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Una sera a cena

Di Maio parla e Crimi paga

Gruppo di ministri e sottosegretari in un interno

Salvatore Merlo

Scene inedite dal conclave dei ministri del M5s all'agriturismo Cobragor. Cinquanta euro di mancia (erano in trenta) e autisti lasciati senza cena

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 A un certo punto, dopo il terzo giro di amari della casa, mentre Crimi caracollante recupera la giacca e Di Maio si riallaccia la cravatta, ecco che dalla cucina esce il cuoco Robert: “Scusate, avete dimenticato la mancia”. E indica le due ragazzine, poco più che ventenni, insomma universitarie, che per tutta la sera, dalle 16 alle 23, hanno servito a tavola ministri, sottosegretari, capigruppo e tre membri dello staff grillino (“c’è ritornata fame, non è che si possono avere degli stuzzichini?”).

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 A un certo punto, dopo il terzo giro di amari della casa, mentre Crimi caracollante recupera la giacca e Di Maio si riallaccia la cravatta, ecco che dalla cucina esce il cuoco Robert: “Scusate, avete dimenticato la mancia”. E indica le due ragazzine, poco più che ventenni, insomma universitarie, che per tutta la sera, dalle 16 alle 23, hanno servito a tavola ministri, sottosegretari, capigruppo e tre membri dello staff grillino (“c’è ritornata fame, non è che si possono avere degli stuzzichini?”).

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Così alla fine i ragazzi del governo, un po’ distratti, lasciano un totale di 50 euro di mancia. In trenta. 1,6 euro a testa. 
Il che comunque è un passo avanti rispetto ai tempi in cui – parecchi stipendi fa – andavano a pranzo tutti insieme in Piazza delle Coppelle, alle spalle di Montecitorio, e facevano impazzire l’oste Mario. Ciascuno infatti (era ancora la prima legislatura) pretendeva di pagare solo, esclusivamente ed esattamente quello che aveva consumato.  Sicché  due volte su tre i conti non tornavano. “Aho qua ce mancano trent’euri”, si grattava la testa il povero Mario. Che ancora oggi quando vede arrivare i grillini in gruppo è scosso dai brividi.  
        

Lunedì, al calar del sole, sul tavolo dell’agriturismo Cobragor, in borgata Ottavia, semiperiferia di Roma, oltre ai resti di frittata di cipolle, arista e risotto,  è rimasto pure un microfono. Dimenticato lì dallo staff. Ed è un reperto. Per quasi tutta la sera quel microfono era infatti rimasto saldamente nella mani di Luigi Di Maio. Tutta la sera.  Il grillino che si era dimesso da capo politico, è stato infatti per sei ore circa – e a dispetto delle cronache – il vero presidente dell’assemblea d’istituto nel conclave cinque stelle. I camerieri portavano il pecorino con il miele, e c’era lui che parlava. Uscivano per andare a prendere l’insalata di lenticchie, e ancora parlava. Arrivavano con le orecchiette, e Di Maio sempre con il microfono in mano. E Crimi? “Lui ha pagato il conto”. Insomma Di Maio parlava e Crimi pagava. Che, bisogna dirlo, in generale corrisponde a una buona approssimazione delle  dinamiche interne del M5s. Pare infatti che dopo una prima mezz’ora di sguardi imbarazzati tra ministri e sottosegretari – della serie: ma esattamente che ci stiamo a fare qua? – insomma dopo l’introduzione di Crimi,  Luigi abbia preso in mano la situazione. Attraverso il microfono mai più mollato. 
Questo malgrado le conversazioni per così dire “serie” siano durate in realtà solo fino alle 21. Perché poi le cravatte si sono slacciate, pure qualche cintura si è allentata. E  nell’abbondanza di amari e vinelli, quando alle 22 è arrivata il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, il clima s’era fatto allegrotto. Tanto che dal tavolo ministeriale è a quel punto partito un urlo  insensato, eppure rivelatore di un certo umore, diciamo, inebriato: “Ecco l’AzzoLAINA!”.

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Intanto fuori un bel po’ di auto di scorta con autisti, carabinieri, poliziotti e finanzieri attendevano la fine della lunga cena. Quando la signora Francesca, che tutto dirige al Cobragor, si avvicina a un collaboratore di Crimi suggerendo di farli entrare e magari di farli anche mangiare, quello si consulta con i capi e poi le dice di no.   Tirchieria? “Hanno lasciato cinquanta euro di mancia”. In trenta. E ho detto tutto.

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