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Un vaffa day contro il popolo anticasta. Politica e tv dicono che è possibile

Claudio Cerasa

I risultati delle regionali della scorsa settimana, un anno di governo rossogiallo e pure un talk-show satirico dimostrano che l’Italia non è il laboratorio del populismo mondiale prefigurato da alcuni osservatori, ma anzi: il populismo è diventato infetto

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E se per capire la fase politica che sta vivendo l’Italia fosse sufficiente parlare di un magnifico show portato sugli schermi da un comico che ha scelto di mettere a nudo le cialtronate del populismo televisivo? Facciamo un passo indietro, riavvolgiamo il nastro e proviamo ad arrivare a un piccolo capolavoro della tv partendo prima da un altro show, anche questo niente male, che ci ha offerto la politica nell’ultima settimana. E per riavvolgere il nastro bisogna prenderla un po’ alla lontana e tornare, per un istante, a una data chiave nella storia recente della nostra politica: 5 marzo 2018. Ricordate? Il 5 marzo del 2018 è il giorno successivo alla vittoria dei populisti alle elezioni e in quelle ore diversi osservatori decisero di offrire ai propri lettori una chiave di lettura politica che riletta oggi fa quanto meno sorridere.

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E se per capire la fase politica che sta vivendo l’Italia fosse sufficiente parlare di un magnifico show portato sugli schermi da un comico che ha scelto di mettere a nudo le cialtronate del populismo televisivo? Facciamo un passo indietro, riavvolgiamo il nastro e proviamo ad arrivare a un piccolo capolavoro della tv partendo prima da un altro show, anche questo niente male, che ci ha offerto la politica nell’ultima settimana. E per riavvolgere il nastro bisogna prenderla un po’ alla lontana e tornare, per un istante, a una data chiave nella storia recente della nostra politica: 5 marzo 2018. Ricordate? Il 5 marzo del 2018 è il giorno successivo alla vittoria dei populisti alle elezioni e in quelle ore diversi osservatori decisero di offrire ai propri lettori una chiave di lettura politica che riletta oggi fa quanto meno sorridere.

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La chiave di lettura era grosso modo questa: il 4 marzo del 2018 ha cambiato la storia del paese e l’Italia, dobbiamo prenderne atto, sarà inevitabilmente destinata a essere dominata da una lunga stagione populista. Due anni e mezzo dopo, il paese che si sarebbe dovuto trasformare nel nuovo laboratorio del populismo mondiale si presenta con un aspetto totalmente diverso e per una serie di ragioni, che sarà utile mettere in fila, più che essere percepita come il laboratorio del populismo l’Italia rischia (si fa per dire rischia) di essere incredibilmente percepita come un laboratorio del tutto diverso: quello dell’anti populismo.

 
C’è chi finge di non vedere questi fatti provando a descrivere l’Italia di oggi per quello che non è – un inferno dominato dai populisti. E c’è chi invece prova a osservare il mondo per quello che è, mettendo in fila alcuni fatti interessanti che anche i professionisti dell’anti populismo farebbero bene a mettere a fuoco. Il primo dato – siamo ancora alla politica, ma tra poco torniamo alla tv – riguarda un elemento interessante legato al risultato elettorale della scorsa settimana. E per quanto i profili dei governatori eletti siano tutti l’uno diverso dall’altro c’è un filo conduttore che li accomuna quasi tutti e che coincide con una parola difficilmente compatibile con una stagione populista: la continuità. Giovanni Toti in Liguria, Luca Zaia in Veneto, Vincenzo De Luca in Campania, Michele Emiliano in Puglia sono molto diversi l’uno dall’altro ma sono governatori che hanno come caratteristica comune quella di essere stati rieletti per la seconda volta (Zaia per la terza).

