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L'anniversario

Tre anni fa l'incoronazione di Di Maio: il capo è ancora lui, ma il M5s non c'è più

Nel settembre del 2017, a Rimini, il primo "non congresso" del Movimento. Con il passaggio di testimone da Grillo al giovane Luigi. L'inizio della fine: ora siamo al tutti contro tutti

Simone Canettieri

Conte non esisteva, Casalino sbrigava tutte le pratiche, Casaleggio era il re di Rousseau, Fico rinunciava alla sfida. E mancava Dibba, ieri come oggi. Passeggiata nell'album di famiglia dei grillini, diventati parenti serpenti

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Anche allora, mancava lui: Alessandro Di Battista. Anche allora aspettava un figlio, il primo, e così disertò la convention di Rimini di Italia a 5 Stelle, il primo "non congresso", quello della svolta, quell'incoronazione di Luigi Di Maio a capo politico al posto di Beppe Grillo.  Sono passati tre anni e un giorno da quel passaggio storico e tormentato, come tutto il romanzo pentastellato, d'altronde. 

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Anche allora, mancava lui: Alessandro Di Battista. Anche allora aspettava un figlio, il primo, e così disertò la convention di Rimini di Italia a 5 Stelle, il primo "non congresso", quello della svolta, quell'incoronazione di Luigi Di Maio a capo politico al posto di Beppe Grillo.  Sono passati tre anni e un giorno da quel passaggio storico e tormentato, come tutto il romanzo pentastellato, d'altronde. 

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Un altro mondo, certo. Che non esiste più. In compenso Di Maio è rimasto il capo, ma il M5S è imploso. Nel settembre del 2017 Rousseau era Rousseau. E il giovane vicepresidente della Camera ottenne 30.936 preferenze. Al secondo posto nelle primarie online si piazzò la senatrice Elena Fattori con 3.596 voti (che poi sarà espulsa dal Movimento). Era un altro M5s. Innanzitutto in regia c'era Rocco Casalino. L'attuale portavoce del premier Giuseppe Conte gestì le tensioni e le liti interne, andò in panico per l'assenza di Dibba, mediò con Roberto Fico, all'epoca presidente della commissione di Vigilanza Rai, contrariato per i pieni poteri che avrebbe preso Di Maio, ma non abbastanza combattivo per contrastarlo pubblicamente. E così passò la tre giorni riminese in silenzio, costringendo i cronisti a interpretare i suoi labiali.  Era tutto bello, era tutto finto. Davide Casaleggio, l'ascetico rampollo, aveva le chiavi in mano del giocattolo. E anche il notaio, il mitico Valerio Tacchini, ebbe il suo momento di gloria, salendo sul palco per annunciare il nuovo e giovane reuccio: Luigi da Pomigliano.  E Grillo? Il comico si innalzò a ruolo di Garante, si scrisse di passi di lato, di stanchezza, di voglia di mandare avanti gli altri, non fosse soltanto per non avere più beghe giudiziarie. "Ma non vi lascerò mai". Tutto bello, tutto così finto: come la foto di gruppo che adesso non esiste più. Giulia Grilla, Barbara Lezzi, Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede: tra poco mesi ci sarebbero state le elezioni politiche e questi ragazzi che, tanto avevano urlato e strepitavano in parlamento, sarebbero diventati ministri. Salvo, poi, disgiungersi, litigare, azzannarsi, rilasciare interviste gli uni contro gli altri. Tra Conte I e Conte II. Ecco, nemmeno Conte esisteva, all'epoca. Sono passati tre anni: Di Maio è ancora capo, ma il M5S appunto non c'è più. Puff. 

 

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