere sempre il Capitano nelle sue dirette su Facebook. 


Altro episodio. Giorgia Meloni, giovedì mattina davanti a un sit-in di operatori  del turismo a due passi dal Mibact, è stata vittima di un imprevisto figlio dei tempi. “Non hai fatto niente per noi, vattene”, è stato l’urlo di uomo, in prima fila, rivolto alla leader di Fratelli d’Italia.  Un esagitato, forse, che ha bloccato chi cercava di calmarlo con parole di fuoco: “Ma non me rompe le palle, quando io buttavo le bombe a piazza del popolo tu dove stavi? Io sono di destra nazionale, ma non me rompete i cojoni”. Lui ha alzato i tacchi e se n’è andato. Come aveva fatto poco prima Meloni.
 Due piccoli apologhi che la dicono lunga, però, sul clima e anche sulla difficoltà che  registra la destra sovranista di trovare spazi di manovra in questa notte in cui tutte le vacche sono nere. Dove la politica che governa è costretta a rincorrere l’emergenza. Così come l’opposizione, però. 
Non a caso, ammetteva  giorni fa Claudio Durigon, braccio destro di Salvini, che di questo passo “i cittadini non faranno distinzione tra destra e sinistra, ma ci tratteranno come politici”. E dunque male. 
Pure per questo motivo, seppur tra mille distinguo lessicali, la destra  si ritrova spiazzata. Senza piazza. Tenori che temono i fischi dei loggionisti. Forse  senza popolo, ma di sicuro con i populismi che vanno per fatti loro. Storia già vista, niente di nuovo. Il M5s, che nasce dalla schiuma della rabbia, nemmeno ci prova più in questa fase a immergersi nel gentismo. E ha scoperto quanto sia meglio, seppur più complicato, stare nel palazzo e darsi un profilo istituzionale.

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Le scenette rivelatrici, d’altronde, non mancano: ci passò anche Alessandro Di Battista quando nel 2017  si trovò ad arringare la piazza sbagliata davanti a Montecitorio. Dibba era parlamentare  d’opposizione, era il 2017, e uscì fuori dalla Camera con un bel megafono per denunciare “il golpe del governo sul Rosatellum”, ma si trovò davanti a un centinaio di forconi guidato dal generale Pappalardo che al grido “abusivo, vattene” e a colpi di pernacchie lo fecero andare via. Altri tempi, certo. Perché adesso la situazione è peggiorata e dunque anche il controcanto diventa complicato, rischioso e controproducente. Lo confermano, per esempio, le giravolte di Salvini sul lockdown, cambi di posizione ubriacanti: prima sì, poi no. Poi boh. Così come l’idea dei sindaci leghisti di ricorrere al Tar contro il dpcm. Una trovata nata e morta, ora quasi risibile davanti a 31mila positivi. E così senza piazza rimane il palazzo. 

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