La sfida per il Campidoglio
"Vieni avanti, Carletto". Calenda e le primarie con il Pd: è partito l'ottovolante
Il leader di Azione vuole candidarsi ma senza passare dal rito dem. Zingaretti è per metterlo alla prova, lui frena e accelera come sempre
Cantiere aperto nel centrosinistra. Bettini tifa Cirinnà, il segretario è aperturista. I renziani sono per il modello Bonaccini
Bisogna partire da Flavia De Gregorio. Come chi è? E’ una consigliera del I municipio (Ztl purissima, dunque) e soprattutto responsabile romana di Azione. Flavia ha detto sì. Mercoledì ci sarà anche lei al tavolo convocato dal segretario del Pd Andrea Casu con Stefano Fassina e Italia viva per parlare di come espugnare il Campidoglio. Dunque è fatta? Carlo Calenda sarà il candidato del centrosinistra XXL? Meglio fare un salto su Twitter. “Un suggerimento al @pdnetwork – scrive di prima mattina Calenda – Qualsiasi decisione sulla capitale deve avere l’obiettivo di portarla fuori dal sottosviluppo in cui versa, non stoppare candidati che non si sono candidati. Ad maiora”.
Bisogna partire da Flavia De Gregorio. Come chi è? E’ una consigliera del I municipio (Ztl purissima, dunque) e soprattutto responsabile romana di Azione. Flavia ha detto sì. Mercoledì ci sarà anche lei al tavolo convocato dal segretario del Pd Andrea Casu con Stefano Fassina e Italia viva per parlare di come espugnare il Campidoglio. Dunque è fatta? Carlo Calenda sarà il candidato del centrosinistra XXL? Meglio fare un salto su Twitter. “Un suggerimento al @pdnetwork – scrive di prima mattina Calenda – Qualsiasi decisione sulla capitale deve avere l’obiettivo di portarla fuori dal sottosviluppo in cui versa, non stoppare candidati che non si sono candidati. Ad maiora”.
E l’ottovolante ha appena acceso i motori.
La faccenda non è semplice affatto. Il Pd è pronto a sostenere l’ex ministro dello Sviluppo economico a patto che la sua investitura passi dalle primarie. Per farla breve e dritta, anche se non è proprio così geometrica. Ma tutti sanno al Nazareno che il diretto interessato non ne ha la benché minima voglia. Per ora.
Anzi, l’altro giorno ha confessato a un amico: “Io sono pronto a candidarmi a Roma e ho anche 2 milioni di euro del due per mille raccolto da Azione da investire per la campagna elettorale”. E il Pd? Se lo ama dovrà seguirlo, senza troppe storie e gazebo. Un po’ come fece Vincenzo De Luca in Campania (che però era ed è, a modo suo, del Pd). Ma al Nazareno, ovvio, non la pensano proprio così. E offrono un po’ di elementi: “A Roma siamo quasi al 30 per cento e Calenda all’uno, quindi siamo pronti a trattare ma senza sudditanze, anzi”.
Zingaretti e Calenda si parlano, si scrivono, si mandano a quel paese, si danno il cinque, hanno un rapporto che ha vissuto alti e bassi. “Ma Carlo è stato la prima scelta per Roma di Nicola, certo prima che iniziasse a sputarci addosso un giorno sì e l’altro pure”, racconta un big del Pd che li conosce bene entrambi.
Bruno Astorre, segretario regionale dei dem e uomo di fiducia di Dario Franceschini in Senato, scherza: “Calenda deve partecipare alle primarie. Se le perde, male che vada, diventerà presidente del Parlamento europeo o premier o commissario Ue”. Una battuta, quella di Astorre, che racchiude una piccola e curiosa costante: chi perde le primarie per il Campidoglio dopo un po’ si ritrova nell’empireo della politica.
E’ successo a David Sassoli e Paolo Gentiloni (sfidanti di Ignazio Marino nel 2013), ma anche a Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente, duellante di Roberto Giachetti nel 2016. “Scherzi a parte – continua Astorre – spero che Calenda si metta a disposizione di questo percorso democratico”. Anche se vi insulta sempre e dice che voi del Pd siete subalterni ai grillini e populisti a vostra insaputa? “Se si mette in gioco avrà modo di sciacquare i panni in Tevere, diciamo”.
D’altronde il rapporto tra l’europarlamentare e il Partito democratico ormai è un romanzo d’appendice. Anzi un fotoromanzo: lui che prende la tessera accolto da Maurizio Martina, lui che critica (su Twitter, ovvio) il partito, lui che viene candidato in Europa, lui che lascia il partito. E adesso cosa farà? E come sarà accolto? Gli zingarettiani più puri non si fidano. Goffredo Bettini, che è l’ideologo dei dem, gli preferisce Monica Cirinnà, a cui guarda “con simpatia”. “Ma Carlo è il benvenuto nel nostro cantiere”, dice Casu, alle prese con una grana non da poco: tenere uniti, con le cinture allacciate, tutti i passeggeri dell’aereo più pazzo del mondo. Perché a completare il presepe c’è anche Matteo Renzi. Italia viva mercoledì porterà al tavolo il delegato romano Marco Cappa. Luciano Nobili, deputato di Iv, si limita per ora a dire: “Per noi lo schema è quello di Bonaccini in Emilia Romagna, ma anche di Eugenio Giani in Toscana. Progetto alternativo, con i migliori uomini in campo. I rapporti con Calenda? Dopo le regionali più che buoni”. Alti e bassi. Anche in questo caso. Eppure una volta Matteo e Carlo furono un team affiatato, incudine e martello. “Per me Calenda si candiderà, ma da solo. Se fosse così sarebbe un peccato”, dice Massimiliano Smeriglio, collega a Strasburgo ed ex vice di Zingaretti in regione.
E non c’è il rischio che con il Pd da una parte e il leader di Azione dall’altra, Virginia Raggi ne approfitti per arrivare al ballottaggio? Mi pare difficile, però sì il rischio c’è”. (A proposito in Campidoglio ieri commentavano: “Allora, ditelo, è un altro complotto per farci rivincere!”). Tutto si muove. E tutti sono consapevoli che sarà una storia lunga, piena di colpi di scena, situazionismo su Twitter e finale a sorpresa. Ecco, per esempio ieri sera girava che la delegata calendiana, Flavia De Gregorio, ci avesse già ripensato a proposito dell’appuntamento di mercoledì. Ma magari sono voci infondate. Vedremo questa mattina, intanto, cosa accadrà.