PUBBLICITÁ

Scommettere su Calenda come sindaco di Roma

Calenda si candiderà come sindaco della Capitale e lo farà partendo da un’idea seduttiva: trasformare Roma nel laboratorio del talento futuro. Il rischio Balotelli, l’Europa e quella chance nazionale che il Pd può cogliere. Spunti da una telefonata

Claudio Cerasa

Di fronte alla candidatura di Calenda, il Pd può dimostrare che la cifra del nuovo partito è quella dell’inclusione e può cogliere così l’occasione della candidatura di un talento indisciplinato non per alimentare uno scontro fratricida ma per aprire invece la fase calamita e tentare di trasformare le prossime comunali in un’occasione per attirare dentro al perimetro del Pd tutto il meglio della cultura riformista che può offrire il paese

PUBBLICITÁ

Sono passate da poco le sedici e finalmente Carlo Calenda risponde al telefono. L’ex ministro dello Sviluppo sa cosa vogliamo chiedergli e dice di no, che interviste non ne fa, che non ne vuole discutere e che semmai ne parlerà tra qualche giorno quando prenderà una decisione. La decisione ovviamente è quella che riguarda Roma ed è quella che riguarda la sua possibile candidatura a sindaco e mentre Calenda tenta di sviare la conversazione, il tono delle sue parole sembra essere più deciso delle sue argomentazioni e l’impressione è che l’ex ministro non abbia dubbi e che abbia deciso di fare quel passo che in molti si auguravano che facesse: provare a trasformare Roma in un formidabile laboratorio politico dell’antipopulismo.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Sono passate da poco le sedici e finalmente Carlo Calenda risponde al telefono. L’ex ministro dello Sviluppo sa cosa vogliamo chiedergli e dice di no, che interviste non ne fa, che non ne vuole discutere e che semmai ne parlerà tra qualche giorno quando prenderà una decisione. La decisione ovviamente è quella che riguarda Roma ed è quella che riguarda la sua possibile candidatura a sindaco e mentre Calenda tenta di sviare la conversazione, il tono delle sue parole sembra essere più deciso delle sue argomentazioni e l’impressione è che l’ex ministro non abbia dubbi e che abbia deciso di fare quel passo che in molti si auguravano che facesse: provare a trasformare Roma in un formidabile laboratorio politico dell’antipopulismo.

PUBBLICITÁ

 

Quattro anni fa, Roma ha avuto la fortuna, si fa per dire, di diventare il laboratorio di governo di un movimento politico che ha avuto il successo che sappiamo (a Roma il grillismo ortodosso ha mostrato di essere incompatibile con la realtà con qualche anno di anticipo rispetto al governo). E quattro anni dopo, Roma si trova ad avere un’altra fortuna, questa volta vera: trasformare la Capitale d’Italia non più in una zavorra ma in un traino per il paese. “Roma, caso unico in Europa, negli ultimi dieci anni – ha scritto Marco Simoni in un bellissimo saggio dedicato alla Capitale uscito sull’ultimo numero del Mulino – è cresciuta molto meno della media nazionale: negli anni di crisi Roma è decresciuta più della media nazionale. Per il paese, dunque, Roma non è stata un traino, come ci si aspetterebbe da una capitale, ma un peso. Per questa ragione oggi la ripresa dell’Italia e l’uscita non solo dalla crisi del Covid-19 ma dai vent’anni di stagnazione passano per la rinascita della sua capitale. Paradossalmente siamo davanti a una grande questione nazionale che però può trovare soluzione solo localmente: nessun papa straniero potrà mai funzionare, ma solo una politica capace di mobilitare le energie, tante, di cui la capitale dispone”. Si dirà: che c’entra in tutto questo Carlo Calenda? C’entra nella misura in cui la sua candidatura – che se tutto va bene verrà annunciata lunedì prossimo – promette di essere non solo una bella notizia per Roma ma anche un’opportunità molto interessante per il Pd. E quando lunedì Carlo Calenda dirà di volersi candidare, chiedendo l’appoggio del Pd, per la leadership del Partito democratico si presenterà una domanda non troppo diversa da quella che regolarmente devono porsi le squadre di calcio alle prese con i propri Balotelli e i propri Cassano, ovverosia con i propri calciatori tanto talentuosi quanto indisciplinati. Dunque, che fare? Rassegnarsi all’idea, per non darla vinta a Calenda, di non avere un candidato forte in una città che ha invece un bisogno disperato di candidati di talento e di schierare, nella prossima primavera, un proprio candidato alternativo a Carlo Calenda oppure dimostrare che la cifra del nuovo Pd è quella dell’inclusione e cogliere così l’occasione della candidatura di un talento indisciplinato non per alimentare uno scontro fratricida ma per aprire invece la fase calamita e tentare di trasformare le prossime comunali in un’occasione per attirare dentro al perimetro del Pd tutto il meglio della cultura riformista che può offrire il paese? Calenda fa capire che non accetterebbe di partecipare alle primarie del Pd, sostenendo che la sua eventuale candidatura dovrebbe tendere a rappresentare più il fronte repubblicano che quello semplicemente democratico. Ma lascia anche intendere che sarebbe contento qualora il Pd – facendo altri passi in avanti nella sua traiettoria europeista, passi in avanti che anche un critico del governo come Calenda ormai riconosce al suo ex partito e persino al governo – dovesse scegliere di sostenerlo come candidato a Roma. E qui arriva l’altro spunto di riflessione interessante.

 

PUBBLICITÁ

E’ chiaro qual è il compromesso che chiede Calenda al Pd – io scendo in campo, lo faccio, ma sostenetemi senza passare per le primarie, considerando il fatto che avere candidati scelti senza primarie è diventata un’opzione che il Pd spesso sceglie di percorrere: vedi la ricandidatura di Vincenzo De Luca in Campania. Mentre è invece meno chiaro quale sia il compromesso che offre Carlo Calenda al Pd – partito che negli ultimi mesi Calenda ha spesso maltrattato e che continuerà a considerarlo poco affidabile almeno fino a quando lo stesso Calenda non farà prova di umiltà riconoscendo magari al Pd il merito di aver messo in piedi un governo che sta mettendo in crisi più le forze antieuropeiste che quelle europeiste. A Roma vale la pena di appassionarsi non per questioni personalistiche, ma perché la crescita futura dell’Italia passa da una svolta della sua capitale. E scommettere su un indisciplinato di talento potrebbe essere un azzardo necessario per dare a Roma la possibilità di tornare a sognare.
 

PUBBLICITÁ