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la pianificazione del territorio

Il dissesto idrogeologico? Piantiamola con le filastrocche autunnali del piove, governo ladro

Giuliano Ferrara

Dovremmo considerare il Mose come modello e opera utile invece che simbolo di penoso e inconcludente scetticismo

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Siccome gli stessi che si indignano ogni autunno per il dissesto idrogeologico, rendendolo idroteologico, sono tra i più vociferanti sostenitori del fatto che il Mose era un ferrovecchio arrugginito e non funzionante, e che se avesse funzionato avrebbe distrutto l’ecosistema della Laguna di Venezia, mi permetto qualche dubbio. Il maltempo non è estremo, anche quando lo è, ma ciclico. Ricorre più o meno nelle stesse settimane e negli stessi mesi dell’anno, spesso concentrandosi nelle stesse aree geografiche. Credo ragionevole ritenere che sull’assetto idrogeologico pesino scelte antropocentriche, cioè costruzioni in eccesso, costruzioni in difetto, troppo cemento a spese delle radici, troppo poco cemento a difesa delle radici e del territorio. Cemento male armato contribuisce inoltre, anche se non ci sono i cattivi capitalisti a manutenerlo ma lo stato benevolo del welfare.

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Siccome gli stessi che si indignano ogni autunno per il dissesto idrogeologico, rendendolo idroteologico, sono tra i più vociferanti sostenitori del fatto che il Mose era un ferrovecchio arrugginito e non funzionante, e che se avesse funzionato avrebbe distrutto l’ecosistema della Laguna di Venezia, mi permetto qualche dubbio. Il maltempo non è estremo, anche quando lo è, ma ciclico. Ricorre più o meno nelle stesse settimane e negli stessi mesi dell’anno, spesso concentrandosi nelle stesse aree geografiche. Credo ragionevole ritenere che sull’assetto idrogeologico pesino scelte antropocentriche, cioè costruzioni in eccesso, costruzioni in difetto, troppo cemento a spese delle radici, troppo poco cemento a difesa delle radici e del territorio. Cemento male armato contribuisce inoltre, anche se non ci sono i cattivi capitalisti a manutenerlo ma lo stato benevolo del welfare.

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Tutta la faccenda è molto complessa, orografia e idrografia si intrecciano in una rete di rimandi naturali esposta alle precipitazioni, alla friabilità dei suoli, al movimento della terra e dell’acqua, alle cattive scelte di insediamento umano. Sono cose elementari, si vedono e si toccano drammaticamente con mano da generazioni, e non ricordo un autunno senza una particolare concentrazione di maltempo tra l’alta Toscana, la Liguria e il basso Piemonte. Prevenire e intervenire a tempo, e con efficacia, sono urgenze di sempre, cicliche anche loro come il maltempo, e a questo dovere autorità e cittadini non dovrebbero sottrarsi per nessuna ragione, è appena ovvio. Grandi opere di contenimento e di ricostruzione dell’equilibrio compromesso dalle nuvole e dall’accanimento dei temporali sarebbero necessarie, il Mose come modello invece che simbolo di penoso e inconcludente scetticismo (audibile anche ieri in trasmissioni radiofoniche ricche di chiacchieroni che non ci volevano stare: le dighe fanno bene alla protezione dalle acque alte, inutile arzigogolare).

 

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Nessuno però rileva mai un fatto. Anche nel sud della Francia accadono nello stesso torno di tempo le stesse cose. C’è omogeneità e continuità naturale e regionale, lo squilibrio idrogeologico è analogo. Eppure la Francia, per chi la conosca, ha una struttura centralista, prefettizia, militarizzata quasi, di controllo e verifica. L’aménagement du territoire è lì una religione laica, una pratica amministrativa costante, produce un grande, colossale sforzo di resistenza, non resilienza, alle forze naturali scatenate. L’informazione è diffusa e tecnica, tutti i cittadini sanno che cosa succede e perché. Non si notano però né enfasi tenorili né scetticismi ideologici, si è in trepidazione per le vittime dei fenomeni, si cerca riparo, e ci si rende conto che non è in potere dello stato, e che stato, cambiare la natura delle cose, ma solo fare fronte per quanto possibile. In quel paese il Mose sarebbe celebrato come la Piramide di Giza o di Cheope, avrebbe avuto prima compimento, non sarebbe diventato la panacea degli sbrodoloni, dei falsi competenti, di tutti coloro che hanno qualcosa da dire su cose che non conoscono, la vasta maggioranza del kommentariat. Qui i sindaci vanno in galera, o giù di lì, per l’esondazione di un torrente, la caccia alle responsabilità è giuridicizzata in corrispondenza con la filosofia dei diritti, e la parola d’ordine del riassetto idrogeologico ha il suono della cattiva moneta discutidora. Se procedessimo a opere utili, anche con il finanziamento europeo ideato per garantire la convergenza dei meno forti o più vulnerabili, e la piantassimo con le filastrocche autunnali solite del piove, governo ladro?

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