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In una stagione dominata dall’antipolitica cieca, chiunque governi è considerato come un totem da abbattere (casta uguale governo) e la presenza di un numero significativo di governatori rieletti è un segno non empirico ma tangibile di un approccio diverso: chi governa non ha sempre torto. Si dirà che molti dei governatori rieletti presentano una carica populista non indifferente e in questa affermazione c’è una parte di verità. Se non fosse che, come ha splendidamente raccontato sabato scorso su queste pagine Andrea Minuz, la formidabile scrematura delle minchiate imposta dalla stagione pandemica ha portato persino i governatori più populisti a presentarsi sulla scena post-elettorale con un profilo istituzionale distante dalla vecchia grammatica dell’antipolitica. Vale quando si pensa a ciò che è accaduto alle regionali – dove, come abbiamo raccontato, i due partiti populisti che avevano trionfato due anni e mezzo fa hanno continuato a registrare molti problemi, perdendo terreno e persino centralità – ma vale anche quando si pensa a ciò che ha prodotto, per esempio, un governo come quello rossogiallo.

 

I populisti al governo ci sono, eccome se ci sono, e quando toccano palla producono danni, e che danni. Ma la verità è che, al contrario di ciò che continuano a sostenere coloro che tredici mesi fa con lungimiranza consigliarono al Pd di non farsi fregare e di andare a votare, la nascita di questo governo ha contribuito a mettere il populismo in difficoltà. E a un anno e poco più dalla nascita del Conte Bis, ci sono diversi dati che fotografano l’eccezionalismo italiano e che hanno a che fare con quella che è stata la vera rivoluzione politica innescata dalla fine del governo gialloverde: riavvicinare l’Italia all’Europa. E aver avvicinato l’Italia all’Europa ha avuto l’effetto di mettere a nudo l’incompatibilità con la realtà di ogni tipo di populismo.

 

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Pensateci un istante. In un anno, il centrodestra ha scoperto che una coalizione che intende candidarsi alla guida del paese non può permettersi di essere guidata da un leader antieuropeista (nota curiosa: Salvini avrebbe molto piacere ad andare a votare, cosa che invece Meloni e Berlusconi tenteranno in tutti i modi di scongiurare, perché più durerà questa legislatura più saranno le possibilità che il salvinismo venga cotto a fuoco lento).

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E sempre in un anno, la maggioranza di governo a guida grillina si è ritrovata di fronte a una realtà difficile da ignorare ma magnificamente rappresentata da ciò che è capitato durante la campagna elettorale per le regionali: più il grillismo si farà da parte, maggiori saranno le possibilità che la maggioranza di governo possa avere fortuna. Il populismo è diventato infetto, i populisti cercano un modo per togliersi di dosso il marchio di fabbrica del populismo e l’idea che sia finalmente possibile organizzare dei vaffa day contro il popolo anticasta non è un sentimento che vive solo nella testa degli elettori e nella testa dei partiti ma è un sentimento che per la prima volta prende forma anche nella testa di chi pensa alla tv.

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Negli ultimi giorni ha fatto notizia il formidabile vaffa che Bianca Berlinguer ha rivolto in diretta tv a una creatura televisiva che la stessa Berlinguer ha contribuito a valorizzare nel suo programma (Mauro Corona, che Dio ce ne scampi) ma non ha fatto invece abbastanza notizia un esperimento formidabile tentato dalla Rai sulla sua piattaforma di RaiPlay, dove ha offerto a un comico molto amato da questo giornale, Edoardo Ferrario, la possibilità di portare in tv un talk-show satirico dedicato alla distruzione sistematica dei talk-show reali. Il programma si chiama “Paese reale” ed Edoardo Ferrario – che insieme con il nostro Saverio Raimondo è uno dei campioni della stand up comedy italiana – veste contemporaneamente i panni del conduttore tv e quelli dei suoi ospiti. E sia quando recita la parte del conduttore (il comico si ispira chiaramente a un famoso conduttore di un talk serale su La7 e a un famoso conduttore di un talk serale su Rete 4) sia quando recita la parte dei suoi ospiti (imprenditori indignati, giovani indignati, politici indignati, anziani indignati) Ferrario fa quello che finora nessuno aveva ancora osato fare in tv: trasformare in una macchietta ogni tic anticasta presente in tv, arrivando a ricordare ai professionisti dell’informazione che il populismo contro il quale si rivoltano oggi non è solo un prodotto della politica ma è anche un prodotto della tv. E sia che si guardi alla politica sia che si guardi alla tv, l’idea che sia finalmente possibile organizzare dei vaffa day contro il popolo anticasta non è una notizia così male, no?

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