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Troppo comodo prendersela con le feste

Il virus che corre e il tempo perso (molto)

Maurizio Crippa

Bene le mascherine e l'attenzione sociale. Ma politici ed esperti dovrebbero, operazione verità, ammettere che si è in ritardo. Su tamponi, Immuni. Tutti i soldi già stanziati che non si è ancora iniziato a utilizzare

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In Gran Bretagna Boris Johnson annuncia un nuovo sistema di lockdown progressivi, in Francia Emmanuel Macron parlerà a reti unificate domani; in Italia, dove politici ed esperti parlano fin troppo, col solito picco di dibattito prima ancora di leggere il nuovo dpcm, uno che parla poco come il nuovo direttore della Sanità lombarda, Marco Trivelli, ha scritto una mail, intercettata dal Corriere, in vista di una riunione prevista per oggi pomeriggio per mettere a punto misure “più restrittive nelle città maggiormente interessate dall’incremento della curva dei contagi, come Milano”.  Tra cui, si legge, “orario di chiusura bar anticipata alle 18 come nel mese di marzo”.
 

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In Gran Bretagna Boris Johnson annuncia un nuovo sistema di lockdown progressivi, in Francia Emmanuel Macron parlerà a reti unificate domani; in Italia, dove politici ed esperti parlano fin troppo, col solito picco di dibattito prima ancora di leggere il nuovo dpcm, uno che parla poco come il nuovo direttore della Sanità lombarda, Marco Trivelli, ha scritto una mail, intercettata dal Corriere, in vista di una riunione prevista per oggi pomeriggio per mettere a punto misure “più restrittive nelle città maggiormente interessate dall’incremento della curva dei contagi, come Milano”.  Tra cui, si legge, “orario di chiusura bar anticipata alle 18 come nel mese di marzo”.
 

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E ancora “riduzione del carico sul trasporto pubblico attraverso l’utilizzo della didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado e lo smart working in ogni contesto applicabile”. Ovviamente solo un appunto tecnico e riservato, niente decisioni, ha subito precisato il direttore. Ma la situazione è ovunque di massima attenzione. Non sta andando tutto bene, e trattandosi di tre paesi che hanno avuto approcci in parte diversi al Covid è impossibile anche per gli esperti capire se e dove ci sono stati errori. Per limitarci all’Italia che per ora registra meno criticità, qualunque sia il motivo, e che è stata nelle scorse settimane elogiata anche all’estero, qualcosa che non ha funzionato c’è. E il nervosismo di questi giorni, nella politica e tra la popolazione, lo dimostra. Ma i motivi andrebbero spiegati, anziché limitarsi a alzare l’allarme sociale. Calcetto e feste a parte, e sorvolando sulla sventata uscita di Roberto Speranza a proposito dei delatori condominiali, l’impressione creata dalle ipotesi restrittive e dal richiamo a una responsabilizzazione (che in Italia in realtà c’è sempre stata) rischia da un lato di dare ragione a chi paventa eccessi nello stato di eccezione. Ma dall’altro, più grave, è fumo negli occhi per evitare di dire altro: che se rischiamo un’altra emergenza (misteri del comportamento del virus a parte) è anche perché si è perso tempo nel non fare le cose che ci si era detti, tutti, di fare. Per un’operazione verità che tolga allarmismi – non la doverosa preoccupazione – la prima cosa che andrebbe chiarita da parte di governo e tecnici è che non siamo, fortunatamente, al numero di morti e al collasso del sistema di questa primavera. Anche negli altri paesi europei il rapporto tra contagi, terapie intensive e decessi è minore. Probabilmente perché si è imparato a curare prima e meglio. La reale emergenza, in Italia, è ora quella di tenere bassi e monitorati i contagi e curare prima in modo da evitare il tilt del sistema sanitario. C’è da evitare una nuova crisi nel sistema sanitario, non da fermare con il virus con le mani. Sarebbe un’operazione verità necessaria. Anche se, in Italia, dire la verità al popolo non è mai né facile né utile.

 

Quindi giuste le mascherine, giusto il richiamo sui comportamenti. Ma c’erano altre cose da fare, che non sono in carico ai privati cittadini e che andrebbero spiegate.  A partire dai tamponi. Continuiamo a essere una delle nazioni che ne fanno di meno, gli ingorghi ai punti prelievo dimostrano una mancata programmazione (e digitalizzazione) e un numero di laboratori per processarli insufficiente. Eppure, ci sono stati mesi, e l’estate calma, a disposizione. Vittorio Demicheli, direttore dell’Ats Lombardia, ha detto intervistato: “Stiamo studiando un modo per far scattare la prenotazione e l’avviso dell’esito del tampone in tempo reale tramite sms”. A ottobre? Il caso dei vaccini influenzali è altrettanto significativo: invitare tutti a farli, quando le dosi non ci sono per tutti, né alle regioni era stato fatto obbligo di provvedere per tutta la popolazione, ha poco senso e rischia di aumentare solo il caos sociale. Oppure la app Immuni, che non ha ancora raggiunto l’efficacia voluta, o i protocolli informatici ancora a macchia di leopardo. Il ministro Roberto Speranza ha detto che per la Sanità “ci sono risorse senza precedenti. Per la prima volta non siamo contro vento, dobbiamo sfruttare questa straordinaria opportunità: possiamo immaginare di fare una riforma”. Ma come ha documentato ieri la Stampa, dei 3,4 miliardi messi già a disposizione in questi mesi ne sono stati spesi un terzo. E non per interventi strutturali, come aprire laboratori o aumentare i posti in terapia intensiva (cresciuti solo del 25 per cento). Il decreto “Rilancio” stanziava 1,9 miliardi, ma solo cinque regioni hanno presentato piani per utilizzarli. Mesi di ritardo. Mes a parte, il sistema non è in grado di spendere nemmeno i soldi che ha. Avere più personale, una miglior medicina territoriale, sono ovviamente riforme molto più lunghe. Ma nessuna regione è ancora partita. Ripetere, come certi virologi, “se non volete il lockdown dimenticate anche le feste con i parenti”. E’ un po’ poco. Anzi non è vero.

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