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nemo propheta in patria

Chi lo conosce lo evita. Il flop di Di Maio nella sua Pomigliano

Non è bastato trasformare il liceo Imbriani nella nuova Ena per boiardi di stato: così la città di Giggino si rivolta contro al suo figlio più illustre

Valerio Valentini

Il ministro degli Esteri esulta per il ballottaggio raggiunto nella sua città: ma l'analisi dei voti degli ultimi cinque anni fotografa una progressiva perdita di consenso del M5s. Giggino ha piazzato amici e compagni di scuola ovunque, e non gli è bastato per ingraziarsi i suoi compaesani

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Che ingrati. Lui gli ha piazzato mezzo paese nei ministeri e nelle grandi aziende di stato, s'è ricordato degli amici, ha trasformato quella cittadina semisconosciuta nel più grande laboratorio di (aspiranti) boiardi di stato, roba che manco l'Ena, la Scuola nazionale di amministrazione in Francia, e quelli niente, nemmeno un grazie. Ora che bisogna dimostrare un minimo di riconoscenza, Pomigliano d'Arco si rivolta contro il suo cittadino più illustre, quel Luigi Di Maio che proprio a casa sua ha voluto sperimentare l'alleanza giallorossa per le amministrative: col Pd, col partito di Bibbiano, proprio tra le strade che lo hanno visto bambino. E certo, lui ora rivendica il risultato ottenuto: "Siamo al ballottaggio, ce la giochiamo al secondo turno", esulta il ministro degli Esteri. Ma un'analisi appena più attenta dei risultati elettorali di Pomigliano negli ultimi cinque anni fotografa in verità una progressiva, seppur non lineare, emorragia di consensi per il M5s.

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Che ingrati. Lui gli ha piazzato mezzo paese nei ministeri e nelle grandi aziende di stato, s'è ricordato degli amici, ha trasformato quella cittadina semisconosciuta nel più grande laboratorio di (aspiranti) boiardi di stato, roba che manco l'Ena, la Scuola nazionale di amministrazione in Francia, e quelli niente, nemmeno un grazie. Ora che bisogna dimostrare un minimo di riconoscenza, Pomigliano d'Arco si rivolta contro il suo cittadino più illustre, quel Luigi Di Maio che proprio a casa sua ha voluto sperimentare l'alleanza giallorossa per le amministrative: col Pd, col partito di Bibbiano, proprio tra le strade che lo hanno visto bambino. E certo, lui ora rivendica il risultato ottenuto: "Siamo al ballottaggio, ce la giochiamo al secondo turno", esulta il ministro degli Esteri. Ma un'analisi appena più attenta dei risultati elettorali di Pomigliano negli ultimi cinque anni fotografa in verità una progressiva, seppur non lineare, emorragia di consensi per il M5s.

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Perché stavolta, pur riuscendo ada andare al ballottaggio col civico Gianluca Del Mastro – accettato mal volentieri da Di Maio, che sperava di candidate il suo amico fraterno Dario De Falco – il M5s, in coalizione con altre otto liste, ha ottenuto il peggior risultato della storia recente, nonostante lo stesso Di Maio si sia speso non poco in campagna elettorale nella sua città: 2.400 voti appena (il 10,2 per cento), terza lista in assoluto, e cioè quasi la metà di quelli che alle comunali del 2015 raccolse lo stesso De Falco, che con le sue 4.200 preferenze fece registrare il 17,7 per cento, arrivando a poche centinaia di voti dal ballottaggio. Un vento favorevole, evidentemente, che del resto s'era manifestato già l'anno precedente, alle europee del 2014: quelle del "vinciamo poi", che per il M5s furono un mezzo bagno di sangue in tutta Italia, e dove però Pomigliano tenne, con un dignitoso 28,2 per cento e 4.700 voti

 

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Certo, nulla a che vedere con l'apoteosi di Di Maio, che sarebbe arrivata nel marzo del 2018, con le politiche: con l'allora capo grillino candidato nell'uninominale di Acerra che annichilisce i suoi rivali, e che nel comune della sua Pomigliano prende 14.300 voti: il 65 per cento, quasi in zona Luca Zaia. E, sull'onda del delirio di onnipotenza di vicepremier prima, e titolare della Farnesina poi, avvia un'opera di distribuzioni di incarichi e prebende ai suoi compagni di scuola, la gloriosa nidiata del lice Imbriani, con una capacità di trovare impieghi di prestigio che nemmeno il miglior navigator nei sogni più belli di Mimmo Parisi. Carmine America nel cda di Leonardo, Assia Montanino negli uffici di segreteria del Mise, Pasquale De Falco nel collegio sindacale di Fincantieri, Dario De Falco, il più fedele tra i fedelissimi, promosso addirittura a Palazzo Chigi come capo di segreteria del fu vicepremier e ora consigliere del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Oltre, ovviamente, a Valeria Ciarambino, pure lei amica d'infanzia e compagna di scuola, pure lei ignegno sfornato dal benemerito Imbriani, e dunque scelta per investitura diretta come candidata presidente in Campania per il M5s, per due volte di fila. E qui, appunto, si arriva alla certificazione del declino.

 

Perché, più ancora che le comunali, il fiasco del M5s a Pomigliano è testimoniato dalle regionali. Un confronto, quello tra il 2015 e l'oggi, eloquente e impietoso. Cinque anni fa, infatti, la Ciarambino risultò la più votata di tutti nel suo comune. Prese 7.600 voti, raggiungendo il 33 per cento dei consensi e staccando di un punto l'odato Vincenzo De Luca. Domenica e lunedì scorsi, al contrario, il presidente uscente ha ottenuto un plebiscito a casa di Di Maio, col 64 per cento. E la Ciarambino s'è dovuta accontentare di un ben più misero 21 per cento, con 4.900 voti. Dodici punti e 2.700 preferenze in cinque anni. Il peso dell'ingratitudine. 

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