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"Il Pd non può schiacciarsi sul Mes". Parla Claudio Mancini, l'amico di Gualtieri (e di Zingaretti)

Carmelo Caruso

"Il Mes non può essere ulteriore debito. Non si minaccia la crisi come ha fatto Bonaccini. Fra Gualtieri e Zingaretti nessuna contraddizione". Intervista al deputato Pd, ponte fra ministro e segretario

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A Roma, dicono che lei, Claudio Mancini, sia il vero vice di Roberto Gualtieri, il grande amico del ministro, il deputato del Pd che conosce in anticipo la linea economica. Ce la rivela? “Non ho compiti operativi al ministero”. Dunque è giusto presentarla come suo caro amico? “La verità è che con Gualtieri c’è una lunga consuetudine, un comune percorso politico. Questo si può sicuramente dire”. Si dice che il ministro dell’Economia avrebbe frenato sul Mes che è una necessità per Nicola Zingaretti, il presidente della regione Lazio che dopo le elezioni regionali ha annunciato: “Noi come regione abbiamo pronti i piani per il Mes”. Nel Pd sta accadendo qualcosa? Lo chiediamo a Mancini. “I 36 miliardi del Mes ci servono ma solamente se non costituiscono ulteriore debito pubblico, se sono una scelta di liquidità. Significa che quelle risorse ci vengono in aiuto ma per coprire spese già autorizzate. Io sul Mes non enfatizzerei come ha fatto Stefano Bonaccini”. Insomma, sul Mes non cade il governo? “Penso che sia sbagliato minacciare la caduta di governo”.

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A Roma, dicono che lei, Claudio Mancini, sia il vero vice di Roberto Gualtieri, il grande amico del ministro, il deputato del Pd che conosce in anticipo la linea economica. Ce la rivela? “Non ho compiti operativi al ministero”. Dunque è giusto presentarla come suo caro amico? “La verità è che con Gualtieri c’è una lunga consuetudine, un comune percorso politico. Questo si può sicuramente dire”. Si dice che il ministro dell’Economia avrebbe frenato sul Mes che è una necessità per Nicola Zingaretti, il presidente della regione Lazio che dopo le elezioni regionali ha annunciato: “Noi come regione abbiamo pronti i piani per il Mes”. Nel Pd sta accadendo qualcosa? Lo chiediamo a Mancini. “I 36 miliardi del Mes ci servono ma solamente se non costituiscono ulteriore debito pubblico, se sono una scelta di liquidità. Significa che quelle risorse ci vengono in aiuto ma per coprire spese già autorizzate. Io sul Mes non enfatizzerei come ha fatto Stefano Bonaccini”. Insomma, sul Mes non cade il governo? “Penso che sia sbagliato minacciare la caduta di governo”.

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Proviamo a raccontare noi quello che Mancini non racconta di sé. E’ stato consigliere della regione Lazio, assessore dello Sviluppo economico quando Zingaretti non era ancora governatore, è membro della commissione Finanze alla Camera. E’ cresciuto insieme a Gualtieri, al suo capo di gabinetto, Ignazio Vacca, e non significa che Mancini sia l’ombra del ministro, ma significa che con Gualtieri parla la lingua speciale degli occhi e che “lunga consuetudine” è solo un modo per (non) dire che tra di loro esiste una bella alleanza che è anche un’alleanza di ricordi. “Ripeto. C’è un comune percorso politico”. Il percorso di Gualtieri e Zingaretti è così certo che sia ancora comune? Risponde: “Zingaretti ha sempre ripetuto che il Mes va utilizzato per quello che ci occorre. Non intende nuovo debito da scaricare sulle nuove generazioni. Non c’è contraddizione tra di loro”.

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E Mancini, che è tanto vicino a uno quanto è vicinissimo all’altro, aggiunge che sul Mes si deve fare chiarezza altrimenti qui passa l’idea della bellezza della vita a debito. “Non può essere così. I 36 miliardi non sono risorse aggiuntive, ma una sorta di finanziamento a tasso zero rispetto ai tassi che paghiamo. Ci servono per le spese di cassa, per anticipare i programmi sanitari”. E cerca in ogni modo di ripetere che la parola “debito” è il guasto da evitare, la tara che ci fa pesanti, l’eredità che ipoteca l’avvenire. Non è che oltre a essere amico di Gualtieri, Mancini è anche un rigorista? “Non sono un rigorista. Tutto il contrario. Dico semplicemente che il messaggio che deve passare è che il debito pubblico è una scelta, ma non un nuova linea di politica economica. Finita l’emergenza dovrà finire il ricorso all’indebitamento nazionale”.

 

Bonaccini, sul Mes, ha minacciato la crisi di governo. Ha fatto bene a farsi sentire? “Così facendo si finisce per schiacciare il Pd, per farlo passare come il partito del rigore. Il Pd è un partito europeista di massa che sa parlare alle élite come al popolo. Non si può lasciare il popolo ai populisti”. E’ evidente che non volete forzare e mettere in difficoltà il M5s. “Sui decreti sicurezza si deve accelerare”. E ci sarebbe ancora il rimpasto che il Pd potrebbe chiedere ma che per Mancini non chiederà perché “il governo non è come una giunta. Non mi sembra che ci sia una crisi politica all’orizzonte”. Sembra che stia cercando di dire che si possono sostituire i ministri senza dirlo. “I singoli partiti della coalizione possono, se lo ritengono utile, chiedere un avvicendamento”. E non è forse questo il famoso rimpasto? “E’ un avvicendamento e il Pd non chiederà di avvicendare ministri”.

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Mancini è romano. Chi candiderà il Pd a Roma? “Un profilo altissimo in grado di sconfiggere le destre, soprattutto quella di FdI. Serve un sindaco che possa rilanciare la Capitale in vista del Giubileo del 2025”. Massimo D’Alema? “Doveva ascoltarci quando glielo abbiamo chiesto. Dieci anni fa”. David Sassoli? “Non si può escludere a priori un esponente della società civile”. Mai con Virginia Raggi? “Ci ha equiparato alla destra. Nessuno si può permettere di dire questo del Pd”.

 

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