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La sorpresa

Un bug nello statuto M5s salva Raggi: se condannata può ricandidarsi

In Campidoglio si stropicciano gli occhi: non fa paura nemmeno il tribunale. Intanto nel Pd si va alle primarie (a dicembre). Attenzione a Calenda

Simone Canettieri

A ottobre il processo d'appello: se andrà male, la grillina è pronta ad appellarsi alla Cassazione e intanto a correre alle comunali. Lo dice il Codice etico

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Come interpretare il Bettini di oggi?”. Virginia Raggi e Laura Castelli stanno presentando i progetti del Recovery fund per la Capitale (159 idee che incubano 25 miliardi di euro e di sogni belli). Ma nella sala della Protomoteca, in fondo, si parla di altro.

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Come interpretare il Bettini di oggi?”. Virginia Raggi e Laura Castelli stanno presentando i progetti del Recovery fund per la Capitale (159 idee che incubano 25 miliardi di euro e di sogni belli). Ma nella sala della Protomoteca, in fondo, si parla di altro.

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Si cerca appunto di leggere le parole dell’ideologo del Pd come si fa con i fondi del caffè. “Non aspettiamo il grande nome, servono le primarie”, ha detto in tv Bettini che fu musa e dea Kali della Capitale. Quindi, si chiedono i più stretti collaboratori della sindaca grillina a proposito dei cugini pd, significa che non hanno l’asso nella manica? “Di sicuro – ammette l’assessore al Personale Antonio De Santis, colui che vigila su 12mila famiglie e voti di impiegati pubblici  – le cose si stanno mettendo bene, in maniera inaspettata, quasi”.  Ma in queste ore c’è anche un altro aspetto che sta emergendo, una questione da legulei, certo. Ma non banale, nel fantastico mondo dei grillini. 

Il 19 ottobre inizierà il processo d’appello alla sindaca, accusata di falso per la nomina (poi ritirata) di Renato Marra, fratello del suo ex braccio destro Raffaele.  Il Pd, ma anche quel pezzo di M5S che vorrebbe il candidato unico e nuovo a Roma, fa il tifo per la condanna. Perché, da codice etico grillino,  con il pollice verso del giudice salterebbe anche Raggi. Ecco, la novità di queste ore matte in cui i codici del M5s sono studiati come passi della Bibbia, va nel senso opposto.

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L’articolo 6  parla dell’ “incompatibilità con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del Movimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado”. E qui c’è il bug, l’ennesimo del sistema pentastellato. Quell’ “anche solo in primo grado” è pronto a essere usato da Raggi, se la situazione dovesse mettersi male, con una teoria che suona così: in primo grado sono stata assolta e quindi non rientro nel caso di specie, inoltre a questo punto aspetto la Cassazione. Segue pernacchia? Quasi. 
Ma intanto dunque sarebbe pronta a correre ugualmente anche in caso di condanna (visto che non scatta per il falso la legge Severino).

Un bug, appunto, che invece ha messo le ganasce per sempre alle ambizioni di bis (mai esternate, anzi) di Chiara Appendino a Torino, condannata anch’essa per falso in atto pubblico. Sembrano dettagli, ma non lo sono. Soprattutto per il Pd.  Nicola Zingaretti, davanti ai rifiuti di David Sassoli e di Enrico Letta, ha alzato le mani. E ha cercato di ribaltare il punto di vista della faccenda: “Ogni città decide per sé, il segretario del partito anche questa volta non imporrà scelte e candidature da Roma. Decidono i territori”. Sicché “questo varrà anche per la scelta o meno delle primarie a Roma”.

Appuntamento intramontabile, quanto usurato, che balla già intorno a una data: dicembre. Intanto, fioccano le autocandidature: Monica Cirinnà e Giovanni Caudo,  Sabrina Alfonsi e Amadeo Ciaccheri, Michela Di Biase e Paolo Ciani, e poi il sempre giovane Tobia Zevi. Per non parlare della suggestione Massimo Bray,  direttore della Treccani, che ciclicamente spunta fuori quando si cerca l’uomo di sinistra, con visione, storia e curriculum (è stato anche ministro della Cultura).  

Ecco perché davanti a questa situazione i grillini si stropicciano gli occhi, increduli, e pensano che davvero tutto possa accadere. Anche perché la destra stenta a trovare un’intesa: Aurelio Regina piace a Matteo Salvini, ma meno a quanto dicono dentro FdI, a Giorgia Meloni. Senza big nel campo del Pd c’è un’altra variabile impazzita: Carlo Calenda. Il leader d’Azione potrebbe rompere gli indugi e candidarsi, spinto da Italia viva. A quel punto, facendo leva sul voto d’opinione, pescherebbe, e assai, dal campo democrat, sorpassando magari anche il candidato dem. Tutto si muove. Eccetto Raggi. E non solo perché da ieri si trova in autoisolamento in attesa dell’esito del tampone (il suo capo di gabinetto, Stefano Castiglione, è positivo al coronavirus). In serata poi il risultato: è negativa. 

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