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Il retroscena

Covid, regioni alla riscossa. E il cambio tra Fedriga e Bonaccini agita il governo

Cambiano gli equilibri nella conferenza che dialoga con palazzo Chigi: il leghista pronto a succedere al dem

Simone Canettieri

In questa seconda ondata, i presidenti sono più forti complici le divisioni interne all'esecutivo. Un problema in più per Conte e Boccia

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“Il quadro, rispetto alla prima ondata, si è ribaltato: ora siamo più forti noi”, dicono dalle regioni. O forse, perché la faccenda è speculare, è il governo a  trovarsi in affanno, sfiaccato. Fatto sta che lunedì mattina, il dpcm che non chiudeva bar e ristoranti (ma anche palestre e piscine) è stato rivendicato come un “successo” dai governatori di centrodestra (da Giovanni Toti a Luca Zaia) e ha provocato sconquassi nell’esecutivo. Cosa è  cambiato nella conferenza stato-regioni? Di sicuro, tra poco, il presidente: il leghista Massimiliano Fedriga  è destinato a prendere il posto del dem Stefano Bonaccini.

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“Il quadro, rispetto alla prima ondata, si è ribaltato: ora siamo più forti noi”, dicono dalle regioni. O forse, perché la faccenda è speculare, è il governo a  trovarsi in affanno, sfiaccato. Fatto sta che lunedì mattina, il dpcm che non chiudeva bar e ristoranti (ma anche palestre e piscine) è stato rivendicato come un “successo” dai governatori di centrodestra (da Giovanni Toti a Luca Zaia) e ha provocato sconquassi nell’esecutivo. Cosa è  cambiato nella conferenza stato-regioni? Di sicuro, tra poco, il presidente: il leghista Massimiliano Fedriga  è destinato a prendere il posto del dem Stefano Bonaccini.

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Il volante passerà dunque dall’Emilia-Romagna  al Friuli Venezia Giulia. Un cambio della guardia dettato dalla geopolitica: il centrodestra, dopo l’ultima tornata elettorale, ha piazzato bandierine in ben quattordici regioni. Un’evidenza di cui è ben consapevole anche Bonaccini. Tanto che nell’ultima riunione non si è fatto problemi a “rimettere sul tavolo il mio mandato, ditemi voi solo quando dovrò fare un passo indietro”.

A dire il vero,  non ci sarebbe nemmeno tanta fretta per la destra: la guida di Bonaccini della conferenza stato-regioni  – finora per motivi di merito, ma magari anche per dinamiche interne al Pd – non è mai stata tenera con la squadra rossogialla di Conte.


Ma meglio non tergiversare troppo. Sicché il voto è atteso il prossimo novembre: prima per due volte si cercherà, come da regolamento, l’unanimità, poi si andrà a colpi di maggioranza. Luca Zaia, la prima persona a cui Salvini lo ha chiesto all’indomani della rielezione, ha subito declinato l’invito. “Per me essere presente a Roma per le riunioni sarebbe ed è una scocciatura: butto un’intera giornata”. E forse per la sua innata spinta autonomista, da vecchio lighista,  il doge  sarebbe stato anche un problema per gli altri colleghi del centro-sud. Tant’è che per indole da mediatore (“è un vero democristiano”, dicono da via Bellerio con un sorriso) si è deciso di puntare su Fedriga, capogruppo della Lega alla Camera prima della chiamata di Salvini due anni e mezzo fa (“Max devi tornare alla base, mi servi nella tua terra”).  

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Sul suo nome c’è il via libera anche di Giovanni Toti. E gli altri presidenti, di Fratelli d’Italia e Forza Italia, non stanno questionando. Il timore, tra Palazzo Chigi e il Nazareno, è che con un nuovo presidente la conferenza stato-regioni diventi ancora più complicata da gestire, soprattutto in questa fase, con i governatori che procedono con le strette locali (Vincenzo De Luca in Campania e Attilio Fontana in Lombardia), il resto dei territori che frena e l’esecutivo che si trova in mezzo. Ne sa qualcosa Francesco Boccia (in isolamento dopo la positività della moglie Nunzia De Girolamo). Il ministro costretto a mediare, rompere e ricucire per poi arrivare a una sintesi da equilibristi: autonomia sì, ordine sparso no. Se c’è stato, come dicono tutti, un momento di svolta nei rapporti, un attimo in cui i piatti della bilancia hanno invertito la pendenza è stato la scorsa estate. Quando davanti agli impraticabili protocolli dell’Inail per riaprire ristoranti e stabilimenti balneari, le regioni imposero le loro, ormai celebri, “linee guida”. Più flessibili, più concrete. La vittoria dei territori su Roma.


E adesso, con la seconda ondata, si ricomincia con il braccio di ferro. Con gli enti locali che fanno il primo passo. Ed è ciò che si sta  verificando. Se De Luca ha fatto irritare e non poco la ministra Lucia Azzolina, con lo stop alle scuole, anche gli altri presidenti agiscono. Per ora non si parla di lockdown esteso ma, grazie anche a quanto consentito dall’ultimo dpcm, di chiusure restrittive e localizzate, come ha deciso di fare la regione Piemonte, che renderà off limits nel fine settimana i centri commerciali non alimentari. Diverse le soluzioni per ora intraprese anche da Lombardia e Campania, che hanno approvato ordinanze per proclamare il coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino.  Seconda ondata, nuova fase dunque. Anche per i governatori. Palazzo Chigi è avvisato. 

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