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Intervista

Rutelli: "I cinema erano sicuri. Ma non discuto. Ripensare le sale"

Carmelo Caruso

"Chiedere alle grandi piattaforme come Netflix di destinare parte dei suoi proventi alla crisi del settore. Serve un piano nazionale per ricostruire i nostri cinema". Parla Francesco Rutelli, presidente Anica

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Non perdere tempo a discutere della chiusura dei cinema, ma prepararsi alla riapertura della sale cinematografiche “che non potranno che cambiare come è destinata a cambiare la città”. Chiedere alle “grandi astronavi”, alle piattaforme come Netflix, Amazon, Apple, di contribuire “pagando, con una parte dei loro proventi, i lavoratori del settore cinematografico che è costretto a chiudere”. Dunque Francesco Rutelli non vuole insolentire Dario Franceschini e il governo che con dpcm ha fatto calare “il buio in sala”? “Il ministro, da parte nostra, non può che avere il beneficio della fiducia”. La tutela della salute viene prima di tutto. Il governo ha una responsabilità importante”. Immaginiamo con Rutelli che è presidente di Anica, ex sindaco di Roma, ministro della Cultura, non come è triste vivere senza cinema, ma come dovrà essere il nuovo mondo con il cinema che non è solo l’evasione, ma “un comparto economico che opera secondo logiche industriali”.

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Non perdere tempo a discutere della chiusura dei cinema, ma prepararsi alla riapertura della sale cinematografiche “che non potranno che cambiare come è destinata a cambiare la città”. Chiedere alle “grandi astronavi”, alle piattaforme come Netflix, Amazon, Apple, di contribuire “pagando, con una parte dei loro proventi, i lavoratori del settore cinematografico che è costretto a chiudere”. Dunque Francesco Rutelli non vuole insolentire Dario Franceschini e il governo che con dpcm ha fatto calare “il buio in sala”? “Il ministro, da parte nostra, non può che avere il beneficio della fiducia”. La tutela della salute viene prima di tutto. Il governo ha una responsabilità importante”. Immaginiamo con Rutelli che è presidente di Anica, ex sindaco di Roma, ministro della Cultura, non come è triste vivere senza cinema, ma come dovrà essere il nuovo mondo con il cinema che non è solo l’evasione, ma “un comparto economico che opera secondo logiche industriali”.

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Non volete quindi denaro, assistenza e redditi? “Sussidi a chi deve affrontare questa nuova chiusura assolutamente sì a lavoratori e imprese. Ma dobbiamo fare molto di più”. Rutelli lo spiega al Foglio. Partiamo dai numeri? Non eravate un posto sicuro? “Non solo le sale cinematografiche lo erano. Lo sono. Dal 19 agosto fino al giorno della chiusura, al cinema sono entrati più di quattro milioni e mezzo di spettatori e non si sono verificati focolai”.

 

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E dice anche che sono gli unici luoghi che malgrado abbiano perso oltre il 75  per cento del loro pubblico, rispetto al 2019, hanno visto gli italiani emozionarsi, sorridere, distanziati correttamente. Per queste settimane erano previste importanti uscite “penso al film di Edoardo Leo, alla nuova pellicola di Verdone”. Non vuole fare una polemica con il governo? “Avrei preferito diluire la circolazione dei mezzi pubblici. Mi chiedo se alle 18 non rischiamo l’assalto al bus. Ma non discuto la ragione delle misure. E’ un momento in cui deve prevalere il senso di responsabilità”. E’ vero che Franceschini ha dovuto chiudere i cinema perché altrimenti Vincenzo Spadafora si ostinava a chiudere le palestre? “C’è una linea rigorosa. Non ho motivo di pensare che il cinema chiuda per ragioni di veti”.

 

E infatti Rutelli rifiuta “la recriminazione e l’indignazione”. Parla di un “comparto primario per la democrazia stessa, direi identitario per il nostro paese” ma elenca tre punti ancora più essenziali per rilanciare la filiera creativa. “Difendere la sala. Tutelare il broadcast, intendo le televisioni che hanno perso fiumi di pubblicità. Vanno ristorati anche loro. Chiedere un gesto di responsabilità normativa –  impegni fiscali, investimenti – alle piattaforme che possono così contribuire alla nuova creazione di contenuti italiani. Salvaguardare le produzioni indipendenti”.

 

Secondo Rutelli c’è solo un modo per non sprecare questa chiusura obbligata: “Cominciamo a parlare di un piano pubblico-privato per trasformare i cinema in sale multifunzionali. Lo possiamo fare con i fondi europei”. Che sale dovranno essere? “A Milano, e mi serve per fare un esempio, c’è l’Anteo. Un nido per i bambini, la ristorazione, la libreria. Quello è un modello. Come è accaduto in città spagnole e francesi, i cinema devono diventare luoghi commerciali e d’avanguardia”. Questa estate era stato proposto di fare scuola al loro interno. Anche l’istruzione in poltrona? “Certo. Osserviamo attentamente quanto è destinato ad accadere. Ci sarà una rigenerazione urbana. Saremo più esigenti. Quando dico che i cinema devono migliorare mi misuro con la città del dopo pandemia. Cambierà l’urbanistica: le funzioni commerciali, gli uffici, gli spazi per le residenze, l’utilizzo dei dati”.

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Sorgeranno spazi di tipo nuovo che dovranno servire ai quartieri per permettere socialità. “Per farlo non si può riproporre il vecchio schema”. Spiega che la sfida sarà coinvolgere i grandi attori perché il mondo è cambiato tanto che oggi “il nuovo film di 007 non esce in sala ma su Apple”. Significa che va chiesto a questi giganti di rinunciare a una parte di guadagni. “Come Anica abbiamo coinvolto Netflix. Si può fare”. Si dice sempre: tanto sono artisti. Sopravviveranno. “E invece no. Il cinema significa elettricisti, truccatori. Significa industria. Un’industria che, ripeto, ha risposto con velocità e si è adeguata ai protocolli. Non perdo tempo sulle date. E’ ovvio che ci auguriamo tutti che i cinema possano riaprire il prima possibile. Non parliamo solo di saracinesche abbassate. Riaprire con strategia, piani ambiziosi. Non  potrà che essere un altro cinema”.
 

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